La politica apre sempre, ogni mattina, l’ampio ventaglio delle cose interessanti.
Ma non sempre per “notizia di politica” si deve intendere il racconto di uno di quei tanti balletti quotidiani che provengono dal mondo dei partiti.
Anzi, non dovrebbe essere mai, perché la politica, che deriva da polites (cittadino), dovrebbe riguardare maggiormente questioni che incidono sulla vita dei cittadini o disagi che dalle comunità delle varie popolazioni provengono sul tavolo di chi le governa.
E allora quest’oggi, invece di occuparci di una delle tante danze di Salomè che tra Montecitorio e Palazzo Chigi quotidianamente vengono celebrate, ci occupiamo di un dato allarmante.
La questione dei mutui, quelli bancari per intenderci.
Sarebbero quasi 15 miliardi,di euro l’ammontare delle rate di mutuo non pagate da quasi un milione di famiglie italiane.
Volendo scendere più nello specifico, si tratterebbe di 6,8 miliardi di rate inevase per i mutui veri e propri, di 3,7 miliardi per rate relative al credito al consumo, e di 4,3 miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali.
E di tutto questo gran popò di roba 5,7 miliardi sono sofferenze, cioè che la clientela non rimborserà più, altri 7,1 miliardi sono inadempienze presunte e previste come probabili, nel senso che realisticamente si può ritenere che non verranno pagate, e infine circa 2 miliardi sono rate solo scadute e quindi considerate poco a rischio.
La somma di tale ammontare di insolvenze riguarda soprattutto i mutui a tasso variabile, particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro portato dallo 0 al 4% in 11 mesi.
La regioni nelle quali si sono verificate il maggior numero di insolvenze sono Lombardia e Lazio con un ammontare delle rate non pagate oltre i due miliardi. A seguire Campania, Puglia e Basilicata, Sicilia e Veneto superano il miliardo. Emilia Romagna, Piemonte e Valle D’Aosta, e Toscana restano poco sotto il miliardo. Più contenuto il valore delle somme non pagate nelle regioni più piccole come l’Umbria dove le rate non pagate ammontano a 226 milioni, la Liguria (361 milioni) e la Calabria (418 milioni).
Povere banche, ci sarebbe da esclamare a questo punto, e giù la trenodia del mondo della finanza che comincia a richiedere misure straordinarie, interventi, leggi speciali, condanne alla fustigazioni e a pene corporali per i debitori.
(Tra parentesi, ma lo sapevate che il Testo Unico Bancario modifica alcune norme fondanti del processo civile per cui le banche possono agire contro i debitori senza provare un cavolo circa l’esatto ammontare dei loro crediti e soprattutto con maggiore speditezza e facilitazioni nei pignoramenti?)
Ma tornando ai canti funebri, povere banche!
Ma quando mai! Poveri italiani piuttosto!
Procediamo con ordine.
L’ammontare degli importi elencati sopra è impressionante ma lo sarebbe meno se si conoscesse il totale dei mutui che sono stati concessi sui quali le banche guadagnano un bel po’ di soldini.
Ve lo dico io.
Il valore complessivo dei mutui per l’acquisto di abitazioni ammontava, a fine marzo 2023, a 425,5 miliardi di euro, (tra l’altro in crescita di circa 50 miliardi rispetto al 2017 +13,4%).
Tra credito al consumo e prestiti personali, le banche hanno erogato anche altri 251,2 miliardi di euro.
In totale fanno 676,7 miliardi di cui i 15 miliardi, diciamo così perduti, ne rappresenterebbero occhio e croce appena il 2%.
E c’è da fare tutto sto casino?
Ricordo a me stesso che uno degli elementi fondanti del concetto di impresa, sia sotto l’ottica della scienza economica che quella giuridica, è il rischio di impresa.
Cioè quelle puttanate che si fanno nell’esercizio di una attività imprenditoriale per le quali i soldi invece di gudagnarli si perdono.
E uno dei motivi per cui si giustificano gli elevati ricavi delle imprese, rispetto ai molto minori costi di produzione, è proprio l’ammortamento del rischio di impresa.
E secondo voi perdite, calcolate grossolanamente al 2%, è un rischio di impresa tale da destare allarme, leggi speciali, coprifuoco, piano Marshall e cavoli vari?
Ma fatemi il piacere.
Piuttosto una domanda.
Perché non si rimettono nell’occhio della politica le questioni che riguardano il cittadino?
Perché in una società evoluta, quale quella che dalle parti dei palazzi del potere dicono che siamo, non si guarda invece al vero dato allarmante. E cioè che c’è piu di un milione di famiglie che si trovano in grave difficoltà economica?
Che forse l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione, l’aumento dei prezzi, la diminuzione del valore degli stipendi, una economia che non solo non corre, ma neanche cammina, riducono i redditi e mettono in difficoltà i cittadini non solo per pagare le banche ma anche nel vivere quotidiano?
E perché invece di pensare a interventi per proteggere le banche non si pensa a interventi per ridurre l’ammontare dei costi che gravano sulle famiglie e aumentare la quota di reddito disponibile?
Magari eliminando le accise della benzina.
Mi piacerebbe parlarne con Giorgia!
P.S. Non è che me ne accorgo solo oggi che governa la destra. Dalle parti del socialismo riformista ste cose si son sempre dette pure a quelli della sinistra-sinistra. Lo ribadiamo anche oggi solo perché la Meloni diceva di voler ribaltare l’Italia. Stiamo ancora aspettando.