Ad un partito ci si iscrive per le idee
Non sono approdata al Partito Socialista per via dinastica. A casa mia socialisti lo erano i bisnonni. Provengo da una famiglia liberale, che non ha mai esercitato alcuna influenza ne pressione sulle scelte politiche mie e di mia sorella, e di questo gliene sono grata.
Al contrario, io ho sempre voluto convincere tutti, e sono una gran rompipalle, di quelle che quando a tavola si parla d’altro deve sempre riportare la questione sul piano politico. Ma socialista io, ci sono nata. Il primo a capirlo fu il mio nonno paterno che, rivolto ai miei genitori, ben prima che fossi in grado di leggere e scrivere, ripeteva con frequenza “questa è una socialista!“. Non lo diceva né soddisfatto né contrariato: lo diceva e basta.
Forse col suo ripetere la sentenza mi ha un po’ condizionato, o forse no, forse socialista ci sono nata davvero. Quello che sicuramente mi ha trasmesso è il disprezzo per la vigliaccheria, anche quando il prezzo da pagare è alto, e uno spiccato, molto spiccato, anticlericalismo e antipapismo. Sono caratteristiche che lui ha sviluppato durante la detenzione nei lager nazisti, era un IMI, e che io ho ereditato per osmosi.
Penso che anche la politica mi sia sempre scorsa nelle vene, ho iniziato alle elementari come rappresentante di classe, alle superiori d’Istituto (eletta al primo anno) e via dicendo. Non ho mai fatto parte di nessun altro partito, anche se i DS le tentarono tutte. Potete immaginare quanto fossero ingombranti in una “regione rossa” come la Toscana.
La prima tessera la presi quando fui assolutamente certa delle mie idee: il secondo anno di Università. Tra le materie di studio mi innamorai subito, follemente e perdutamente di Storia del pensiero politico contemporaneo. Il caso volle che il docente della materia fosse Nicola del Corno: un socialista liberale. Nicola diventò subito il mio preferito perché oltre al socialismo come me era un batterista e un appassionato di rock. Punk per la precisione.
Un giorno vi racconterò il misunderstanding che si verificò la prima volta che ci incontrammo all’esame. Io e le figure di merda, abbiamo sempre avuto un rapporto intimo e profondo.
In un partito ci si resta per le persone
E’ ovvio che gli ideali rimangono il caposaldo dell’appartenenza a una realtà politica. D’altra parte è innegabile che i rapporti e le amicizie che si instaurano, quando sono sincere e non mosse dall’utilitarismo, sono indissolubili.
Quando si condividono le idee, le speranze, l’identità si saldano i rapporti. Se a questo si aggiunge la condivisione di battaglie, incazzature, delusioni e insulti, a saldarsi sono le anime stesse.
In un partito c’è da guardarsi le spalle, sarebbe più che ipocrita non ammettere che in molti adorano maneggiare, intrallazzare, demolire e far magheggi per affossare i compagni. Mai alla luce del sole, mentendo, diffamando e, puntualmente sminuendo. Si vede che si divertono così… troppi film!
Io, personalmente, sostengo anche quelli che mi stanno sulle palle. Il socialismo è più importante dei miei umori e non potrei perdonarmi di essere una concausa di un danno alla mia comunità (detta così fa molto Giorgio Celli’s moment. Clikkate qui). E poi la simpatia è una falso merito, un merito mafioso. Dopotutto non vale la pena mortificare l’impegno di persone che stimo, e a cui voglio bene, per tre stronzi.
Ci si rimane male, anche parecchio, quando realizzi che persone che hai portato sul palmo della mano, ti schiaccerebbero come una mosca, ma tant’è. L’assenza di invidia, una buona dose di “dissacranza” e il piacere di stare tra i miei simili (Clikkate) mi hanno permesso di godermi la vita da socialista e, per sentirmi appagata, mi è sempre bastato essere seduta davanti a una salamella, a un bicchiere di vino, e a uno dei nostri “giovanissimi” compagni che snocciolano aneddoti senza mai lesinare.
Forse dovrei essere un po’ meno tonta ma insomma, per essere perfetta dovrò pur aver un difetto! Noi socialisti siamo indubbiamente un po’ sfigati però, all’interno della nostra comunità, io sono stata fortunata.
I primi passi li ho mossi in Lombardia. Sono stata accompagnata e guidata da una persona che meriterebbe un Nobel: Santo Consonni. In realtà ne meriterebbe parecchi, il primo per la pazienza. Santo e la sua Santa pazienza. Santo è una persona fantastica, un socialista autentico – perché socialisti si nasce! – e una persona corretta. Ha sostenuto me, tantissimo, e non potrò mai ringraziarlo abbastanza.
Sono molte le persone che devo ringraziare, ognuna per motivi diversi; tuttavia se non avessi incontrato Santo ad accogliermi nel Partito, oggi forse non sarei qui a rompervi quotidianamente i santissimi. Spero di averlo reso un po’ fiero di me. Nella sua modestia che è reale, mica come la mia, dovrà darsi atto di aver formato e lanciato sul mercato, un gruppetto di giovani che ce l’ha messa tutta: Sara, Riccardo, Simona (Miss 17.000 preferenze e rotte conquistate una per una). Ben fatto Segrrrrr!
Altro merito di Santo, è stato creare una segreteria regionale di fighi. Al tempo della sua segreteria riuscì nell’incredibile impresa di selezionare persone di valore e di grande umanità che, nel mio continuo peregrinare e zingareggiare, ho sempre portato nel cuore.
Quando alla presentazione della Giustizia a Reggio Emilia ho individuato nel pubblico il compagno Volpari, che non vedevo da più di sette anni, mi sono commossa . Ritrovare oggi “la mia squadra” nell’Associazione Socialista Liberale, mi ha dato una spinta in più. Michele Chiodarelli era uno dei centravanti di quella squadra.
Segretario di Mantova (si, lo era già allora!) è un vero socialista. E’ stato immancabilmente presente, mostrando indiscutibile coerenza per le proprie idee. Attento e rispettoso delle persone che si impegnano per produrre qualcosa di buono. Persona di grande intelligenza, si è costantemente posto al servizio senza pretendere, senza recriminare, senza sgomitare.
Dopo tutti i terremoti che ha vissuto e sta vivendo il mondo socialista, dopo tutti gli stravolgimenti che mi hanno un po’ scombussolato, ritrovare Michele lì, esattamente dove e come lo avevo lasciato, mi ha confortato.
D’obbligo è la celebrazione della sua ennesima conferma a Segretario provinciale di Mantova, con l’intervista che trovate qui sotto. Naturalmente ne ho approfittato, spaziando con le domande e uscendo dai suoi confini territoriali.
Prima di godervi questa intervista, permettetemi di concludere ricordando una donna: una professoressa di frontiera dalla voce roca per le troppe sigarette. Corta e maledetta. Un metro e una manciata di centimetri: un concentrato di puro socialismo. Una donna che ribaltava con lo sguardo il primo cretino che le si rivolgeva in maniera sbagliata.
Una compagna che ci ha lasciato l’11 gennaio del 2016. Accanto a lei, sul comodino del letto d’ospedale, un vaso pieno di garofani. Molti di voi, sicuramente i più giovani, non hanno avuto modo di conoscerla e io, sinceramente, non saprei raccontarvela, perché Giovanna Moscatelli andava vissuta.
Quel che posso dirvi, senza ombra di dubbio, è che se fosse stata qui, adesso, sarebbero volati tanti, ma tanti, ma tanti calci in culo.
E ora Michele alla Weekly Interview