di Alessandro Perelli
Salvini docet? Il leader della Lega e Vicepresidente del Consiglio non ha sicuramente niente a che fare con l ascesa al potere di Kais Saied, Capo dello Stato dell’ormai, di fatto, repubblica presidenziale della Tunisia, ma non si può non pensare ai suoi proclami contro l’immigrazione clandestina valutando le recenti decisioni fatte proprio da Saied. Il Presidente tunisino ha attuato un giro di vite senza precedenti contro l’immigrazione illegale nel suo Paese. In pochi giorni centinaia di migranti sono stati arrestati e Saied ha fatto appello alle forze di sicurezza per espellere i clandestini. Di conseguenza, oltre alle carcerazioni, altre centinaia sono stati sfrattati dai proprietari di case, molti sono stati licenziati dal lavoro e altri sono stati oggetto di aggressioni da parte di gruppi organizzati in vari quartieri di Tunisi. Come non si può pensare al nostro Salvini quando Saied per giustificare i suoi provvedimenti ha affermato che la migrazione sia una cospirazione per cambiare la demografia e la natura della Tunisia rendendola più africana e meno araba. A nulla sono valse poi le sue precisazioni che questa sua crociata contro i clandestini voleva essere una campagna contro il traffico di esseri umani. La “frittata” per così dire era fatta e la gravissima situazione economica, il problema della mancanza di lavoro, l’aumento vertiginoso dei prezzi con la scomparsa di alcuni beni produttivi dai negozi, il malcontento dei cittadini hanno fatto il resto.
La prima a prendere una netta posizione contro le iniziative di Saied è stata l’Unione africana, l’organizzazione internazionale e area di libero scambio comprendente tutti gli Stati del continente, che ha accusato di razzismo il Capo di Stato tunisino anche per il chiaro riferimento al fatto che buona parte dei migranti irregolari sono di provenienza subsahariana e quindi non di origine araba. Ma la ripercussione più negativa è arrivata dalla Banca Mondiale l’istituto al quale la Tunisia si era rivolta per evitare il default. È stata comunicata l’intenzione di interrompere una serie di programmi finanziari per circa due miliardi di dollari, in parte già decisi e in parte ancora soggetti a trattative, proprio per l’incompatibilità delle decisioni di Saied con i valori di inclusione, rispetto e antirazzismo ai quali l’istituto si ispira. Si può ben capire come ciò possa incidere sui destini delle stesso Saied e della Tunisia molto di più di una diatriba o polemica politica. Infatti quasi subito dopo il Ministro per l’Economia Samir Saied ha dovuto, per calmare i mercati finanziari, diramare una nota in cui si precisa che la Banca Mondiale ha solo rinviato lo studio di accordo di partenariato senza cancellarlo. Saied (omonimo del Presidente) ha anche precisato che il suo Paese desidera un dialogo senza influenze esterne lontano dalla campagna mediatica che ha preso di mira la Tunisia negli ultimi tempi. Il Ministro tunisino ha concluso affermando che il suo sia un Paese aperto che criminalizza il razzismo e che sia stato un pioniere nell’abolizione della schiavitù sin dal diciannovesimo secolo. Diamo per buona una interpretazione forzata e forse non corrispondente al reale pensiero di Kais Saied (era accaduto forse lo stesso anche per il nostro Salvini poi eletto a protagonista del Governo Draghi e ora Vicepremier della Meloni), fatto sta ed è che l’immigrazione clandestina se è diventata un problema per la Tunisia, continua ad esserlo per l’Italia e l’Unione Europea. Lunedì 6 marzo il Ministro degli Esteri Nabil Ammar, in una conferenza stampa, ha ricordato il costante collegamento con il nostro Paese per la lotta all’immigrazione irregolare e la ricerca di soluzioni comuni a questo problema e ha espresso il suo stupore per gli attacchi alla Tunisia sulla questione dei migranti irregolari africani. Lo stesso atteggiamento di Tunisi sulla questione, secondo lui, sarebbe tenuto proprio dall’Unione Europea. Vai a dargli torto. Sull’immigrazione clandestina o meno ormai si rimbalzano le accuse da una parte e dall’altra per un problema che non ha ancora trovato una soluzione condivisa, come si vede, non solo da noi o in Europa. Con quelle centinaia di migliaia di disperati, uomini donne e bambini, che cercano una via di fuga con ogni mezzo, a piedi lungo la rotta balcanica o su imbarcazioni fatiscenti dal suolo africano lasciando per strada numerose vittime.
Alessandro Perelli