Di Ettore Maggi
Il parlamento ugandese ha promulgato, a larghissima maggioranza, una delle più dure leggi anti LGBT al mondo, che prevede la pena di morte o l’ergastolo per alcuni atti omosessuali, fino a 20 anni di carcere per “reclutamento, promozione e finanziamento” di “attività” omosessuali, fino a 14 anni per chiunque venga condannato per “tentata omosessualità aggravata”.
(https://www.theguardian.com/world/2023/mar/21/ugandan-mps-pass-bill-imposing-death-pe
nalty-homosexuality).
L’Uganda si aggiunge alla liste delle nazioni che puniscono l’omosessualità con la pena capitale, come Arabia Saudita, Yemen, Iran, Nigeria e Somalia. Le reazioni nel mondo sono state dure. L’ONU ha dichiarato: “Siamo sconcertati dal fatto che il discriminatorio disegno di legge anti-gay sia ora legge. Violazione sistematicamente i
diritti delle persone LGBT e della popolazione in generale. È in conflitto con la Costituzione e con i trattati internazionali e richiede un’urgente revisione giudiziaria”. I sostenitori della legge invece plaudono al coraggio del presidente Museveni per aver sfidato “la prepotenza degli americani e degli europei”.
(https://www.valigiablu.it/uganda-legge-anti-lgbt-pena-di-morte/)
Questa legge, discussa da molto tempo, pone l’Uganda – regime ibrido secondo il Democracy Index e con gli stessi gravi problemi che affliggono il continente africano – in una situazione delicata. Il paese, a grande maggioranza cristiano, è ultimamente vittima di attacchi di Al Shabaab (la cellula somala di Al Qaeda).
https://www.radiortm.it/2023/06/04/uganda-uccisi-54-soldati-dal-gruppo-estremista-al-shabab/
Le forze militari ugandesi stanno cercando di combattere i jihadisti con aiuti internazionali, che però rischiano di andare persi (come gli altri aiuti medici ed economici) a causa dell’atteggiamento del suo governo e probabilmente il paese finirà sempre di più nell’orbita di Cina e Russia (da cui importa già oltre il 70% dei suoi armamenti.
Tornando alla discussa legge, se ne parlò molto anche in Italia già nel 2019
https://www.open.online/2019/03/26/perche-la-relatrice-del-congresso-delle-famiglie-di-verona-e-contro-gli-omosessuali/
Al convegno di Verona del Congresso Mondiale delle Famiglie,
https://www.dire.it/20-03-2019/310951-avvocata-della-sacra-rota-contro-congresso-verona-altro-che-cattolicesimo-manipolano-vangelo/ sponsorizzato da Lorenzo Fontana (attuale presidente della Camera) della Lega, all’epoca totalmente appiattiti su posizioni russofile e putiniane).
Chi è Lorenzo Fontana, e cosa pensa di Putin e diritti civili
Il Congresso Mondiale delle Famiglie è un’organizzazione dell’alt-right complottista americana con sede nell’Illinois (patria dei celebri nazisti odiati dai Blues Brothers), fondata da Allan C. Carlson, storico ed ex funzionario dell’amministrazione Reagan, nel 1997.
https://www.splcenter.org/fighting-hate/extremist-files/group/world-congress-families
Carlson, assieme ai sociologi russi Anatoly Antonov e Viktor Medkov, riteneva che esistesse una correlazione tra la crisi demografica occidentale e la rivoluzione sessuale e femminista. Con un bilancio di oltre 200 milioni di dollari, l’associazione ha prevalentemente finanziamenti russi. Il suo ambasciatore all’ONU è Alexey Komov. Komov, presente al congresso della Lega nel 2013 in cui fu eletto Salvini, è con Savoini il legame tra la Lega e il Cremlino. Il russo è il presidente onorario dell’associazione Lombardia Russia, diretta da Savoini.
E inoltre Komov è un uomo del miliardario russo Malofeev, https://formiche.net/2022/03/malofeev-salvini-lepen/
Fondatore di uno dei più grandi fondi d’investimento del mondo, tra le altre cose Malofeev è proprietario di Tsargrad, tv di propaganda russa diretta per alcuni anni da Aleksandr Dugin e della fondazione S. Basilio, che ha finanziato propaganda filorussa e anti-europeista e soprattutto è stato il datore di lavoro di Igor Girkin, ex (?) colonnello dell’FSB russo artefice principale delle operazioni militari del 2014 che portarono all’annessione russa della Crimea e all’inizio della guerra in Donbass.
https://it.insideover.com/schede/guerra/igor-girkin-luomo-di-putin-nel-donbass.html
In conclusione, se sul fronte ucraino Putin segna il passo, su quello africano sembra avanzare.