Quella proposta di legge ho dovuto leggerla e rileggerla. Ho lasciato il beneficio del dubbio, ho ascoltato quanto sosteneva il già vicepresidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana, Fabio Rampelli.
Mi riferisco al disegno di legge (qui il link al testo) “per la tutela e la promozione della lingua italiana e
istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana” che Rampelli crede in via d’estinzione ed è quindi pronto a difendere con sanzioni che partono da un minimo di 5.000 ad un massimo di 100.000 euro, che tiene a sottolineare, non andranno ad attaccare il singolo cittadino. E lo afferma convinto che la cosa possa rincuorarci.
L’onorevole deputato ha lamentato, in queste ore, la pretestuosità delle critiche e gli sfottò derivati. Ho quindi riascoltato le sue spiegazioni e ho letto, ancora, il testo della proposta di legge sulla tutela della lingua italiana. Non mi ha convinto, peggio, mi ha inorridito.
L’autodifesa di Rampelli
Il deputato di FdI accusa un po’ tutti di aver frainteso e con un post su Faccia Libro spiega:
- Non era sua intenzione iniziare nell’immediato la discussione della PdL
- La sua proposta non si rivolge al singolo cittadino ma, alla Pubblica amministrazione e a indefiniti altri enti pubblici e privati.
- Ritiene che la sua proposta sia espressione della vera democrazia, quella che garantisce la comprensione della comunicazione sia scritta, sia orale, a tutti i cittadini italiani: dai giovanissimi agli anziani, a chi non ha o non ha avuto i mezzi per studiare.
- Rifugge l’accusa di autarchia: la proposta non prevede l’italianizzazione di parole straniere.
- Elenca degli Stati che nella Costituzione riconoscono la propria lingua nazionale.
- Sostiene che la medesima legge sia stata fatta dalla Francia nel 1994, durante la presidenza del socialista Francois Mitterand.

Queste le principali chiose del paladino della lingua italiana che non capisco se ci è o se ci fa. Come da manuale a far da padrone, oltre il classico vittimismo dei camerati, o le mezze verità o le balle vere e proprie.
Rampelli conclude l’arringa in difesa della sua Proposta di Legge ricordando che la stessa è passibile di modifica, e questo ci rassicura: il deputato dopo anni in Parlamento ha compreso il meccanismo dell’iter legislativo di uno Stato democratico.
Me ne frego
“Me ne frego” immagino sia stata la risposta che Rampelli si è dato davanti alle obiezioni della logica. Presumo che il nostro deputato, forse con la sola eccezione di Fiume, non abbia mai varcato i nostri sacri confini; in tal caso si sarebbe immediatamente reso conto della considerazione che il resto del globo ha nei confronti dell’attitudine degli italiani rispetto alle lingue in generale, rispetto all’inglese in particolare.
Sarà forse, e sottolineo il forse, la Gen Z la prima generazione a vantare una certa dimestichezza rispetto l’utilizzo della lingua veicolare: l’inglese. La scarsa predisposizione degli italiani nel parlare una lingua diversa all’idioma nazionale, non ci è costata solo in termini di reputazione, ma soprattutto di possibilità e occasioni mancate.
Se la meglio e laureata gioventù italica, impossibilitata a trovarsi un’occupazione in patria, finisce a lavare i piatti oltre Manica, la causa va rintracciata proprio nella scarsissima conoscenza della lingua inglese, quella che spalanca ogni porta.
Il timore di Rampelli rispetto al rischio di estinzione della lingua italiana è, nei fatti, totalmente infondato. Probabile che questa paura si sia sviluppata a seguito del protratto dialogo con i leghisti: con loro, onorevole, c’è poco da fare: si tratta di casi disperati e la lingua inglese non ha responsabilità alcuna.
Fatta la legge, trovato l’inganno
Questa volta a macchinare l’inganno non sarà il cittadino che, se andasse sulla fiducia di quanto affermato da Rampelli rischierebbe, qualora la legge passasse nell’attuale formula, una bella doccia fredda. Vado a confutare i punti rettificati dal deputato:
- La proposta riguarderebbe non solo la Pubblica Amministrazione e gli enti pubblici e privati che assurgono a funzioni pubbliche:
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- Tutti i soggetti che si occupano di produzione, promozione e vendita di beni e servizi.
- Tutti i soggetti che si occupano di comunicazione e informazione destinata alla pubblica utilità.
- Le fondazioni e ogni soggetto destinatario di fondi pubblici.
- Le scuole di qualsiasi tipologia e grado ad esclusione degli istituti internazionali, destinati agli stranieri.
