Boom. La notizia esplode come un’atomica. Matteo Renzi dirigerà il Riformista, il giornale che si distingue per le sue battaglie garantiste e per la sua equidistanza tra i due poli pur mantenendo intatto il suo imprinting riformatore più che riformista, a dispetto del suo titolo molto emblematico.
Renzi siederà sulla poltrona, che ancora per poco è di Sansonetti (che approderà all’Unità) a partire dal 3 maggio.
Sarà un direttore d’opinione e non responsabile, come precisa lui stesso, in occasione della sua presentazione avvenuta oggi, mentre Sansonetti ironizza raccontando che qualche giorno fa l’aveva incontrato e si era sentito dire “Piero stai sereno”.
Renzi spiega che la scelta è per coltivare la sua passione “per la verità e per la viralità”.
Poi rincara sul concetto di equidistanza ribadendo che l’asso nella manica del Riformista è quello di non stare, come è ovvio che sia, “né con il sovranismo della Meloni, ma neanche con la linea della Schlein e dei 5Stelle”.
Non lascerà la politica e tantomeno lo scranno senatoriale, del resto, chiede con ironia, “un parlamentare non può fare il direttore di un giornale?” rafforzando con questa battuta la sua scelta. “Ce ne sono stati tantissimi,” aggiunge, “mi piace ricordare Mattarella”.
Infine una precisazione importante: “la linea politica del giornale non sarà legata a quella del terzo Polo”.
Nel senso che il Riformista non diventerà l’organo ufficiale del partito centrista che si presume nasca, come preannunciato, dopo l’estate.
E meno male, perché altrimenti verrebbe stracciato in pochi istanti il patrimonio che il giornale fondato da Polito ha raccolto negli anni è cioè quello di essere un quotidiano soprattutto obiettivo, vincolato solo ai suoi ideali e ai suoi principi etici e non a interessi di parte o di persone.
Attendiamo l’evento, sperando che il confronto tra i giornali possa fare il paio con quello che si appalesa all’orizzonte tra i due movimenti, quello Renzi-Calendiano e quello socialista-liberale al quale con la nostra testata diamo voce.
Sarà un modo per capire quando, come, perché partirà il viaggio, e dove approderà, per una avventura politica che ha una duplice missione.
Quella di demolire il bipolarismo e quella di dimostrare che in Italia non c’è né centro-destra né centro-sinistra, ma solo una destra-destra e una sinistra-sinistra.
E ovviamente ai socialdemocratici, ai socialisti liberali, ai riformisti, appunto, le estreme non sono mai piaciute.
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Queste righe si chiudono col dire che “ai socialdemocratici, ai socialisti liberali, ai riformisti, appunto, le estreme non sono mai piaciute”, e tale conclusione risponde verosimilmente al vero, posto che dette linee di pensiero rappresentano, nel sentire comune, il cosiddetto moderatismo, ossia quel modo di vedere le cose, ed affrontare i problemi, che può giustappunto mitigare e temperare le posizioni più “radicali”.
Ciò non significa tuttavia che il moderatismo equivalga sempre, e necessariamente, ad equidistanza, e ne abbiamo comprova dal fatto che, se non erro, durante la Prima Repubblica, quando non c’era ancora il bipolarismo, le forze politiche di casa nostra ad ispirazione socialdemocratica, liberalsocialista, riformista, cui la storia sembra aver poi dato ragione, si sono schierate, in alleanze che diedero vita agli Esecutivi di allora.
Paolo Bolognesi 05.04.2023