A quasi un mese dalle elezioni politiche anticipare del 23 luglio, il Re di Spagna Felipe VI ha conferito l’ incarico per la formazione del nuovo Governo al leader del partito popolare Alberto Nunez Feijoo. Le quattro settimane trascorse dal voto sono giustificabili dall’ incertezza causata dal risultato che ha visto i due blocchi di centro destra e centro sinistra ottenere lo stesso numero (172) di seggi alla Camera (l’ organo istituzionale dove, per norma costituzionale, si voterà per il nuovo Esecutivo) e quindi insufficiente per la maggioranza (176).
Di fronte a questa situazione Felipe VI ha preferito muoversi con i piedi di piombo scegliendo alla fine l’ esponente del partito più votato, anche se con un consenso inferiore alle aspettative. Una vittoria di Pirro infatti quella dei popolari che non solo non sono arrivati alla maggioranza assoluta ma neanche con l’ apporto dell’ estrema destra di Vox riescono ad avere i numeri per il nuovo Governo.
Un successo indiscutibile per Pedro Sanchez , che non solo ha risollevato un partito socialista che molti consideravano decotto con un risultato apprezzabile, ma , con la sua mossa di anticipare la data delle elezioni ,ha aperto per la coalizione di sinistra nuove prospettive rafforzando ulteriormente il suo carisma inferno e internazionale.
Sì perché il mese che Feijoo avra’ per cercare di formare il nuovo Esecutivo sembra destinato a essere inconcludente con nessuna speranza all’orizzonte. Il fatto e’ che per ottenere la maggioranza alla Camera sono indispensabili i sei voti di cui dispone Junts, il partito degli indipendentisti catalani di Carlos Puigdemont su cui pende un mandato di arresto per il referendum secessionista del 2017. E non e’ francamente pensabile che popolari e soprattutto Vox siano in grado di offrire concessioni programmatiche o di altro tipo a coloro che hanno sempre accusato di voler distruggere l’ integrità territoriale dello Stato.
Così il boccino rimane in mano a Pedro Sanchez, di nuovo protagonista della scena politica spagnola. E di questo se ne e’ avuta ampia conferma pochi giorni fa’ quando, nel giorno del suo insediamento, la Camera ha eletto la sua nuova Presidente nella socialista Francina Armengol. Ex governatrice delle isole Baleari, la sua elezione e’ stata frutto proprio di una trattativa condotta da Sanchez con gli indipendentisti che hanno ottenuto il via libera ad alcune loro richieste: l’uso del catalano alla Camera, commissioni di inchiesta sul programma Pegasus per spiare gli indipendentisti, una commissione investigativa sugli attentati di Barcellona del 17 agosto.
Inoltre ha sicuramente giovato la posizione della Armengol sempre morbida sulle richieste di autonomia di Junts. L’ intesa e’ stata raggiunta all’ ultimo momento e Puigdemont ha fatto sapere che non riguarda un possibile accordo di Governo. Ma il Premier socialista Sanchez ha dimostrato che , se non altro, sia possibile sedersi a un tavolo di trattativa con Junts. Ora però nell’ inutile mese in cui Feijoo illudera’ gli spagnoli di poter arrivare a una soluzione positiva dell’ incarico conferitogli da Felipe VI e subito dopo l’ inevitabile nuovo incarico per formare il Governo, Sanchez dovra’ arrivare a un vero e proprio accordo politico con gli indipendentisti catalani.
Accordo che non potra’ limitarsi a intese tecniche con il prestito temporanei di deputati per dare la possibilità a Junts di costituire un Gruppo alla Camera. Ma ci vorranno concessioni programmatiche sicuramente più pesanti di quelle trattate per la nomina della Armengol. Pedro Sanchez ci ha abituato però , con la sua cultura politica e la sua personalità, a raggiungere traguardi ritenuti impensabili che in questo caso consistono nel confermare al Governo la sua coalizione di sinistra evitando nuove elezioni anticipate e , pur con un Esecutivo di minoranza, garantendo governabilità alla Spagna. Cio’ anche con uno sguardo alle elezioni europee del prossimo anno e cercando di evitare lo spostamento a destra di Bruxelles.