Prima delle elezioni dello scorso luglio sembrava che il prossimo Governo spagnolo fosse offerto ai popolari su un piatto d’argento (secondo il modo di dire di probabile estrazione evangelica). I sondaggi li davano ampiamente come primo partito { molti gli assegnavano la maggioranza assoluta) e in ogni caso con l’ appoggio dell’estrema destra di Vox in grado di formare un nuovo Esecutivo di grande stabilità. A cio’ si aggiungeva la convinzione che Pedro Sanchez avesse clamorosamente sbagliato i calcoli anticipando di qualche mese le elezioni politiche senza arrivare al termine normale vivacchiando ma cercando di recuperare un po’ di consensi a un Partito socialista considerato decotto.
Ma il voto aveva smentito queste previsioni sancendo di fatto una situazione di parità tra il blocco di centro destra (i popolari che avevano ottenuto sì il primo posto ma con un risultato inferiore alle aspettative e Vox in evidente calo) e quello di sinistra (con i socialisti in ripresa piu’ i radicali di Sumar). Nella Camera ( a cui in Spagna compete il voto sul nuovo Governo, dopo il conferimento dell’incarico da parte del re) i due blocchi potevano contare di 171 seggi a testa . Per ottenere la maggioranza dei 350 componenti l’ assemblea erano indispensabili i sette voti degli indipendentisti catalani di Junts ( orfani di Puigdemont riparato all’estero per evitare l’ arresto.
Dopo tre settimane dalle elezioni giovedì 17 agosto si riunito per la prima volta il Congresso dei deputati . Anche in questo caso le previsioni di un impasse determinato dall’ impossibilità di eleggere un Presidente sono state smentite. Infatti la candidata socialista Francina Armengol, ex governatrice delle isole delle Baleari. ha ottenuto 178 voti sui 350 a disposizione. Evidente a questo punto il patto tra Sanchez e gli indipendentista di Junts. A che prezzo ? Da una parte la scelta di una candidata che si era sempre dimostrata morbida sulle richieste degli indipendentisti ma la riconferma della leadership socialista .
Dall’altra alcune concessioni di Sanchez a Junts come quella di fare partire il procedimento per fare dichiarare il catalano come lingua ufficiale dell’ Unione Europea e quella di consentirne l’ uso normale nel Congresso oltre a quella di creare una Commissione di inchiesta sugli attentati del 2017 a Barcellona. La nuova Presidente : Armengol ha anche concesso ai deputati che lo volevano di aggiungere altre parole , da lei considerate possibili , alla formula del giuramento alla Costituzione.
Un gran bel colpo e segno di vitalità per un Pedro Sanchez che da ridimensionato, come volevano relegarlo dal centro destra e’ di nuovo saldamente al centro della politica spagnola. La verità e’ che , invece , oggi come oggi, Sanchez rimane l’ unico in grado di poter formare un Governo che dia governabilità a un Paese che non avrebbe che nuove elezioni anticipate politiche come alternativa in caso di suo insuccesso. Per raggiungere questo obiettivo Sanchez deve pero’ necessariamente convincere gli indipendentisti catalani senza accettare condizioni impossibili che farebbero il gioco del popolari e soprattutto dell’ estrema destra di Vox che gia’ dopo l’elezione della Armengol ‘lo ha accusato di tradimento dell’ indissolubile unita’ del Paese .
Un patto responsabile e credibile che dia la possibilità a Re Filippo VI di conferirgli l’ incarico ufficiale di formare il nuovo Esecutivo. Dalla partita sembra ormai escluso il leader dei popolari Alberto Nunez Feijoo che dovra accontentarsi di una Presidenza del Senato ( dove la legge elettorale premia il partito che ha ottenuto piu’ voti ) che non rappresentava certo le sue ambizioni prima del voto. Pedro Sanchez si conferma invece vero protagonista rafforzando il suo carisma dentro e fuori il Paese e in parte con uno sguardo alle elezioni europee del prossimo anno