Chissà se le vestali di Olimpia, circa 700 anni prima della nascita di Cristo, avranno mai immaginato che quel gesto nobile e sacro dell’aleggiar le fronde, con il quale sancivano le partenze delle corse olimpiche, sarebbe stato sostituito da patetiche robe moderne come i semafori rossi della Formula 1.
E ormai si sa, la tecnologia celebra sempre più il suo trionfo sacrificando l’eleganza sull’altare del progresso e bisogna cercare di farsene una ragione.
Ma, eleganza o meno, resta che è ora di dare il “pronti via”, e in certi casi la sostanza, ahimé, dimentica la forma.
E già perché le linee politiche son cose serie perché tracciano il sentiero lungo i quali devono muovere il loro cammino le comunità della politica.
E se, girandoci attorno, vediamo che altrove le linee politiche sono solo il girovagare tra leader più o meno influenti alla ricerca di un posto, una comunità seria, anche se piccola, non può ridursi a non averla affatto.
E siccome dello strappo di un anno fa, dalle parti del mattatoio romano, la causa fu proprio la linea politica, o meglio le differenti visioni sulla linea politica, se dalle parti del Phanteon essa è ormai solo una collezione interminabile di selfie, raccolti un po’ in tutta Italia per poter scrivere su Facebook “Pincopallo sta con me”, in una sorta di depliant da political tourist destinato esclusivamente a distribuire illusioni, nella ormai grande agorà del socialismo liberale è ora di darsi una linea politica.
Anzi, è ora di iniziare a percorrerla con decisione, perché la linea ce la siamo già data e si racchiude in 3 punti fondamentali:
1) costruire la casa del riformismo sulla fondamenta della cultura dell’umanesimo socialista e della socialdemocrazia europea;
2) scindere il destino del socialismo liberale dai gangli dell’integralismo e del radicalismo della sinistra-sinistra e dal populismo bolso e vuoto dei pentastellati, ormai alleati privilegiati del maggior partito della sinistra;
3) intraprendere tutte le iniziative possibili e immaginabili per superare e se possibile scardinare il bipolarismo.
È giunto dunque il momento di partire, mettendo da parte per il momento i dibattiti su grandi temi etici come la pace in medioriente o in Ucraina, e di guardarsi intorno per trovare chi, nel panorama politico di questo paese, condivide valori e programmi identici o simili.
Senza aristocratiche puzze al naso, senza preclusioni apodittiche “a prescindere”.
E alla domanda degli scettici o degli ipercritici che chiedono con sarcasmo “dove sono?” bisogna andare avanti e dimostrare che ci sono, ci sono.
Perché è bene che si sappia che ci sono pezzi di umanità politica che ne hanno le balle piene e si stanno muovendo per organizzarsi in una alleanza, forse federativa, per creare un’area politica che si muova nelle nostre stesse direzioni.
Vengono da qui e da là, ed è inutile fare nomi perché se non si sanno, leggendo i giornali che narrano di certi movimenti, è facile intuirli.
E allora per la comunità liberal socialista è l’ora che le fronde delle vestali di Olimpia diano il “pronti via” .
Perché la regola aurea è che non bisogna mai agire senza aver pensato, ma mai fermarsi a pensare quando è giunto il momento di agire.