Resoconto stenografico dell’Assemblea della Camera dei Deputati
Seduta n. 657 del 24/1/2000
Discussione sulle linee generali – A.C. 6389 (Commissione d’inchiesta
sull’illecito finanziamento dei partiti e sul sistema della corruzione)
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, se fossimo stati ascoltati nel novembre
1998, quando l’Assemblea respinse la medesima proposta che facciamo oggi, la
Commissione d’inchiesta sul fenomeno del finanziamento illecito alla politica
avrebbe già portato a termine i propri lavori e presentato la propria relazione alle
Camere e forse la scomparsa dell’onorevole Craxi non peserebbe così
drammaticamente sulla politica italiana e sui nostri lavori. Questo è un motivo in più
per noi deputati socialisti per vigilare perché il testo che oggi arriva in aula – che è un
buon testo, signor Presidente – sia sostanzialmente lo stesso che diventerà legge.
Quando sosteniamo – e lo facciamo da troppo tempo – che l’istituzione di una
Commissione d’inchiesta servirà a ricercare la verità, non pensiamo di certo che le
Camere debbano sostituirsi alla magistratura, aprire nuovi processi o interferire in
quelli in corso. La magistratura si occupa di casi singoli, perché anche nei reati
associativi la responsabilità penale è personale. Le Camere hanno un altro compito,
devono accertare se sia esistito o meno un vero e proprio sistema di finanziamento
illegale ed irregolare della politica e dei partiti. Esse devono inoltre accertare quali ne
siano stati i contorni italiani ed internazionali, quali ne siano state le ramificazioni nel
mondo dell’impresa, della finanza e degli apparati pubblici, quali siano state le
degenerazioni che si sono prodotte e devono verificare se possa essere tracciata una
linea di demarcazione tra chi ha perseguito uno scopo di arricchimento personale e
chi ha avuto invece solo finalità politiche. Se si accerterà che si è trattato di un
sistema, si potrà ridisegnare serenamente, sotto il profilo politico, un quadro di
responsabilità riguardanti classi dirigenti e partiti; si potrà riconsiderare, in primo
luogo, il ruolo della democrazia cristiana e del partito socialista italiano. Solo allora si
potrà porre su solide basi la soluzione politica per chiudere definitivamente il
drammatico capitolo di Tangentopoli.
Non è in causa la restaurazione, né si tratta di fare la guerra ai magistrati e neppure di
dispiegare risentimenti e vendette. La degenerazione provocata dal finanziamento
illegale ed irregolare della politica e dei partiti non è il frutto di un’invenzione e i
magistrati hanno dato l’impressione di parzialità non tanto e non solo per alcune
inchieste svolte, ma soprattutto per talune non svolte.
Adesso la politica deve tornare a fare la sua parte, che non è quella di sostituirsi ai
giudici o di interferire con il loro lavoro, ma di operare una pacificazione e lo si può
fare, in concreto, passo dopo passo, se si cerca di riannodare i fili del dialogo e di
riportare la contesa entro l’alveo delle istituzioni.
È necessaria quindi l’istituzione di una Commissione intesa non come un seminario di
studio, ma come uno strumento parlamentare efficace, dotato di poteri d’inchiesta
sanciti dalla Costituzione e la cui istituzione sia ottenuta non attraverso una risicata
maggioranza, ma con un ampio consenso del Parlamento.
Il costo della politica inteso come atto necessario, che deve essere affrontato dalla
collettività per rafforzare la democrazia rappresentativa: questo tema non può essere
eluso. Il finanziamento illecito dei partiti è stato una forma impropria di soluzione del
problema oppure è servito ad arricchire singole persone? Le imprese hanno promosso
il fenomeno oppure sono state costrette a subirlo? La concorrenza è stata mortificata a
vantaggio delle imprese ammesse al sistema tangentizio o no? Ed ancora: perché la
magistratura ha represso in maniera così dura gli illeciti solo dopo il 1992, mentre gli
episodi delittuosi si consumavano da decenni? E poi in questi ultimi ventisei anni i
bilanci dei partiti sono stati tutti e sempre veritieri? Sono queste le risposte alle quali
non ci si può sottrarre, se si vuole costruire una democrazia più solida, fondata su una
sentita etica pubblica.
L’indagine che il Parlamento dovrà svolgere ha solo una funzione di ricerca della
verità su fatti gravi e sconvolgenti, che sono alla base dei mutamenti intervenuti negli
ultimi anni, ma ha anche lo scopo di indicare quali provvedimenti ed azioni vadano
decisi per impedirne possibilmente la continuazione e la riproposizione.