- Questa proposta, agli occhi di Rampelli, è esempio di vera democrazia. E si offende pure se viene perculato! Solo un nostalgico fascista può ritenere democratico un obbligo. Si limitasse alla documentazione della PA e dei contratti, il danno sarebbe solo una legge ridondante che va a confermare la prassi.
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- Le scuole ne uscirebbero danneggiate in maniera importante, soprattutto le università che avrebbero difficoltà a duplicare il medesimo corso, soprattutto a livello di organico e di tempistiche. Questo andrebbe a determinare un’ovvia diserzione da parte degli studenti stranieri e dei fruitori del programma Erasmus, frustrando ogni principio di internazionalizzazione e scambio culturale, e provocando una retrocessione, a livello di prestigio, dei nostri atenei.
- Limitare il vocabolario anche straniero, a un giornalista, oltre a limitare il diritto di espressione, ne limita l’apporto creativo ed artistico, portando l’arte dello scrivere sul piano della mera compilazione.
- La notizia che non si andrà ad italianizzare nomi e termini inglesi, lenisce leggermente il senso di vergogna che proverò se questa genialata troverà consenso. Oltretutto non ce ne sarebbe bisogno dal momento che non ci siamo ancora liberati dell’italianizzazione attuata un centinaio di anni fa dal suo idolo.
Da qui il motivo per cui noi italiani chiamiamo Mohammed è Maometto, Mary Stuart è Maria Stuarda, Thomas Moore è Tommaso Moro e così via fino all’imbarazzante Louis Armstrong, Luigi Braccioforte.
- L’indicazione a livello costituzionale della lingua nazionale, non implica alcun divieto nei confronti degli idiomi stranieri. La maggioranza delle nazioni indicate da Rampelli, ad esempio, non ha l’abitudine di doppiare i film, che vengono guardati nella lingua originale o in inglese e sottotitolati.
Oltretutto la necessità di affermare la lingua madre è caratteristica comune a quegli stati che vanno ancora cercando una propria identità nazionale. Ne sono un esempio l’Estonia e la Slovacchia, così come tutte quelle espressioni nazionali nate dalla scissione seguita alla dissoluzione e alla disgregazione di realtà nazionali più estese.
- La legge francese a cui si sarebbe ispirato il nostro ardito, la Toubon, fu promulgata nel 1994. Effettivamente alla presidenza c’era il socialista Francois Mitterand, ma all’esecutivo sedeva il centrodestra guidato da Balladour.
Detta norma, differentemente dal disegno di Rampelli, prevede contratti redatti in francese solo da parte di enti pubblici; l’obbligo del francese nelle scuole è stato eliminato sei anni dopo, nel 2000. Anche la pena è notevolmente differente: in Francia raggiunge un massimo di 750E, a fronte dei 100.000E indicato come tetto da Rampelli.
Lingue in evoluzione

L’onorevole Rampelli ignora che le lingue non sono statiche. Sono frutto di un’evoluzione e di una storia caratterizzata da scambi, contatti e convergenze, e il suo scopo non è un’esercizio stilistico, bensì quello di permettere l’interscambio di informazioni tra esseri umani, nella modalità più semplice e di agile decodificazione.
Le lingue sono dinamiche e registrano mutamenti che mai si verificano attraverso coercizione. L’evoluzione
della lingua italiana, pur con neologismi derivati da altre lingue è, al netto dei nostalgismi, un segno positivo.
È bene ricordare, inoltre, che dal 1994 ad oggi sono trascorsi trent’anni. In trent’anni il mondo, la società e le percezioni cambiano. Quando si iniziò ad applicarla, la Legge del Taglione, era una legge progressista: occhio per occhio andava a sostituire occhio per testa.
Lo stesso vale per il Tribunale della Santa Inquisizione che, rispetto ai tribunali popolari, emetteva un numero di condanne notevolmente inferiore. E’ chiaro che entrambe, se fossero ancora in esercizio, verrebbero a ragione considerate una barbarie.
Conclusioni
Come possiamo osservare l’ideona di Rampelli, che lui ne dica, profuma di camicie nere e fascio littorio; in un mondo dove sarebbe proficuo guardare avanti all’esecutivo piace giocare a Stargate, ops… Portale della Stella.
Ce lo confermano le proposte avanzate rispetto all’istituzioni di nuove festività nazionali; al di là delle disturbanti festività della Vita nascente e della Morte perinatale, noto La Giornata degli Antichi Mestieri e la Giornata della Scrittura a mano.
Che belli i tempi di carta, penna e calamaio… Effettivamente fa un po’ 1200 ma potrebbe valerne la pena perché, quando si tratta di Medioevo, non siamo secondi a nessuno.
Poi era bella l’Italia dei Comuni, non ci farebbe poi male tornare a quell’organizzazione societaria, con le Corporazioni dei Lavoratori e il suo sindaco, il Podestà.