Di Alessandro Perelli
La prima constatazione che si può trarre dai risultati del voto per le elezioni presidenziali in Turchia è quella di un Paese spaccato in due dove l’uscente Recep Tayyip Erdogan non solo non è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta del 50+1 %, per essere rieletto ma si troverà di fronte nel ballottaggio che avrà luogo tra due settimane (se la Commissione Elettorale confermerà la data) un avversario, Kemal Kilicdaroglu, staccato di pochi punti nel primo turno.
A spoglio delle schede praticamente ultimato Erdogan ha ottenuto il 49,49% e Kilicdaroglu il 44,8 . Solo le briciole sono rimaste a Ogan che comunque con il suo 5,3% potrà incidere sul ballottaggio. Così le cifre sulle quali comunque pesano le scontate accuse di manipolazione venute da più parti e che saranno oggetto di analisi da parte della Commissione Elettorale.
Queste elezioni erano attese con grande preoccupazione dal mondo intero considerata la posizione geopolitica di Ankara e il suo protagonismo su varie questioni di assoluta attualità come , solo per citare le più rilevanti, la guerra in Ucraina , la domanda di adesione all’ Unione Europea, il ruolo all’ interno della NATO, l’intervento militare in Libia e lo sfruttamento di vaste aree energetico del Mediterraneo.
Quindi bisognerà aspettare ancora un po’ per venire a capo di argomenti determinanti per gli equilibri, la pace e lo sviluppo economico. Vediamo i principali con le opzioni che si presentano a seconda se a prevalere sarà Erdogan o Kilicdaroglu. Cominciamo dall’ aggressione di Putin all’ Ucraina. Con Erdogan la Turchia ha assunto una posizione ambigua: solidale con Kiev per l’indipendenza e la sovranità sul suo territorio ma aperta a immediate trattative di pace nonostante l’occupazione da parte dei russi di vaste zone ucraine e contraria alle sanzioni.
Questo atteggiamento gli ha consentito di mantenere aperto un canale di comunicazione con Putin (con il quale si è incontrato anche recentemente) e di svolgere un positivo ruolo di mediazione per sbloccare la partenza delle navi che da Odessa e da altri porti trasportano il grano ucraino indispensabile per i Paesi in via di sviluppo. Di parere opposto Kilicdaroglu e i sei partiti dell’opposizione che lo sostengono che vorrebbero un allineamento a Stati Uniti e Unione europea.
Abbastanza collegato è il ruolo di Ankara all’interno dell’Alleanza Atlantica. Negli ultimi mesi si è registrata la domanda di adesione di Finlandia e Svezia. Erdogan dopo aver dato via libera a quella di Helsinki ha posto il veto (determinante in quanti si prevede l’ unanimità degli Stati membri) a quella di Stoccolma. Nonostante gli sforzi di Joe Biden la Turchia ha considerato un atto ostile il fatto che la Svezia offra ospitalità a molti dissidenti curdi sospettati di terrorismo e ha bloccato di fatto il suo ingresso nella NATO.
L’opposizione turca invece ha un atteggiamento molto più morbido sulla questione e favorevole a una rapida chiusura positiva del contenzioso. Passiamo ai rapporti con l’Unione Europea. Ankara ha ripetutamente utilizzato l’arma delle migrazioni per riscattare Bruxelles che già indirizza cospicue risorse finanziarie affinché Ankara trattenga nel suo territorio i clandestini che vogliono raggiungere il territorio europeo.
Questo ricatto è stato utilizzato da Erdogan anche per avere la possibilità di sfruttare a danno di Grecia e Cipro i giacimenti energetici presenti nel Mediterraneo. L’accordo fatto poi con il Governo di Tripoli in cambio del sostegno militare permette alla Turchia quasi integralmente in controllo della parte arte orientale di questi mare con riflessi strategici ed economici di grande rilevanza.
Un protagonismo pericoloso e fine a se stesso invece secondo Kilicdaroglu che vorrebbe un’ azione più concentrata sulla crescita sociale interna e sulla attenzione alle istanze della società civile spesso colpita dai provvedimenti liberticidi dell’attuale Presidente.
Su tutte queste questioni grava l’ombra degli oltre cinquantamila morti per l’ultimo disastroso terremoto dello scorso febbraio e delle violente politiche scoppiate per il ritardo dei soccorsi e la gestione della ricostruzione. Una partita ancora completamente aperta quella per le elezioni presidenziali sulle quali si giocano gli equilibri non solo della Turchia ma di un vasto contesto internazionale in cui anche il nostro Paese ha molti interessi.