di Lidano Grassucci.
Il talento da noi non è contemplato in nome dell’astuzia. I nostri eroi non sono quelli come Geppetto che fa un bimbo da un pezzo di legno, ma il gatto e la volpe che barano sui denari che ad un bimbo ha dato un cattivo.
Ignorano così sia la bontà sia la cattiveria che hanno, entrambe, bisogno del talento, della partecipazione della vita. Qui conta non la fede nel Signore, ma la vicinanza al curato. Qui non c”è lo Stato ma la famiglia. Non è un caso che nel lessico politico italiano se la sinistra catto-comunista e affine usa il termine “paese”, la destra recupera la parola “nazione”. Entrambi snaturano il significato originale delle parole stesse guardandosi bene da usare la parola Stato.
Lo Stato presuppone regole di funzionamento che escludono l’astuzia, presuppone l’esistenza di un popolo e non della famiglia, della Sovranità che viene invece delegata a soggetti esterni, per tacere del territorio che è sinonimo di confini, di io dentro e gli altri fuori, è sinonimo di chi è arrivato prima e mai di chi può farlo migliore, il territorio è spazio disponibile e non patrimonio da difendere.
Lo Stato ha regole e una sua etica, il senso dello Stato, che non ha la nazione che è fatta di lingua, di letteratura, ma di per se non compressa in confini e priva di regole perché non ne ha necessità essendo sentimento.
Il Paese e la Nazione evitano sempre la Stato: il paese ha bisogno del paesano, dell’amico, del vicino; la nazione del sentirsi, dell’identità, della poesia. Poesia e vicinato sono cose importanti, ma non fanno uno Stato che ha bisogno del cittadino con i suoi doveri ed i suoi diritti.
Si cita lo Stato solo quando è da addebitargli una colpa: delitto di Stato, Strage di Stato, Stato deviato. Addirittura diventa segno negativo nel tempo dell’iperliberismo: università statale diventa meno di quella che ha un nome “Bocconi”, “Luiss”. La sanità statale diventa regionale poi privata salvo poi, con la pandemia, capire il regresso si questi percorsi.
Il concetto di Stato sta nella cultura liberal-socialista che eredita sia il rigore azionista, sia l’esperienza risorgimentale, sia l’uso dello Stato come strumento di riscatto sociale (sanità per tutti, scuola per tutti, partecipazione per tutti) a fronte di una idea che nasce in altre strutture: la famiglia per la destra, l’utopia totalitaria per una parte della sinistra. La prima si traduce nell’uso della parola nazione e nell’altro di paese,
I socialisti non vogliono cambiare le nazioni, che hanno secoli di sedime culturale, ma lo Stato per redistribuire non le virtù ma la ricchezza, non vogliono cambiare il paese con relazioni nuove, ma lo Stato con i migliori talenti.