Di Michele Chiodarelli
E’ arrivata la “Valanga Rosa”. 7 gennaio 1974 Berchtesgaden, Germania Ovest, slalom gigante maschile valevole per la coppa del mondo di sci alpino: per la prima volta nella storia di questo sport, in classifica si piazzano ai primi cinque posti atleti tutti della stessa nazionalità. Sono nell’ordine gli italiani Piero Gros, Gustav Thoni, Erwin Stricker, Helmuth Scamalzl, Tino Pietrogiovanna.
Nasce, così, la “valanga azzurra” (copyright del giornalista Massimo Di Marco della Gazzetta dello sport); tra l’altro quel successo non rappresenterà certo un caso isolato ma sarà la massima espressione di un dominio della nostra squadra, guidata dal direttore tecnico Mario Cotelli e dall’allenatore Oreste Peccedi, che dal 1970 al 1979 conquisterà tre titoli olimpici (due con Thoni e uno con Gros), quattro mondiali con Thoni, cinque coppe del mondo generali consecutive (1971/72/73/75 con Thoni e 1974 con Gros), varie coppe di specialità e 166 podi complessivi con 48 vittorie.
Oggi, da più di un lustro con gli uomini in difficoltà sono le donne a essere le vere protagoniste tanto da meritarsi l’appellativo di “valanga rosa”, e i recenti mondiali disputatisi sulle nevi francesi di Meribel non hanno che confermato questo trend con le strepitose medaglie d’oro conquistate da Federica Brignone nella combinata e da Marta Bassino nel supergigante. La Brignone, classe ’90 valdostana, figlia di Ninna Quario ottima slalomista della prima metà degli anni ottanta, si è imposta, prima italiana di sempre, in combinata (gara in cui si sommano i tempi ottenuti in una manche di supergigante e in una di slalom speciale).
Dopo un Super G da sballo concluso nettamente in testa, Federica nonostante un errore, anche in slalom otteneva una prestazione cronometrica di rilievo che poteva essere superata esclusivamente dalla campionessa in carica e super favorita Mikaela Shiffrin, che però sbagliava clamorosamente a due porte dalla fine cadendo in modo rovinoso. Trionfo, quindi, di Federica a coronamento di una carriera già ricca di podi iridati e olimpici, di molti successi e soprattutto della coppa del mondo generale conquistata nel 2020. La Schiffrin si prenderà, poi, la rivincita in Gigante vincendo proprio sulla Brignone con un vantaggio finale di poco più di un decimo.
Pochi giorni e sarà Marta Bassino a “imitare” la compagna di squadra, conquistando il Super G con una prova memorabile. Infatti, dopo un primo settore decisamente in sordina (dove segna addirittura il 31° tempo su 37 partecipanti), Marta inizia a disegnare le sue magiche linee, vera poesia in movimento nel cuore della “Roc de Fer”, un concentrato di pulizia, tempismo e velocità. Ognuna delle rivali si costruisce un vantaggio enorme nei primi tratti della pista, talvolta anche superiore al mezzo secondo, per poi perdere inesorabilmente centesimi e speranze col trascorrere delle curve. Esulta, così, la Bassino, che non si era mai imposta in questa specialità in carriera; per lei è il secondo titolo mondiale dopo l’oro in parallelo a Cortina 2021.
Peccato per Sofia Goggia che, pur in precarie condizioni psico-fisiche, avrebbe, comunque, potuto regalarci un fantastico tris di vittorie se non fosse uscita a poche porte dal traguardo quando era in testa alla discesa libera. La Goggia si è poi rifatta alla grande poche settimane dopo la conclusione dei mondiali conquistando la sua quarta coppa di discesa. E donne sugli scudi non solo nello sci dato che uno storico successo nella staffetta femminile è arrivato ai mondiali di biathlon in programma in Germania contemporaneamente alla rassegna transalpina. Il biathlon il cui nome è composto dal prefisso latino bi- (due) e dal greco ἆθλον athlon (gara) per chi non lo sapesse è una affascinante disciplina dove i partecipanti competono in due specialità, il tiro a segno con la carabina e lo sci di fondo.
Sostanzialmente si tratta di percorrere nel minor tempo possibile un percorso prefissato sugli sci, sostando a un numero variabile di postazioni di tiro, ognuna delle quali con cinque bersagli; ogni errore con la carabina comporta una penalità diversa a seconda della gara. La distanza da percorrere e il numero delle sessioni di tiro mutano in virtù della tipologia delle competizioni, che possono essere tanto individuali quanto a squadre.
Il poligono di tiro è dotato di trenta corsie; gli atleti sparano su cinque bersagli posti a una distanza di 50 m. con un diametro che misura 4,5 cm per la posizione a terra e 11,5 cm quando si spara in piedi con il primo posto all’interno dell’altro. Ebbene a Oberhof le azzurre Samuela Comola, Dorothea Wierer che tra l’altro nelle settimane successive ai mondiali si è aggiudicata due prove di coppa del mondo consecutive, Hannah Auchentaller e Lisa Vittozzi hanno compiuto un’impresa fino ad ora sconosciuta che non sarà possibile dimenticare, vincendo per la prima volta in assoluto l’oro in staffetta, precedendo proprio le fortissime padrone di casa tedesche, a casa loro, per citare Sebastian Vettel.
Un successo, maturato in uno scenario da tregenda con pioggia, vento impetuoso, scarsa visibilità, frutto di una prestazione al poligono straordinaria, con soli due errori su quaranta colpi sparati complessivamente. Bravissima Comola con una prima frazione solida, a dare un bel cambio a Wierer che con l’uso di una sola ricarica si portava al comando. Poi, è, spettato alla più giovane, Auchentaller, gestire il vantaggio, infine la chiusura di classe di Vittozzi che con un doppio zero rapido affossava le ambizioni delle rivali, scrivendo una pagina memorabile dello sport italiano.
E un articolo che celebra i risultati delle donne non può che concludersi con un breve pensiero per Elena Fanchini, la vice campionessa mondiale di Bormio 2005 in discesa libera, scomparsa, per un male incurabile, a soli 37 anni lo scorso 8 febbraio. L’immagine del sorriso di Elena e il ricordo della sua tenacia rimarranno impressi per sempre nella mente di tutti gli sportivi.