Fabrizio Montanari
l congresso di Genova, su proposta di Anna Kuliscioff, confermò per acclamazione Camillo Prampolini alla direzione del settimanale Lotta di classe (1892-1897), che le associazioni operaie-democratiche socialiste di Milano avevano fatto uscire come numero unico il 18 giugno 1892, in occasione delle elezioni amministrative.
Il giornale, dopo quella prima esperienza, iniziò la pubblicazione settimanale il 31 luglio 1892, pochi giorni prima, dunque, della nascita del partito dei lavoratori italiani. La scelta del direttore ricadde spontaneamente su Prampolini, che era stimatissimo per la sua attività pubblicistica e per aver fondato a Reggio Emilia nel 1886 il settimanale La Giustizia. I congressisti si dissero sicuri che la sua prosa chiara e semplice avrebbe conquistato alla causa socialista molte adesioni. I delegati al neonato partito socialista compresero subito che la crescita del partito necessitava di un giornale nazionale autorevole, agile e credibile, che potesse essere comprensibile da tutti e capace di raggiungere ogni angolo del paese. L’Avanti! nascerà e sostituirà Lotta di classe solo nel 1896.
Il progetto milanese della Kuliscioff e di Turati andava in quella direzione e poteva dunque colmare quella mancanza. L’opera di convincimento da loro esercitata su Prampolini iniziò pertanto per tempo e, come immaginavano, non fu semplice.
Dapprima, infatti, Prampolini declinò l’invito della Kuliscioff per una serie di ragioni personali e politiche: il trasferimento a Milano avrebbe sconcertato i compagni reggiani, la necessità di guadagnare a sufficienza per mantenere la famiglia, la inevitabile rinuncia alla direzione della Giustizia. Anna non si arrese e il 10 luglio gli inviò una lettera accorata perché abbandonasse ogni remora e accettasse la direzione del nuovo giornale.
“…Credetemi, Prampolini, che se voi decideste a piantare il vostro lavoro a Milano ne guadagnerebbe anche la vostra Reggio ed il resto d’Italia. Ho tanta fede che con voi il giornale fiorirà e prenderà una diffusione immensa, che non sento neppure lo scrupolo d’incoraggiarvi ad abbandonare quel poco di certo che avete e lanciarvi nell’incerto… Rispondete dunque. Se cioè accettate di fare da direttore, stando per ora a Reggio, se verrete a dar mano al primo numero ed aiuto valido per i numeri secessivi”.
Camillo decise allora di chiedere consiglio ad alcuni stimati compagni: Edmondo De Amicis, Cesare Lombroso e Antonio Labriola. La risposta di quest’ultimo fu molto schietta e mise Prampolini difronte a una scelta per lui dolorosa ma decisiva. Labriola scrisse: “…il mio consiglio è subordinato ad una domanda: Se voi vi sentite l’esclusiva vocazione di fare propaganda spicciola…rimaneteneve e continuate La Giustizia che come riflesso di tale situazione di animi e di cose è un giornaletto esemplare e insuperabile. Se vi sentite invece la vocazione di uomo politico…se vi pare che nei vostri giovani anni abbiate pure il dovere di studiare, d’imparare e di esperimentare, andate a Milano, a qualunque patto, per dire, fare e scrivere nel modo che si conviene ad una grande città”.
In effetti Labriola non aveva tutti i torti quando affermava che da Milano si parlava a tutta l’Italia. Dirigere un organo nazionale di partito significava parlare anche a partiti e uomini di altri paesi e incidere sulle scelte governative. Prampolini, non volendo deludere i suoi estimatori e per non lasciare il neonato partito senza uno strumento politico così importante, accettò dunque la direzione di Lotta di classe, restando però a Reggio. Diresse i primi numeri e alcuni immediatamente successivi al congresso nazionale di Genova.
Ma poi, pressato dai suoi compagni reggiani, rinunciò definitivamente all’incarico. La sua presenza in provincia era considerata insostituibile per la crescita del PSI e della città. Tale scelta risultò incomprensibile a Labriola, che non tardò a criticarlo aspramente. Prampolini non ignorava affatto il quadro politico nazionale, né lo sottovalutava. Pensava piuttosto che anche da una realtà considerata, a torto, periferica, si potesse elaborare e praticare un’idea importante di socialismo, in grado di rappresentare un esempio positivo per altre realtà o, addirittura, per l’intero paese. In cuor suo già immaginava, infatti, di affiancare a La Giustizia settimanale una edizione quotidiana, come in effetti avvenne a partire dal 1904.
Labriola, ma non solo lui, non avrebbe mai immaginato che quel piccolo giornale di provincia sarebbe cresciuto nella considerazione dei socialisti, fino a diventare nel 1922 l’organo nazionale del Partito socialista unitario di Turati, Treves, Modigliani, Prampolini e Matteotti.