Me lo diceva con occhio torvo e con cattiveria: “Ma come tu mangi e non pensi ai bambini che in Africa muoiono di fame?”
Era una delle professoresse che ho avuto al liceo, una di quelle che appartenevano alla sinistra extraparlamentare che a sua volta si divideva nei vari rivoli del pacifismo pseudo gandhiano, nelle cellule rivoluzionarie, nei collettivi, nelle comuni e compagnia cantante, tutta roba vetero, pseduo, ex, para comunista unta però da un unico mantra, l’impegno politico.
Era tutta gente che aveva perennemente le sopracciglia aggrottate in su, al centro e sull’attaccatura del naso, e riteneva che la politica dovesse tenere occupata la mente 24 ore su 24.
E se poco poco ti piaceva giocare a pallone, andare in discoteca, o correre dietro le compagne di scuola eri finito.
Si facevano chiamare “impegnati” e questa parola aveva ribattezzato ogni cosa facesse parte della loro esistenza comune, per cui vedevano solo film “impegnati”, ascoltavano musica “impegnata”, andavano a teatri “impegnati”, organizzavano feste “impegnate”, ti invitavano a cene “impegnate” a scampagnate “impegnate”, e pure le scopate se le facevano “impegnate”.
Vi state meravigliando? Invece sì c’erano anche quelle. Perché tutto quello che era puro e semplice divertimento era bandito dalla coscienza collettiva.
Tutto questo panegirico per introdurre una riflessione.
Giammai per dirvi che alla mia età sono divenuto epigono di quella gente e del loro stile di vita. Anzi, più vado avanti e più sorge prepotente la voglia di fancazzare o se volete cazzeggiare a seconda che stiate al di sotto o al di sopra del Rubicone, ma tra eccessi opposti, quello da eterno impegnato e quello da eterno edonista ci sono di mezzo tremila sfumature.
E allora mi domando e dico, va bene che c’è Sanremo e che ogni puntata ne spunta fuori una peggio dell’altra, è vero che il Milan va male e la Juventus è perennemente sotto inchiesta, è vero che c’era la minaccia delle tempesta di neve, ma è possibile che certi fatti e certe notizie siano state ammantate dalla coltre del silenzio?
Non per fare, appunto, “l’impegnato”, ma c’è quello che è successo in Turchia. Una ecatombe nella quale il numero di vittime sale di giorno in giorno, (al momento in cui sto scrivendo siamo a quota 22.000) e dove, a ogni levata del sole, si registrano casi pietosi talmente emozionanti che a guardar le foto o a leggere di storie non si riesce a trattenere le lacrime.
Persone, bambini, bambini, quanti bambini ritrovati vivi sotto cumuli di macerie dopo giorni, anche cinque, e altri che purtroppo non ce l’hanno fatta e hanno ancora il papà che li tiene per mano.
Uno strazio al quale assistiamo che a quanto pare non scalfisce le emozioni e non suscita nella nostra comunità né solidarietà né dolore. Una tragedia che meriterebbe qualcosa di più di quello che la comunità internazionale sta facendo.
E che meriterebbe di avere di più della nostra attenzione a cominciare da Sanremo, dove si sta parlando di tutto e di più, ma dove, a parte una rapida citazione nella prima puntata, del disastro in Turchia non se n’é più parlato nonostante che, con lo scorrere delle puntate del festival, stia assumendo proporzioni apocalittiche.
Ma non se ne parla neanche sulla agorà di Facebook, quella che vede di volta in volta 50 milioni di italiani discettare e accapigliarsi sull’argomento del giorno, trasformandosi in esperti virologi, ingeneri, astrofisici, costituzionalisti oltre che ovviamente Commissari Tecnici della Nazionale di calcio.
Su tutto un silenzio innaturale, spettrale, preoccupante.
E se il silenzio cade sulle tristi vicende dell’Anatolia, cade anche su alcuni fatti che interessano la politica italiana.
Certo, che dalle nostre parti un po’ di indifferenza se la sarebbero pure meritata, quelli del palazzo, o dei palazzi.
Ma se sulle elezioni regionali di Lazio e Lombardia di domenica prossima e sul rinnovo della segreteria nazionale del PD non c’è nulla da dire e da commentare, qualche domanda bisogna pur farsela.
Domanda che non può essere esaurita dalla banale risposta che racconta dell’allontanamento degli italiani dalla politica per disamore e forse disgusto.
Perché, a parte quelli che ormai sono iscritti al partito del “non voto”, anche tra quelli che invece vivono l’interesse politico quantomeno come un impegno civico regna l’indifferenza e il disinteresse.
Forse è colpa del fatto che siamo nel periodo dei saldi. Nel senso che i due eventi sono scontati?
Lo sono, lo sono. Ma non nel prezzo d’acquisto che pure se ridotto al 10% non se li compra nessuno.
Quel che di scontato hanno è l’esito. Non sembrano ci siano incertezze sul risultato delle regionali che vedrà su entrambi le capitali d’Italia, quella politica e quella economica, sventolare dal pennone la bandiera del centrodestra, con buona pace di qualche nostro cordiale conoscente che nutre qualche speranzuola personale.
Ma non sembra vi siano incertezze neanche sulla querelle circa la segreteria nazionale del PD e non tanto sull’esito del voto, ma sul fatto che chiunque diventi segretario le cose, in quel partito, non cambieranno.
Lo dicono i sondaggi che danno solo al 37% coloro che credono in un rilancio del PD e che danno vicinissimi, al 33%, coloro che pensano che le liti interne e le divisioni continueranno con il rischio di distruggere il partito.
E in fondo le prime sono figlie delle seconde, perché sono sempre i sondaggi che danno il PD ai minimi storici, con una credibilità elettorale ridotta moltissimo come i numeri probabilmente confermeranno tra pochissimi giorni quando vedremo che le elezioni le vinceranno quelli di destta.
E per concludere, e per dare un senso all’intero discorso, mi tornano alla mente le considerazioni dell’ex leader della gioventù socialista Luca Josi il quale l’altro giorno, stimolato dalla Gruber su quanto accade a sinistra, ha parlato di “vuoto pneumatico” riferendosi ai contenuti politici del maggior partito della sinistra e parlando sempre di quel partito ha infine concluso ricordando che se “nel supermercato della politica, da anni, mancano due parole, cristiano e socialista” sarebbe ora “che la attuale classe dirigente (di quel partito) facesse la cosa più semplice, ritirarsi. E togliersi di fronte a un fallimento sarebbe una prova di maturità per consentire a forze nuove di rinascere.”
1 commento
Le sue parole sono emozionanti, oltre che giuste.. come ho già detto: ben tornato La Giustizia, bene arrivata Socialista Liberale.. grazie