La regola per cui un’inchiesta parlamentare su episodi, su fasi, su questioni scottanti
della vita nazionale non si può negare se non andando contro lo spirito e la lettera
della Costituzione vigente, è stata bruscamente interrotta proprio nel novembre 1998
e ciò ha impedito finora la nascita di questa Commissione e l’inosservanza di una
regola costituzionale non rappresenta in alcun caso un contributo al consolidamento
della democrazia.
Lo scontro avvenuto sull’inchiesta relativa ai fatti di Tangentopoli non può non tenere
conto della volontà costituzionale, che è netta, inequivocabile, e che vincola tutte le
forze politiche, qualunque sia la loro collocazione.
Signor Presidente, la Costituzione non è un optional. L’istituzione della Commissione
d’inchiesta su Tangentopoli è necessaria, perché così si riuscirà finalmente a fare luce
su un periodo decisamente travagliato della storia repubblicana, che ha visto
l’esplosione di un intero sistema politico e la scomparsa di partiti storici, come il
partito socialista italiano e la democrazia cristiana, che avevano contribuito alla
nascita della Repubblica, al consolidamento della democrazia ed allo sviluppo
economico e sociale del paese.
La nostra proposta si pone un obiettivo semplice, chiaro e tutt’altro che scorretto:
riflettere con serietà sugli anni di Tangentopoli e sulle ragioni che hanno portato
l’intero sistema politico ad esplodere, quando l’opinione pubblica si è ribellata di
fronte ad un modo di finanziare i partiti illegale, illecito, dando il via ad una reazione
che ha prodotto poi la crisi degli anni 1992, 1993 e 1994, fino alla transizione
odierna.
Si tratta di una riflessione seria sulle ragioni di tale crisi, sui motivi per i quali la
politica è andata incontro al collasso e sulle ragioni per le quali soltanto allora
l’autorità giudiziaria e i poteri diffusi del paese hanno preso atto di questa realtà; è il
tentativo di svolgere una riflessione che metta il Parlamento in condizione di
impedire che la realtà che abbiamo conosciuto in quegli anni si riproponga in futuro.
Non vi è alcuna intenzione di cancellare responsabilità, reati, addirittura processi,
attraverso l’istituzione di detta Commissione d’inchiesta. Se vi sono, come vi sono
state, grandi responsabilità, anche individuali, esse rimangono. Non si vuole
condizionare l’attività della magistratura, che sta svolgendo i processi, né è
convincente la motivazione secondo la quale non vi sarebbe la serenità per sviluppare
un giudizio storico-politico: un giudizio di tale natura sugli anni di Tangentopoli è
stato già pronunciato più o meno da tutti.
Signor Presidente, più di un anno fa, alcuni parlamentari socialisti hanno presentato
un’interpellanza per denunciare che nei libri di testo adottati nelle scuole medie
pubbliche è contenuto un giudizio storico-politico a dir poco impressionante e fazioso
sugli anni cosiddetti di Tangentopoli, sui partiti, sugli uomini pubblici di quei partiti,
che hanno fatto nascere la nostra democrazia, sulle istituzioni e sul sistema
democratico; questo è il modo sconcertante in cui educhiamo i nostri studenti nelle
scuole pubbliche, sulla base di un’analisi e di un lavoro svolto dal Governo e dalle sue
commissioni di studio.
Il giudizio storico-politico su quegli anni è stato distribuito, quindi, a piene mani da
tutti ed è inaccettabile l’idea che solo il Parlamento non possa esprimerlo. Inoltre, nei
mesi scorsi abbiamo assistito a dichiarazioni sorprendenti di pubblici ministeri in
servizio, o che hanno lasciato il servizio per approdare anche nelle aule parlamentari,
nelle quali non si parla della classe politica della prima Repubblica, ma si lascia, a
mezza bocca e suggerendo mezze verità, pensare che questi partiti e questa classe
politica siano sottoposti ad una sorta di grande ricatto. D’altronde, il pubblico
ministero Colombo diceva che la Commissione bicamerale era nata a causa di un
grande ricatto, o perché vi era il sospetto di un grande ricatto, che doveva gravare
sulla classe politica: non si può consentire che tali sospetti avvelenino la vita
pubblica, questa legislatura ed i partiti.
Signor Presidente, vi sono tutte le ragioni politiche, quindi, perché il Parlamento
repubblicano faccia nascere una Commissione d’inchiesta su quegli anni e lo faccia
per capire le ragioni per le quali la prima Repubblica, il vecchio sistema dei partiti, si
sia infranto di fronte all’impopolarità e per impedire che ciò accada di nuovo in
futuro.
L’onore alla politica lo può dare soltanto la verità e noi, da uomini liberi, siamo
impegnati solo affinché, finalmente, la verità sia data al popolo italiano.
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