di Alessandro Perelli.
Non c’è proprio pace per il Premier inglese Rishi Sunak. Dopo aver assorbito a fatica le conseguenze degli scandali che avevano portato alle dimissioni di Boris Johnson, dopo aver preso atto dai sondaggi della notevole perdita di consenso dei Tory, dopo aver visto il Paese paralizzato da vari scioperi e manifestazioni di lavoratori scontenti per i bassi salari, pensava , a un anno dalle elezioni politiche, di godete un periodo di relativa calma amministrativa tipico di una campagna elettorale già di fatto iniziata. Ci ha pensato la Corte di Appello britannica a rimetterlo sulla graticola con un pronunciamento che giudica illegale un provvedimento preso nell’ era Johnson e punto irrinunciabile del programma conservatore che sanciva il trasferimento in Ruanda dei migranti. La storia di questo provvedimento aveva, per la verità , gia’ subito un primo blocco dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo alla quale , nonostante la Brexit la Gran Bretagna ancora aderisce. Essa infatti, applicando l’ art.39 che tutela le persone da un rischio irreparabile, aveva fatto rinviare il primo volo di migranti irregolari dal Regno Unito al Ruanda nell’ ambito del contestato e per certi versi vergognoso accordo raggiunto da Boris Johnson con Kigali. Il piano prevedeva di deportare nel Paese africano una parte consistente dei richiedenti asilo in attesa di risposta alle domande di protezione . Di fatto si consegnava nelle mani delle autorità ruandesi, dietro la corresponsione di ingenti quantità di denaro ,migliaia di clandestini che sarebbero stati accolti in strutture appositamente costruite in Ruanda dopo un’ analisi delle singole situazioni o sarebbero stati rispediti ai Paesi di origine o avrebbero potuto stabilirsi in Ruanda o in qualche altro Stato disposto ad accoglierli. Molte erano state le critiche a questa decisione del Governo inglese non solo da parte di associazioni umanitarie e da Ong ma anche dai vertici della Chiesa protestante. Anche l’ Unione Europea aveva stroncato il provvedimento rilevando in esso un attacco ai diritti civili ed umani . Ma i Governi conservatori succedutisi a quello di Johnson avevano tirato dritto forti anche del consenso che , secondo alcuni sondaggi, avevano avuto dalla popolazione inglese. Pero’ a Corte di Appello britannica ha giudicato illecita questa prassi difesa anche recentemente dalla Ministra dell’ Interno di Londra Suella Braverman . Il verdetto che ha visto due giudici a favore e uno contrario giudica il Ruanda come Paese non sicuro e inadatto a ospitare queste persone. Bloccata quindi l’ iniziativa del Governi inglese nonostante i 140 milioni di sterline già investiti e recapitati al Presidente ruandese Paul Kagame che sottoscrivendo questo accordo cercava di allargare il suo consenso internazionale venendo in aiuto agli Stati che si pongono il problema dell’ arrivo dei clandestini. Per la verità il Ruanda aveva già fatto una piccola esperienza di questo tipo con Israele che tra il 2014 e il 2016 aveva cola’ inviato,su base volontaria, quattromila sudanesi ed eritrei. Esperienza presto terminata e giudicata inutile, dannosa e costosa. Adesso la palla passa nuovamente all’ Esecutivo inglese . Rishi Sunak ha già annunciato che fara’ ricorso alla Corte Suprema. Ma il clima sembra essere diverso da qualche anno fa’. Gli Inglesi non paiono così nettamente a favore di questa scelta e in un periodo ormai elettorale e’ meglio per i conservatori tenere un profilo piu’ basso su un inumani provvedimento che convince sempre di meno e la cui attuale inefficacia potrebbe essere sfruttata politicamente dall’ opposizione laburista sempre in costante ascesa di consensi. Un’ piccolo aiuto forse l’ hanno avuto dalla nostra Premier Meloni che,senza entrare nel merito del provvedimento specifico, ha solidarizzato con il Governo di Londra, sulla necessità di risolvere il problema dell’ ingresso dei clandestini nei due Paesi.