di Andrea Comberlato
16 luglio 1228: la Chiesa canonizza Francesco d’Assisi. Molti storici dell’arte ritengono che lo stesso Giotto ricordi l’evento in un affresco nella Basilica superiore di Assisi. Un’opera datata tra il 1295 e il 1296, nello stesso periodo in cui il maestro Giotto, secondo alcuni storici dell’arte, si accingeva a dipingere anche gli affreschi del ciclo di “Storie di san Francesco” a circa 70 anni dalla morte dello stesso Francesco.
Un momento importante per la Chiesa e, ancor di più, per il movimento che lo stesso Francesco aveva creato e per cui fu ispirazione ben oltre alla sua morte.
Indubbiamente queste opere del maestro Giotto sono capolavori, eppure questo Francesco appiattito su un muro non riesce a convincere. Sia chiaro, è lui, le narrazioni sono esatte, il committente, secondo Vasari il generale dell’ordine francescano Giovanni Minio da Morrovalle, richiede a Giotto, o chi per lui, un ciclo di affreschi che renda onore alla storia di Francesco. Però questo Francesco a due dimensioni pare essere una timida imitazione, e non mi riferisco solamente alla μίμησις (mìmesis) aristotelica, ma pare che la vita stessa del santo sia appiattita.
Questi sono gli effetti della “santificazione”.
Quando qualcosa o qualcuno viene santificato perde il suo slancio vitale; è un modo come un altro per quietare il dissenso. A Francesco è andata bene, tutto sommato, Fra Dolcino da Novara ha visto di ben peggio.
La santificazione cancella la necessità di critica e piega l’uditorio a tacito consenso, levando al santificato la possibilità di parola e smorzando la necessità di un confronto produttivo. Non si discute con i santi, li si osserva nelle loro vetrinette, li si ricorda con le loro migliaia di reliquie, ma non li si critica e non li si fa vivere. Il loro esempio è messo a tacere dentro alle teche e avvolto tra i panni regali.
Tale è al giorno d’oggi l’approccio ai giovani nel PSI.
Si parla di loro, si parla con presunti rappresentanti, si discute delle necessità dei giovani; spesso si trattano da vittime, da martiri di una fede che si fa nazione, una fede che innalza il futuro a Messia e demonizza il presente in virtù di un passato ormai lontano.
Si santificano i giovani.
Chiarisco: non che si presupponga che i giovani siano inevitabilmente buoni e bravi, i punti di vista oppositivi nei confronti dei giovani sono molti e differenziati, anche dentro allo stesso Partito Socialista Italiano. I compagni del Circolo FGS Domenico Piccoli di Vicenza si son sentiti dire da alcuni figuri della Federazione PSI urbano di Vicenza, che sono inutili, che il PSI è sopravvissuto senza di loro e continuerà a farlo e che loro sono i “peggio”. Queste sono indubbiamente capricci di persone che si sentono giovani e non si rendono conto di aver da tempo perso ogni forma di novità acquietandosi e asservendosi ad altri in vista di piccole ricompense per gonfiare il proprio flaccido ego.
No, non parliamo della santificazione in senso stretto, si tratta di una santificazione concettuale:
elevazione a concetto innocuo di un ideale di giovane che sia manovalanza del partito per le vecchie schiene che non possono fare volantinaggio, gazebo o sopportare picchetti.
“I giovani sono il futuro”, “i giovani sono la linfa”, “segretari giovani”, “dirigenti giovani”, “novità e gioventù”. Frasi vuote.
Riempirsi la bocca di giovani per poi fagocitarli in un partito che perde i connotati di Matteotti per assumere quelli di Tarrare, è esattamente santificarli.
I giovani vengono usati “[…] come coreografia o li calpestano quando fanno politica.[1]”
Dovrebbero essere lo slancio rinnovatore, la forza vitale del cambiamento eppure, se non sono asserviti al Segretario Nazionale Enzo Maraio, i giovani non servono, sono nemici, sobillatori, infidi rivoluzionari e pericolosi estremisti. Ne ho sentite di tutti i colori:” Nencini vi comanda a bacchetta!”, “Volete solo distruggerci!”, “Siete accecati dalla vostra arroganza.”
Onestamente non credo che questo partito, alla situazione odierna possa offrire nulla ai giovani; si parla dello stesso partito che quando fa incontri sulla scuola si dimentica di invitare gli studenti, lo stesso partito che non parla mai della tematica dei diritti civili e a giugno inoltrato, tanto per non sembrare un gruppo di bigotti, fa il post a sostegno della comunità LGBTQI+.
Ed ecco che Maraio, Fantò e tanti altri portano avanti un processo di santificazione dei giovani. Non li vogliono criticare, combattere, scontrarcisi o addirittura parlare con loro, NO! Sia mai. Hanno preferito spingere Giuseppe Maria Toscano a Segretario Provinciale della Federazione di PSI Vicenza, spingere me, Comberlato Andrea come Commissario di FGS Veneto, convinti che io e Beppe fossimo i soliti due ragazzetti che hanno molta grinta ma una sorta di reverenza per chi è più anziano. Inutile dire che si sbagliarono e che sia Beppe che io, nei momenti di scontro, abbiamo sempre fatto valere le nostre posizioni: il primo pacatamente, il secondo un po’ meno.
Io vi vengo a parlare di santificazione perché a Vicenza, Beppe e io, l’abbiamo vissuta per due anni: Beppe serviva ai gazebo, per candidarsi a Orgiano, io per fare gli incontri e avere un punto di contatto a Valdagno, ma le nostre idee politiche non servivano. Eravamo santificati: “evviva i nostri giovani!”, “Che forti che sono!”, eppure nulla si muoveva sulle nostre proposte. Una visione straziante.
Un re senza corona che viene lodato per tenerlo assopito.
Noi lo abbiamo vissuto perché all’inizio non avevamo altri punti di riferimento sul locale, eravamo sperduti in balìa di questi burattinai. Inutile dire che non appena ci rendemmo conto della situazione, capimmo che era necessario distaccarsi, prendere una nostra identità, sia come Circolo Domenico Piccoli, sia come FGS Veneto, sia come membri giovani del PSI, uno con carica e l’altro no.
Dalla santificazione si esce solo in un modo: rompendo la teca, bruciando le reliquie, strappando i dipinti, disfacendo gli arazzi, gettando vernice sugli affreschi.
Noi lo stiamo facendo nel nostro piccolo, ma non è abbastanza per de-santificare i giovani.
La reazione di chi è asservito ai santificatori sarà negativa, quella degli alleati dolciniani sarà positiva, non c’è punto d’incontro. Come giovani è il nostro dovere riprenderci lo spazio che ci è dovuto, ristabilire il nostro slancio vitale, ricreare novità, generare un presente che sia veramente vivo. Rifiutate le coreografie, sminuite i complimenti, deridete chi vi compiange, e siate i più eretici tra gli eretici.
Tutto questo è necessario per rendere chiaro che noi non siamo dei martiri immolati al futuro, non siamo dei veggenti ciechi al passato, ma siamo dei riformatori del presente.
Giovani, alzate la testa, è il nostro tempo!
[1] “Da Padova una lezione: i partiti sono morti” di Mattia Carramusa, 01 luglio 2023, su “I pensieri/ sulla politica” su https://alterthink.it/.