Il risultato, quello elettorale, è stato una tranvata sui denti.
Il centrodestra ha fatto cappotto trionfando in Toscana, ad Ancona, città da oltre 30 anni preda della sinistra e anche a Brindisi, lasciando al Pd solo Vicenza.
Alla fine, sommando i risultati del primo turno e del voto siciliano, la maggioranza si fa forte di uno squillante 10 a 4, a parte Terni dove ha vinto un candidato civico, ancorchè di tendenza destrorsa.
Mentre la destra esulta alternandosi tra i toni ormai ampiamente istituzionali della Meloni (che ha da tempo abbandonato quelli barricaderi da pulzella dell’opposizione) e quelli invece come al solito sguaiati di Salvini che ancora non ha capito la differenza tra il Papeete e la tavola rotonda di Palazzo Chigi (quella dove si riunisce il governo per intenderci) a sinistra si leccano le ferite, anzi al Nazareno, perché non mi risulta che oltre al PD ci fossero altre forze di sinistra in campo.
E già perché i risultati rafforzano la linea di azione del governo e bocciano la linea politica dei democratici.
Numeri che, inoltre, rilanciano con forza l’unità del centrodestra a fronte della mesta solitudine del PD e specularmente segnano una brutta battuta d’arresto per la nuova leadership democratica, al battesimo delle urne.
L’esordio elettorale della Schlein è stato un disastro.
“È evidente che da soli non si vince”, ha dichiarato la leader dei Dem, “c’è da ricostruire un campo alternativo, che credibilmente contenda alla destra la vittoria. Ma la responsabilità di costruire questo campo non riguarda solo il Pd.”
Certo che se alla vigilia del voto te ne esci con una dichiarazione con la quale affermi che bisogna alzare le tasse sulla casa e sulle successioni più che altro verrebbe da dire che “con te non si vince” piuttosto che “da soli non si vince”.
Che poi non s’è capito se quel “da soli” è riferito alla assenza di Conte e dei conticini o aĺla mancanza di altre forze di sinistra funzionali a dare la sensazione di una coalizione.
E già perché se si riferiva a questo secondo aspetto bisognerebbe ricordarle che il PD, ormai dai tempi di Veltroni, fa di tutto per distruggere tutto ciò che lo circonda e per restare il partito unico della sinistra.
No, così...ça va sans dire.
Ma poi c’è da valutare il risultato politico.
Anche quello è stato una tranvata. E già perché, se dalle parti di palazzo Chigi si esulta e sparsi per l’Italia ci sono sindaci e tifosi che stappano bottiglie di spumante, la vittoria che celebrano è nei fatti una sconfitta.
Meno di un elettore su due è andato a votare.
C’è stato un ulteriore calo dell’affluenza: il dato è del 49,64%, in calo di quasi 10 punti rispetto al primo turno (58,39%). La tranvata più tranvata di tutte.
In buona sostanza i sindaci che hanno vinto sono rappresentativi, bene che gli va, di un quarto dell’elettorato, figuriamoci i perdenti.
Robe che durante la prima Repubblica erano inimmaginabili tanta era la partecipazione dei cittadini al voto ma anche alla vita politica che destava interesse e ingenerava entusiasmi.
Ma qualche domanda, tutti, da destra a sinistra se la pongono?
Ci sarebbe da girarsi attorno e chiedersi quante risposte non vengono date alle tante domande che il paese avanza sui tavoli della politica.
Ci sarebbe da chiedersi cosa vogliono, di cosa hanno bisogno, quegli italiani che vivono nelle aree interne tra le valli alpine e appenniniche e la basse delle pianure italiche, in piccoli centri ridotti ormai a dei meri dormitori.
Ci sarebbe da chiedersi, da quelle parti, quante scuole dovevano essere mantenute, quanti servizi dovevano essere conservati, quante linee di trasporto non dovevano essere chiuse, quanti ospedali dovevano essere potenziati, quanti tribunali non dovevano essere soppressi.
Ci sarebbe da chiedersi quanti italiani non dovevano essere abbandonati.
Giorgia, Elly ve lo diciamo noi, quasi 48 milioni.
De hoc satis.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.
2 commenti
Grazie. Lodevole come sempre. Tra i pochi a ricordare anche la vita e le problematiche delle aree interne (dove vive la maggior parte delle persone). Complimenti e sempre avanti!
Ad onor del vero, circa l’alzare le tasse sulla casa, anche la componente socialista collocata a sinistra, se non ricordo male, si è ripetutamente espressa a favore della “patrimoniale”, diversamente dagli appartenenti al vecchio PSI che dopo Tangentopoli guardarono invece al Cav. – vedendovi allora ed oggi la casa del liberal riformismo, oltre al garantismo – e il ricordarlo mi sembrerebbe doveroso (a meno di venir smentito).
Quanto al dato di affluenza alle urne, rimasto sotto il 50%, in calo di dieci punti rispetto al primo turno, può avere naturalmente interpretazioni varie, ma potrebbe anche essere letto come la decisione, in capo giustappunto a quel 10% di assenze, di non voler partecipare al secondo turno, ritenendo di aver compiutamente assolto al proprio dovere già col voto del primo turno, il che mi rafforza nell’idea che si dovrebbe andare al turno unico.
In tal modo si valorizzerebbe a mio avviso il voto degli elettori che si recano alle urne già alla prima chiamata, e ancorché la legittimazione degli eletti possa in effetti risultare maggiore con un’alta affluenza alle urne, va preso realisticamente atto del continuo suo calo, il che non può condizionare più di tanto il momento elettorale, e potrebbe dunque passare chi al turno unico guadagnasse la prima posizione (una volta superato il 30%).
Infine, qui si parla giustamente di scuole che andavano mantenute, e altrettanto per linee di trasporto, ospedali, ecc … giusto per andare incontro alle aree decentrate del Belpaese, il che mi porta ad un’amara riflessione se penso che la classe politica sotto la cui direzione c’erano scuole, ospedali, ecc.., è stata poi “ricusata” trent’anni orsono (spero che tra chi partecipò a quella “bocciatura” vi sia stato almeno un qualche ripensamento).
Paolo Bolognesi 30.05.2023