No, non mi riferisco al grande operista tedesco e al suo capolavoro giovanile. Non parlo del Vascello fantasma, noto anche col titolo de L’olandese volante. Parlo ovviamente della brigata Wagner e dei suoi viaggi in mare organizzati in imbarcazioni piene di migranti. Se il ministro della Difesa Crosetto spalleggiato da quello agli Esteri Tajani hanno accusato i wagneriani (ci scusiamo ancora coi cultori del prestigioso musicista) qualche riscontro l’avranno. E poco importa che siano giunte smentite dal Cremlino e offese al governo italiano da parte del capo del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin. Ingiurie che tutto il Parlamento compatto dovrebbe respingere unitariamente. Se i servizi segreti italiani hanno avuto queste informazioni é lecito pensare che non siano campate in aria. Ma cos’é mai questa brigata o divisione Wagner e per quale motivo essa dispone delle coste libiche e quali sarebbero i suoi propositi sono argomenti tutti da scandagliare. Il tema della migrazione travalica certamente i propositi, ancorché credibili, di questi criminali d’impronta nazista al soldo della Russia. Se i numeri degli sbarchi sono in continuo aumento e se ci attende, secondo la Meloni, una vera invasione (si parla poi di 200mila persone che suddivise tra gli stati Ue non fanno paura a nessuno) occorrerebbe da un lato che finalmente la Ue battesse un colpo sulla questione delle quote, alle quali si oppongono proprio le nazioni di Visegrad, alleate della Meloni, e che dall’altro il governo fosse informato sulla natura dell’immigrazione (sono profughi e vanno accolti o possono essere, come si paventa, anche malavitosi al soldo della Wagner per condurre quella sorta di guerra ibrida della quale si parla?). In questo pezzo d’immigrazione che parte dalla Libia ci sarebbe la mano di un’organizzazione criminale? La notizia proviene direttamente dal governo riconosciuto di Tripoli o da qualche spezzone separato in casa che magari le notizie le vende? Su tutto occorrerebbe la massima efficacia della nostra intelligence. Non possiamo, e l’Italia, per la sua posizione geografica, é il paese più esposto, continuare a ignorare quasi tutto legiferando pene più severe per gli scafisti che non credo smetteranno il loro mestiere per paura. Non sappiamo se chi viene in Italia ha diritto d’asilo (l’Italia copre solo il 5% delle domande complessive di richiedenti asilo, il dato é dell’aprile del 2021, contro il 23% della Germania, il 19 della Francia, il 18 della Spagna, il 12 della Grecia), se sono ricongiungimenti, se l’Italia é solo, come poi risulta, un paese di accesso, se chi viene é utile per lavorare. Su quest’ultimo punto non si può che storcere il naso su quanto é avvenuto fin d’ora. E cioè che per assumere un extracomunitario si sia costretti ad assumere un irregolare che poi deve tornare nel suo paese per un regolare certificato e poi in Italia per il permesso di soggiorno. Follia. Concludo con questa tesi: congiura o meno, e se c’é anche una congiura é peggio, l’Italia deve approntare, magari di concerto con l’Europa, una strategia efficace sul tema migratorio. I morti non possono essere una variabile dipendente della crescita dei migranti e il governo ha il dovere, come é avvenuto nel caso Wagner, di sapere da dove provengono e dove vanno coloro che vengono in Italia. Ci sono diversi modi per saperlo. I servizi servono per questo. E non solo per scoprire il ruolo della Wagner e dei suoi vascelli fantasma.
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Wagner e il Vascello fantasma

Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
2 commenti
Riguardo al problema immigrazione, grande e delicato, e che viene definito anche come ciclopico, biblico, epocale, inarrestabile, c’è una generale consapevolezza che il Belpaese non può farcela da solo, e che deve mobilitarsi giocoforza anche l’Europa, non fosse altro che per battere “un colpo sulla questione quote”, come scrive il Direttore.
L’impressione è però quella che l’Europa stenti molto a muoversi, e c’è chi ascrive tale apparente “inerzia” alla opposizione esercitata in proposito dalle “nazioni di Visegrad, alleate della Meloni”, il che non dovrebbe succedere se l’Europa forse un’entità forte, tale cioè da saper convincere i propri membri che sono recalcitranti in merito.
La sensazione, invece, è che l’Europa fa quello che può, il che è senz’altro comprensibile viste le difficoltà che può incontrare nei suoi rapporti interni, mentre una analoga comprensione non è invece concessa al Governo Meloni, posto che in attesa che l’Europa si mobiliti questo Esecutivo dovrà pur far qualcosa per gestire il fenomeno in atto.
Oltre alla accese critiche, l’unica “ricetta” che sento propugnare dagli avversari del Governo in carica, è quella secondo cui il Belpaese dovrebbe offrire una accoglienza generalizzata, senza se e senza ma, accompagnata da politiche di integrazione, il che mi sembrerebbe francamente un po’ poco di fronte alla dimensione del problema.
Paolo Bolognesi 15.03.2023
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