Di Giovanni Crema
La creazione di occupazione giovanile è una priorità della politica e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro poiché i giovani sono il potenziale futuro dell’economia mentre, per assurdo, rischiano di essere emarginati dal sistema.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e l’Unione Europea, da tempo, hanno adottato iniziative per arginare la disoccupazione giovanile come il rinnovamento dell’istruzione che per la maggior parte è inadeguata e incapace di dotare agli studenti gli strumenti necessari.
Pochi anni fa il 38% dei posti di lavoro nel mondo è rimasto vacante a causa della mancanza di giovani in possesso delle competenze e conoscenze richieste, nonostante si attribuiscano loro capacità più aggiornate rispetto a quelle dei lavoratori più anziani.
Analogamente in Germania nel decennio 2020-2030 mancheranno circa un milione di giovani esperti in ambito scientifico e tecnologico. Pertanto si è dato impulso alle scuole professionali tedesche e anche a programmi a livello europeo che permettano agli studenti di acquisire maggiori competenze grazie ad esperienze internazionali.
Nel contempo si ricerca una migliore pianificazione dei contenuti curricolari che rispecchino direttamente le esigenze in continua evoluzione delle aziende.
Gli attuali problemi economici hanno accresciuto l’importanza del lavoro temporaneo, non solo nei Paesi europei. Rispetto ai contratti a tempo pieno, questa forma di occupazione permette di ridurre i costi. Da qui l’acceso dibattito sulla completezza e i contenuti della normativa, nonché sulla regolamentazione del lavoro e i contratti collettivi.
Nulla di tutto ciò sarà sufficiente se i governi non elimineranno il dualismo interno al mercato del lavoro che limita la possibilità per i giovani di passare da un lavoro temporaneo a uno di migliore qualità.
Vale la pena soffermarsi sulla natura temporanea e precaria dell’occupazione giovanile. Il numero di giovani che lavorano a tempo parziale in Paesi come la Grecia, l’Italia e la Spagna supera circa il 10% la media degli altri Paesi dell’Unione Europea.
Appare sempre più auspicabile garantire ai giovani una maggiore soddisfazione, in quanto si tratta di una parte della popolazione che soffre pesantemente gli effetti della disoccupazione e ha bisogno di sentirsi più apprezzata e rappresentata.
1 commento
L’occupazione giovanile è una imprescindibile priorità, figurando indubitabilmente tra i pilastri su cui va giocoforza a poggiarsi il futuro della nostra società, ma si tratta pur tuttavia di problematica resa oltremodo complessa da una molteplicità di fattori, a cominciare dalla predisposizione e vocazione di ciascuno verso l’apprendere l’uno o altro mestiere, o professione, e al modo in cui la Scuola può fornire la relativa formazione (oltre naturalmente alle richieste che vengono dal mercato del lavoro).
Mi sembrerebbe inoltre affatto secondario un altro aspetto, solo apparentemente collaterale, ossia la legittimazione che ognuno di noi può far avvertire ai nostri giovani, qualunque sia la loro occupazione, vuoi per gratificarli e farli sentire utili, vuoi perché questi anni ci hanno insegnato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che tutti i lavori sono necessari per una collettività, pur se la rispettiva retribuzione andrà poi commisurata a competenza, preparazione, livello di impegno e responsabilità, ecc..
Paolo Bolognesi 31.03.2023