Eccallà. Ci risiamo, entrambi. Ci risono io, che mi ero ripromessa di non commentare primarie, congressi e candidati del PD; e poi c’è il PD, che me le serve sul piatto d’argento. Il PD che ci ricasca, con la sua vecchia menata dei “Volti nuovi”.
Io non ce la faccio, mi spiace davvero ma quando sento questo slogan demenziale, che da anni ci propinano sentendosi particolarmente cool, mi cade tutto quello che può cadere, sentito il tonfo? Tonfo che diviene boato, se penso che questa parola d’ordine, con ogni probabilità, è sortita dalla brillante mente dell’unico, mitico, machiavellico, sempiterno e sempre defilato mister Dario Franceschini.
Ricordate: se volete fare politica, appoggiare il deretano alla scranno e non lasciarlo più, allora, dovete essere in quota Franceschini, il burattinaio invisibile. Il buon calcolatore, vecchia scuola democristiana.
Nel panorama e nella mentalità ancora preponderante in Italia io, coetanea di Elly Schlein, sono considerata una giovane, una ragazzina. Assumendomi la responsabilità di “rappresentare” questi giovani, posso affermare convintamente che in politica non servono “volti nuovi”, ma persone capaci, persone competenti. In quale misura un volto nuovo può essere sinonimo e garanzia di miglioramento? La risposta è ovvia, in nessuno.
La storia dei “volti nuovi” è l’ennesimo, e ormai reiterato, tentativo di attirare un pubblico e, di conseguenza, un consenso che si basa sul nulla, sull’umore del momento e sulla reazione a uno slogan che sembra efficace. Su questa efficacia ci sarebbe poi da discutere, viste le sempre più deludenti performance del maggior partito di opposizione.
Il principio del “volto nuovo” è inoltre ulteriore dimostrazione di inconsistenza tanto politica, quanto ideologica. L’accento è ancora una volta puntato sulla persona e non sulle idee, sui programmi o sui principi da cui si muove un progetto politico.
E’ ancora una volta il personalismo a fungere da chiave di volta, lo specchietto per le allodole e per i boccaloni. La scelta è sempre ragionata, ad effetto e, con la vittoria di Giorgia Meloni, anche di rincorsa.
L’obiettivo, via via più miserrimo, è il galleggiamento e non certo il desiderio di mettere in campo un’idea, una progettualità a lungo termine, in cui si crede fortemente, e nemmeno, va da se, il coraggio di perseguirla con la consapevolezza che, per realizzarla, bisognerà scontrarsi talvolta con l’impopolarità. E’ evidente che nel Partito Democratico la discussione orientata a creare un’identità e, di conseguenza un reale disegno per il Paese, non solo non è presente, ma nemmeno interessa: i volti nuovi si alternano a richieste di voti utili.
La mancanza di interesse per la politica, gli ideali e i principi si ribadisce e traduce nella mancanza di rispetto nei confronti dei propri militanti, a cui si propone come possibile candidata alla segreteria, una non tesserata e – ed è obbligatorio evidenziarlo- si mortifica quella base attiva che, con passione e sacrificio, si spende tutto l’anno e tutti gli anni per portare la presenza della politica nei territori, che cerca di inserirsi nei dialoghi locali, che organizza eventi, feste, conferenze e tesseramenti, che fa proselitismo e che ora si vede sottrarre la capacità decisionale.
Al voto dei circoli va ad aggiungersi quello delle masse popolari che si prestano, inconsapevoli, a un gioco meschino atto a dimostrare che non solo alle urne, con lo scempio rappresentato dalle leggi elettorali a listino bloccato, ma anche all’interno del partito politico, sulla base di non so che genere di statuto, la decisione non è del popolo degli attivisti, del Consiglio o dell’Assemblea generale, ma dei vertici.
Accade così che, quando le previsioni interne non soddisfano le aspettative dei galleggiatori, ci si attiva in modo tutto si compia (guadagnandosi anche qualche soldino) gattopardianamente: tutto deve cambiare affinchè nulla cambi.
Questa è la fine dell’idea di politica, di rappresentanza e di democrazia interna ed esterna. Questa è la fine della base del partito, differenziata dagli altri, dai non tesserati, perchè alla bisogna va a cuocere salamelle o ad affiggere locandine.. Coloro che hanno voluto questo restano al proprio posto e, distribuendo quote, galleggia. Galleggia come un veliero, insieme al resto della combriccola però loro, a differenza di un veliero, son più piccoli, informi e maleodoranti.