Il 25 aprile gli italiani festeggiano la data della liberazione dal nazifascismo. E’questo il giorno in cui si celebra, da noi, anche la fine della guerra e del sanguinoso conflitto civile che ha segnato l’Italia dalla fine del 1943 all’aprile del 1945, ma che in alcune zone del paese si protrasse anche dopo. Tutti siamo figli di due date, quest’ultima, perché comporta l’avvio di una faticosa e travagliata vita democratica, e il 2 giugno, perché segna l’inizio dell’età repubblicana e l’elezione di una Assemblea Costituente alla quale diedero un alto contributo, nel dettare le norme costituzionali, tutte le forze democratiche e antifasciste. Sostenere che la Costituzione ha un afflato decisamente antifascista ë dunque scontato e vorrei che avesse davvero ragione Gianfranco Fini nel sostenere che da Fiuggi in avanti la destra italiana ha davvero fatto i conti con l’antico regime del quale il Msi si era detto, almeno nei primi anni, in rapporto ideale di stretta continuità. Fini arrivò perfino a definirlo “il male assoluto” con un’affermazione liquidatoria financo eccessiva. Sarebbe tuttavia un bene che dalla seconda carica dello Stato in giù tutti riconoscessero quel che i partiti democratici, quelli definiti “dell’arco costituzionale”, hanno sempre sostenuto. E cioè che il fascismo é stata una dittatura almeno dal 1926, quando le sue leggi eccezionali misero fuori legge tutti i partiti politici antifascisti e i giornali democratici condannando i suoi principali esponenti al confino e all’espatrio, ma in realtà le cui radici erano già scolpite nella costituzione, nel 1923, del Gran Consiglio come organo dello stato e della Milizia volontaria. Aggiungo le orrende leggi razziali del 1938 e la decisione di entrare in guerra al fianco della Germania nazista nel giugno del 1940, che costò a Mussolini il voto contrario del Gran consiglio del 1943, l’arresto da parte del re, la fine del regime, trasformato poi negli ultimi due anni in un tragico, quanto temerario, stato marionetta agli ordini di Hitler. Combatterono in diversi, di varia estrazione, per resistere all’invasione tedesca difesa dai fascisti codidetti repubblichini. Si dimentica spesso il contributo dei socialisti riuniti in talune zone del Nord nelle brigate Matteotti. Si dimentica spesso il socialista democratico Corrado Bonfantini che di quelle brigate fu il fondatore. Così come si dimentica che fu il partito di Pietro Nenni a battersi per la pregiudiziale repubblicana che i comunisti non accolsero con la svolta di Salerno di Palmiro Togliatti che legittimò la monarchia. Il 25 aprile e il 2 giugno sono date strettamente collegate. Senza la liberazione dell’Italia, alla quale un contributo politico e morale, più che militare, é stato recato dalle formazioni partigiane, non ci sarebbe stato il 2 giugno, ma un 25 aprile senza un 2 giugno non avrebbe consentito l’avvio della costruzione di una moderna democrazia repubblicana. Ecco perché il segnale più autentico che noi possiamo oggi mandare é quello relativo alla liberazione di tutti i popoli oppressi, di un 25 aprile e di un 2 giugno universali. Non si può essere dalla parte dei partigiani italiani senza sostenere le ragioni dei patrioti ucraini. Non si può essere coerentemente a favore della resistenza italiana senza essere a favore di quella del paese invaso e massacrato dai militari russi. E non si può ritenere legittimo il ricorso alle armi, ottant’anni orsono in Italia, senza riconoscerlo al popolo ucraino, alle prese con la più brutale delle aggressioni. Non si può celebrare Marzabotto senza celebrare, con identico orrore, Bucha. Dunque se il 25 aprile deve essere un momento di verità occorre che si riconosca la validità della resistenza itali
ana al nazifascismo senza giri di parole o mezze ammissioni. Ma bisogna nel contempo che tutte le resistenze a tutte le aggressioni dei regimi totalitari vengano riconosciute come tali. Ci furono in Italia dei giovani, socialisti, comunisti, cattolici, anche preti, liberali e monarchici che si armarono per combattere il nazifascismo. E in tanti morirono. In Europa ci sono giovani di vent’anni che stanno morendo per difendere la loro patria. Qual’é mai la differenza?
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.