Non voglio negare la validità dei bonus edilizi che hanno consentito un rilancio di un’attività produttiva fondamentale, ridotta a zero durante la pandemia. E nemmeno disconoscere il contributo efficace che il rilancio dell’edilizia ha dato alla ripresa di tutte le attività connesse e allo sviluppo del Pil. Una sola obiezione. L’economia si può rilanciare coi bonus solo nell’emergenza, altrimenti si crea la bonus dipendenza, col rischio di costruire un’economia falsa e pericolosa. Falsa perché non fondata su motivi reali di sviluppo, su una tendenza che invece finisce per produrre inevitabili contraccolpi. Pericolosa perché pagata a deficit. E se contribuisce ad aumentare il Pil parallelamente crea nuovo debito. Da questa spirale occorre uscire anche perché se i parametri europei ci indicheranno di ridurre il debito di 0,5 e non più dell’1% all’anno, come sottolinea Cottarelli nella sua esauriente intervista di ieri al Corriere, col 3,7 sul Pil previsto dal governo si otterrebbe una netta diminuzione dell’avanzo primario, cioè dell’indebitamento complessivo con l’esclusione degli interessi, e non certo in linea con le supposte previsioni europee. Di tutti i bonus quello che allo stato costa di più (addirittura 105 miliardi di euro secondo la Meloni) é il cosiddetto Superbonus al 110% delle spese. Cioè lo stato per l’efficientamento energetico degli edifici, comprese le nuove facciate, rimborsa il 10% in più delle spese. Lo stesso Draghi, che pure era costretto a subire l’influenza dei Cinque stelle, patrocinatori di tutte le spese e irresponsabilmente indifferenti alle entrate dello stato, lo aveva definito un errore. Cottarelli ha messo il dito sulla piaga sostenendo: “Un bonus al 110% che poteva essere utilizzato con la cessione è una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato. Su mia iniziativa la commissione finanze del Senato ha avviato un’indagine conoscitiva sui crediti di imposta”. L’indagine sarà finita in nulla dopo le dimissioni del noto economista da parlamentare. Certo il superbonus può essere utilizzato anche per le piccole abitazioni in proprietà o per chi possiede un appartamento in un condominio. Dunque non solo dai grandi proprietari di immobili, ma anche da un ceto medio urbano. Ma allora perché non soddisfare solo queste esigenze? Personalmente sostengo che il superbonus che il governo giustamente intende abolire non é solo esoso, ma é anche iniquo, perché anziché rivolgersi a risolvere i problemi di chi sta peggio, tende a risolverli a chi sta meglio. O a chi tutto sommato non può lamentarsi. E’ in sostanza un regalo ai proprietari, la stragrande maggioranza dei quali non avrebbe alcun problema a pagarsi in parte o anche in toto le spese di adeguamento degli edifici. E in più, essendo quelle stesse spese pagate dallo stato a debito, queste vanno a finire sulle spalle di coloro che proprietari di immobili non sono. Un conto é, sempre restando all’edilizia, investire per un piano scuole, del quale c’é bisogno, o nella costruzione o riadattamento di quei piccoli ospedali di zona che sono stati aboliti. E di quest’ultima rete ci sarebbe quanto mai l’esigenza, magari utilizzando anche quei fondi del Mes sanitario che il governo rifiuta. Altro conto é regalare ai proprietari di case somme gigantesche che hanno finito per gravare sulle casse dello stato, obbligandolo a dolorose rinunce. La filosofia della spesa facile con la logica clientelare può suscitare qualche consenso, anche corposo, ma se alla fine si scontra con l’impossibilità di trovare risorse per esigenze primarie diventa irresponsabilità. E si ritorce duramente contro quelli che l’hanno avanzata. Una volta Giuseppe Saragat coniò questo slogan per la socialdemocrazia: “Più case, più scuole e più ospedali”. Mi sembra il contrario di chi pratica invece la logica del “più soldi ai proprietari di immobili”. Sarà questo forse più moderno, ma da socialista non lo giudico più giusto. Anzi…
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
1 commento
Associandomi, o quasi, all’idea del Direttore, io credo che il Superbonus 110% andasse limitato agli edifici condominiali, molti dei quali sono ormai piuttosto datati – pensando all’espansione urbanistica del secondo dopoguerra e al patrimonio edilizio dell’epoca – perché tale misura poteva mettere d’accordo tutti i proprietari degli appartamenti condominiali, dal momento che con la cessione del credito d’imposta non avrebbero dovuto sostenere, in pratica, alcuna spesa (convengo meno per le piccole abitazioni).
Diversamente, all’interno del condominio, potevano esservi proprietari restii, o non in grado, di sobbarcarsi spese, e in tal caso nessun lavoro si sarebbe fatto, senza contare che una parte dei costi a carico delle casse pubbliche poteva essere recuperata dalle sanzioni amministrative comportate dagli eventuali piccoli abusi edilizi, che i proprietari sono tendenzialmente portati a sanare, anche in vista di cedere l’appartamento (giacché in tale ipotesi deve esservi piena corrispondenza del “reale” alle planimetrie catastali).
Convengo di meno, come dicevo, per le case singole, ancorché piccole, i cui proprietari non appartengono sempre alla categoria di “chi sta peggio”, salvo il circoscrivere il Bonus 110%, destinandolo soltanto a chi non raggiunge determinate fasce di reddito, ma mi parrebbe una strada sconsigliabile, perché fa correre il rischio di penalizzare chi segnala tutti i suoi redditi, favorendo per contro chi semmai non fa altrettanto (un rischio che si corre peraltro anche in altri settori, allorché si legano .gli aiuti al rispettivo reddito).
Per detta tipologia abitativa mi sembrerebbe invece preferibile una agevolazione fiscale parziale – ancorché significativa se si vuole perseguire il miglioramento di un patrimonio edilizio ormai vetusto, o con caratteristiche ritenute ormai superate – nel senso che preveda comunque un quota di spesa a carico dell’interessato, atteso che la cessione del credito, o lo sconto in fattura, è un meccanismo che va incontro a chi si trova a non possedere una adeguata capienza fiscale, che cioè consenta la corrispettiva detrazione.
Quanto al “MES sanitario che il governo rifiuta”, è sicuramente importante il “riadattamento di quei piccoli ospedali di zona che sono stati aboliti”, vuoi perché il COVID ne ha dimostrato l’importanza, vuoi per non lasciare sguarnite di presidio sanitario le cosiddette aree interne, oggi in fase di riconsiderazione, almeno a parole, ma poi occorre aver presenti i costi di gestione, e un discorso analogo potrebbe valere anche per il PNRR, nel senso che non basta costruire se, in parallelo, non si pensa a come gestire il “costruito”.
Paolo Bolognesi 02.09.2023