di Alessandro Palumbo
Poco è bastato, la faccia feroce dei magistrati, la solita intervista al PM Gratteri (qualcuno dovrebbe informarci della percentuale di assoluzioni dei suoi indagati e arrestati), la cattura di Messina Denaro che dopo 30 anni, secondo i giornaloni, è dovuta solo alle intercettazioni (ma và? Si sono messi a chiacchierare solo ora!) che è sparita dalla discussione politica la riforma della giustizia, o per essere più chiari è sparita la possibilità di farla davvero, perché rimane nell’empireo delle grandi promesse mai mantenute. Contemporaneamente sono tornate le parole d’ordine della politica che pensa solo a solleticare la pancia delle persone. Pene sicure e dure per i delinquenti!!
Accettiamo questa sfida e cerchiamo di ragionare su questo tema partendo dall’articolo 27 della Costituzione che vieta trattamenti disumani per i detenuti. I nostri Padri Costituenti che venivano dalle carceri fasciste ben sapevano cosa è il carcere e si preoccuparono di definire i limiti della carcerazione.
La affronteremo senza premesse ideologiche, ma con laico pragmatismo.
La prima cosa che dobbiamo ricordare è che quasi la metà dei detenuti è in attesa di giudizio e quindi innocente per definizione ( è stato calcolato che solo i detenuti in attesa di giudizio ci costano 480 milioni annui) per questo motivo l’Italia è già stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
La situazione nelle carceri italiane è totalmente non gestita, pur non essendoci dati certi, il sovraffollamento oscilla tra il 107 e il 120%, la metà delle celle è senza acqua calda e una percentuale elevata non ha servizi igienici, nel 2022 ci sono stati 149 morti di cui 84 suicidi, c’è un operatore ogni 100 detenuti, solo il 7% ha accesso ad una formazione professionale e solo il 30% ad una istruzione. L’assistenza psicologica è pressoché inesistente. Questa situazione oltre a contravvenire al dettato costituzionale crea una situazione rebound sulla società, il tasso di recidiva è del 60%, per intenderci 6 detenuti su 10 fuori dal carcere tornano a delinquere, il 20% ha un tasso di recidiva di 5 o più volte.
Possiamo affermare quindi che chiedere pene senza affrontare il tema più ampio di una riforma della giustizia non ha alcun effetto né sul recupero dei detenuti né soprattutto sulla sicurezza tanto invocata.
Il dubbio che viene è che la carcerazione, cosi come gestita, serve solo a forzare chi è in detenzione preventiva a fornire confessioni di qualunque tipo (un saggista americano scrisse qualche anno fa: l’Italia è un Paese strano, si tengono le persone in carcere senza condanna, poi una volta confessato e condannato si esce dal carcere).
Sicuramente e i numeri lo confermano non serve a creare nuovi cittadini e maggiore sicurezza.
Una politica seria sulla pena non può prescindere da due assunti: la pena non è solo carcerazione, ma anche la messa in prova, i lavori socialmente utili, la carcerazione solo notturna, la carcerazione domiciliare, soprattutto per piccoli reati e anche per i detentori e i piccoli spacciatori di sostanze stupefacenti che rappresentano il 30% dei detenuti, pene che sono enormemente più utili perché assicurano un tasso di recidiva inferiore al 10% , quindi assicurano maggior sicurezza.
Il secondo assunto è che si può avere un carcere diverso che riesce nel recupero dei detenuti.
Questo è il caso del carcere di Bollate, il cosiddetto carcere aperto, dove le condizioni carcerarie e l’assistenza sono di uno standard elevato.
Un team di studiosi ha analizzato, con parametri e assumption scientifici la situazione dei detenuti di Bollate e quelli delle altre carceri per concludere che il tasso di recidiva è meno della metà di un carcere tradizionale (in realtà il tasso di recidiva è ancora più basso, ma la analisi ha preso in considerazione una serie di parametri di sicurezza).
Questa disamina non ha alcun profilo buonista, ma molto pratico.
È evidente che l’approccio alla giustizia con la bava alla bocca e con un giustizialismo forcaiolo serve solo a salire nei sondaggi, ma non serve a creare nuova sicurezza.
È altrettanto evidente che lasciare mano libera alla carcerazione preventiva, alle retate che fanno spettacolo in TV, ma si risolvono con l’80% di assoluzioni forse servono a qualche carriera ma non certo a creare un Paese più sicuro e più libero.
Bisogna insistere su un approccio globale, laico al tema giustizia, che tenga in considerazione insieme la considerazione di un garantismo non solo di facciata e una attenzione concreta alla libertà e alla sicurezza dei cittadini, che come abbiamo visto questo sistema giustizialista e forcaiolo non assicura.
Avremo poi modo di parlare delle intercettazioni e dello stupro della nostra privacy.