Sulmona è una delle città scheggiate da Troia fumante e poi divenute parte dell’augusto pannello di truciolato romano. A differenza di altre schegge geopoliticamente svantaggiate, Sulmona ha mantenuto una propria vocazione di confettiera civica tra medioevo e modernità, non solo per la golosità turistica ma anche per una sua natura dechirichiana. È una città alienante, strana da vivere, e produce roba strana. Da un lato è una di quelle città d’arte nate dal lato sbagliato degli Appennini, dall’altro è una borbonata adriatica e non tirrenica.
Come l’Ascoli Piceno geocriticata da Manganelli, Sulmona ha un’esistenza irrisolta. Sarà il genius loci che produsse tra l’altro l’autore delle Metamorfosi, ma c’è proprio un’indecisione, pur serena, in questa città.
Effettivamente col senno di poi (cioè dopo aver letto questo libro) è perfetta per un giallo, perché ha tutti gli incredienti di credibilità e incredibilità per portarsi a spasso il lettore, disorientarlo e alla fine tirare le somme con un re minore (quella tonalità mistica che ti mette insieme il requiem di Mozart e Daddy cool dei Boney M.).
L’autore, Massimo Carugno, vicedirettore di questo lido virtuale, ha una biografia pure in tensione tra credibile e incredibile ma non sembra accorgersene; e ficca dentro Sulmona tutto il mondo, con tanto di pazzesco viceversa.
Letterariamente è uno di quei libri-guida che nascono dalle eccentricità di provincia, che cercano di rivelare qualcosa ri-velandola con un velo browniano, traducendo e tradendo il patrimonio dei landmark in pretesti narrativi.
Ci sono tratti distorsivi dati dalla foga di chi si è scoperto narratore per decentramento dalla propria professione, in questo caso avvocato quindi caso di una persona abituata a ricomporre fatti attraverso documenti e testiomianze e nel romanzo i framenti del discorso sono trattati con la stessa tendenziosità legale, che guarda all’evoluzione di una storia che non dipende solo da ciò che si ha fra le mani ma anche da ciò che arriva da fuori all’improvviso. C’è da preparare più di un grado già in origine e questa visione a un tempo strategica e improvvisante è una costante negli avvocati scrittori. L’effetto è jazz.
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