“Parigi brucia?” chiedeva ripetutamente Hitler a Dietrich Von Choltitzl, governatore militare tedesco in Francia, all’indomani dello sbarco in Normandia.
Anche allora era estate, esattamente agosto del 1944, e il folle dittatore nazista aveva dato ordine, prima della ritirata tedesca, di mettere a ferro e fuoco Parigi e distruggere tutti i suoi monumenti più significativi e i simboli della sua bellezza e della sua storia.
Se oggi Parigi esiste ancora è perché Dietrich Von Choltitzl disobbedì, comprendendo la follia dell’ordine.
Oggi come allora e allora come oggi, Parigi rischia di bruciare e con essa tutta la Francia.
Nel paese del buon vino e della “r roulé” è stato di allerta in tutto il territorio dopo le notti di tensione per l’uccisione di un diciassettenne da parte di un poliziotto durante un semplice controllo.
È successo a Nanterre e il ragazzo di origini arabe si chiamava Nahel.
Anche stavolta la Francia brucia, ma a causarne il disastro non è un dittatore crudele e feroce ma la protesta della folla.
A Nanterre, periferia di Parigi, una banca è stata incendiata e le fiamme minacciano le abitazioni vicine. Al porto vecchio di Marsiglia si sono verificati violenti scontri tra manifestanti e polizia. A Lione, nel quartiere di Villeurbanne, è stato incendiato un palazzo.
Il contagio della violenta protesta si estende anche al Belgio e a Bruxelles è stata disposta una forte mobilitazione della polizia, in particolare nella zona sud del centro cittadino dove sono stati accesi diversi incendi.
Gli appelli dei manifestanti a raduni in diverse città francesi sono numerosissimi e la mobilitazione dello Stato è totale.
I servizi francesi ritengono poco probabile che torni la calma nelle prossime ore o giorni, e frattanto sono stati mobilitati oltre ai 40.000 tra poliziotti e gendarmi oltre a unità specializzate in interventi particolari, come le teste di cuoio della gendarmeria e del Riad, unità antisommossa.
Il governo batte il pugno e il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin ha dichiarato che “le forze in campo saranno il quadruplo” mentre il ministro della Giustizia, Eric Dupond Moretti ha detto che “Tutti quelli che sputano sulla polizia e sulla giustizia sono i complici morali di quello che sta succedendo.”
La mamma del giovane ragazzo ucciso ha detto di non avercela con la polizia, “ce l’ho con una persona: quello che ha tolto la vita a mio figlio”, Mounia M. nell’intervista rilasciata a France 5 ha anche aggiunto “lui non doveva uccidere mio figlio, c’erano altri modi di agire. Un proiettile? Così vicino al suo torace? No, non posso crederci. Ci sono altri modi di farlo uscire dalla macchina. Uccidere dei ragazzi cosi…per quanto tempo ancora?”.
Secondo la donna, il poliziotto “ha visto una faccia da arabo, quella di un ragazzino, e ha voluto sparare per ucciderlo”.
Anche in Francia purtroppo, un paese molto più cosmopolita dell’Italia e da moltissimo tempo abituato all’integrazione, si stanno diffondendo sentimenti xenofobi, una innaturale ostilità a chiunque sia straniero che si traduce in diffidenza e sospetto anche tra chi, come le forze dell’ordine dovrebbero mantenere professionali atteggiamenti di autocontrollo.
Il mantra Salviniano, che per diversi anni è stato predicato in Italia, “straniero è brutto e delinquente” è stato probabilmente contagiato anche oltr’alpe.
La differenza è che lì c’è un popolo che si ribella e protesta, da noi no.
Evidentemente in Francia hanno capito che i confini sono solo un tratto di matita tracciato su una carta geografica.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.
1 commento
La Francia era un paese cosmopolita e accogliente fino a quando lo stato sociale ha funzionato bene ma poi anche nella patria dei diritti dell’uomo pian piano si è insinuata la logica del profitto e della competizione come riferimento sociale: competizione e inclusione non vanno d’accordo nemmeno nei film e quindi…
Lo stato sociale è diventato mero stato assistenziale, le utopie urbanistiche del dopoguerra sono diventate le mostruose banlieu in rivolta e in generale: libertà, uguaglianza, fratellanza solo per chi se lo può permettere…
Il problema alla radice è di ordine culturale: oggi qualunque progetto che suona anche vagamente come socialista è bollato di eresia da parte della cultura dominante il cui orizzonte è una società di mercato assoluta.
La realtà poi torna sempre a bussare alla porta e spesso in modo virulento come adesso avviene in Francia.