Di Alessandro Perelli.
Sono sempre più marcate le preoccupazioni internazionali sulla situazione della Tunisia, il Paese dell’Africa mediterranea che con la “primavera araba” del 2011 aveva suscitato tante speranze di rinnovamento e di aperture democratiche e liberali. Non si può certamente dire che le iniziative del Presidente della Repubblica Kais Saied siano state in linea con lo spirito della rivoluzione che aveva portato alla caduta di Ben Ali e alla formazione di un Governo legittimato dal consenso popolare. Con la scusante della giusta lotta alla corruzione, Saied si e’ liberato di un governo e di un Parlamento regolarmente eletti, del principale organismo della magistratura, di una Costituzione che era stata definita all’avanguardie per la salvaguardia dei diritti democratici per sostituirli con delle riforme che di fatto riducono i poteri del Parlamento, assegnano all’ Esecutivo un ruolo assolutamente subalterno al Capo di Stato (cioè a lui), trasformano di fatto la Tunisia in una Repubblica presidenziale, con margini di operatività per le opposizioni molto limitati. Vi e’ poi il progressivo aggravarsi di una situazione economica che pesa sempre di più sui cittadini anche per questo sempre più disillusi da una classe politica che si è rivelata incapace di incidere positivamente e che ormai e’ pesantemente delegittimata agli occhi dell’ opinione pubblica. I prezzi hanno subito notevoli aumenti, certi prodotti faticano a essere reperibili nei negozi, l’inflazione galoppa, la disoccupazione spinge i giovani ad emigrare per cercare lavoro. Il Paese rischia il default soprattutto dopo la decisione del Fondo Monetario Internazionale di bloccare un prestito essenziale per cercare di alleviare la drammatica crisi economica. Sullo sfondo il problema di un terrorismo che in queste condizioni trova terreno facile di espansione e la questione delle migrazioni che angoscia l’Unione Europea e soprattutto l’ Italia. E’ proprio per questo motivo che il nostro Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si e’ recato nei giorni scorsi a Tunisi dove e’ stato ricevuto dal Presidente Kais Saied e dal duo omologo Kamel Fekih. La tradizionale cooperazione sul tema della sicurezza tra i due Paesi e’ stata al centro dei colloqui che hanno toccato in particolare la questione delle partenze dal suolo tunisino di migliaia di clandestini che con barconi spesso assolutamente inaffidabili invadono le coste della nostra penisola soprattutto a Lampedusa, in Sicilia e nel Sud. Questi disperati, di provenienza anche sub sahariana, sono in mano a trafficanti di esseri umani contro cui va condotta una azione da parte tunisina per bloccare le partenze e contrastare le loro iniziative che mettono a serio rischio la vita dei migranti e la stessa incolumità dai soccorritori. Il nostro Paese sta fornendo un sostegno finanziario alla Tunisia per sorvegliare le frontiere marittime e terrestri, per contrastare le reti di trafficanti e confiscare le loro imbarcazioni e per soccorrere in mare i migranti e riportarli sulla terra ferma. Mancano però le garanzie sul loro trattamento nei luoghi di raccolta che spesso dispongono di strutture inadatte e fatiscenti sprovviste degli standard minimi di accoglienza umana. Assistenza tecnica, intelligence e forniture fanno parte del bagaglio di aiuti che l’Italia si e’ impegnata a fornire a Tunisi per riuscire a bloccare l’arrivo dei clandestini. Il Presidente Saied d’altra parte e’ convinto che questa collaborazione gli permetta di essere considerato un interlocutore credibile a livello europeo e gli permetta di avere mani libere all’interno. Ma deve fare i conti con la crisi economica. Per questo motivo sta cercando possibili soluzioni alternative al prestito, attualmente bloccato, del Fondo Monetario Internazionale. E le soluzioni alternative si indirizzano su quei Paesi (in primo luogo Cina e Russia ma anche Stati Arabi in lotta con Israele) che allontanerebbero la Tunisia dall’Occidente, dall’Europa e dalla dipendenza monetaria del dollaro. Anche per questo motivo l’Italia si sta muovendo, a livello internazionale, affinché vengano ripristinati al più in prestito gli aiuti finanziari promessi e ha lanciato il piano Mattei per sostenere lo sviluppo economico e la stabilizzazione sociale di questo Paese. Se ne è fatta interprete anche la Premier Giorgia Meloni a Hiroshima dove ha auspicato un approccio concreto ai problemi della Tunisia e un allargamento del G7 all’ Unione Africana.