Di Francesco Ruvinetti
Caro Direttore
Il movimento socialista italiano sta attraversando la più grave crisi della sua lunga storia. E’ inutile girarci attorno perchè ogni giorno di attesa nel trarre una conclusione definitiva non fa altro che ritardare il lavoro e l’azione per una possibile, ma problematica, rinascita. Il PSI è morto nell’indifferenza della società italiana e del sistema politico. Una morte che deve essere ascritta, certo, ai drammatici fatti del 1992-93, ma che alla fine è arrivata per consunzione ed esaurimento dopo ben 30 anni (un tempo enorme) di divisioni e di conflitti interni.
Ora è necessario un rapido e profondo cambiamento che deve certo riguardare noi, ma che va esteso alla sinistra politica e sindacale che, più di noi, ha smarrito i valori e i principi originari del riformismo e del socialismo come lotta per la liberazione dei popoli oppressi in qualunque parte del mondo essi si trovino. Cosa è infatti questo “pacifismo senza prinicipi” che si è impossessato di parte della sinistra e del sindacato più importante, la CGIL, se non una perdita grave degli ideali del mondo del lavoro?
Come si può abbandonare un popolo come quello ucraino, che combatte una lotta per la sua stessa esistenza, nelle mani di un despota pronto a fare dell’Ucraina un CAMPO di CONCENTRAMENTO a cielo aperto, come fu già nel 1932-33 con lo sterminio per fame e deportazione perpetrato da Stalin? E come si può confondere l’ggredito con l’aggressore? E per questo hanno avuto anche il coraggio di scendere in piazza per chiedere la resa della parte aggredita e, come ha fatto la CGIL il primo maggio, invitato a parlare proprio uno di coloro che ha abbandonato il popolo ucraino al suo destino? Noi che ci ricordiamo l’Ungheria del 1956 e della Cecoslovacchia del 1968, non ce lo saremmo nemmeno sognato. Cosa c’entra questo sindacato con Bruno Buozzi, morto nella resistenza al fascismo, ma anche con Luciano Lama o Agostino Marianetti e Ottaviano del Turco, grandi dirigenti sindacali negli anni settanta e ottanta del novecento?
Il nostro compito oggi, sancita la morte per inedia del vecchio PSI, è quello di ripartite per ricostruire una forza capace di riprendere il legame con la società e fondare una “nuova sinista” coerente con la storia del riformismo e del socialismo liberale, ma depurata dalla degenerazione del comunismo totalitario che, ancora oggi, agisce al suo interno snaturandola. Una sinistra che lotta certo per i più deboli, ma anche per un mondo del lavoro profondamente cambiato, quello che la sinistra americana chiama middle class (classe media).
Per questo è necessario la creazione di una classe dirigente unita nei principi e nei valori e con una linea politica chiara che nel breve termine va indirizzata verso la creazione di una terza forza alternativa ai due poli imperniati su FDI da un lato e su PD e 5 stelle dall’altro. Il campo largo rappresenta la morte della sinistra e il Pd deve essere indotto a rompere ogni legame con una forza reazionaria come i 5 stelle.
Già negli anni ottanta del novecento avevamo iniziato una battaglia contro i due poli di DC e PCI, battaglia che avevamo già vinto, ma che è stata vanificata dall’azione della magistratura che ha portato alla distruzione forzata della prima repubblica. La stessa cosa occorre fare oggi: riunire tutti i riformisti per una alternativa sia a questa destra che a questa sinistra.
Il compito è improbo e difficilissimo, ma richiede di essere tentato. Iniziamo pertanto, fin da ora, a lavorare per trasformare l’associazione socialista e liberale in una forza politica unita e determinata con il compito di rifondare la sinistra sulle orme che furono di Filippo Turati, Carlo Rosselli e Giacomo Matteoti e diamo mandato al nuovo segretario e al gruppo dirigente di prendere contatti per una terza forza che unisca i socialisti, I riformisti e i liberali in un nuovo raggruppamento in vista delle elezioni europee del 2024.