No, non è vostra sorella Elly, è l’onorevole Schlein. Non è la Schlein, è Schlein e basta. Data la recentissima vittoria di Elly Schlein alle primarie del Partito Democratico, non ho potuto fare a meno di notare quante volte venga chiamata semplicemente per nome, ancor peggio “il segretario”. Non ho sentito nessuno appellarsi a Bonaccini con il suo nome, nessuno si permette. Al netto delle divergenze politiche, l’unica differenza tra Bonaccini e Schlein è il sesso. Una dei due è una donna.
La questione nomi e cognomi e quella degli articoli non è superficiale e poco utile alla causa, e le ragioni non sono poche.
È un fenomeno che accade solo e unicamente per le donne che, come al solito, devono impegnarsi il doppio rispetto ai colleghi uomini per farsi rispettare.
Sì, chiamare una persona per cognome è una questione di rispetto, di cui le donne non godono. Quando parliamo non veniamo ascoltate, e se gli uomini della situazione si convincono di saperne più di noi, dobbiamo subire pure mansplaining.
Per non parlare di quando si interessano (si fa per dire) a questioni femministe solo per arrivare e spiegarci come noi, donne, dobbiamo essere femministe. Ma anche anteporre l’articolo determinativo solo davanti ai cognomi di donne è alquanto odioso.
È proprio necessario marcare che quella sia una donna? Sorvolando sul fatto che sia una questione di elementare grammatica italiana, non ho mai sentito nessuno dire il Draghi o il Grillo, ma sento e vedo sempre la Meloni, la Boldrini e la Schlein.
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Tutto questo è la causa di situazioni come quella attuale: una leader donna non è abbastanza rispettata da essere chiamata per cognome.
Le donne in politica sono merce rara, e le poche che ci sono vengono continuamente sminuite. Se il vicepresidente degli Stati Uniti fosse uomo, nessuno lo chiamerebbe per nome, a differenza di quanto avviene per Harris, che spesso viene appellata solo per nome, Kamala. Io non conosco alcuna Kamala, io conosco Harris o al massimo Kamala Harris, la vicepresidente degli Stati Uniti.
Non sono problemi esistenti solo nel mondo della politica: dove ci sono donne ci sono discriminazioni. Sono poche le scienziate, le dirigenti aziendali, le ingegnere, le architette eccetera eccetera.
Questo eccetera è una piaga, necessitiamo di donne in tutti gli ambiti, non solo come casalinghe e maestre, ma per noi la strada è più dura.
Prendiamo l’esempio della grande Samantha Cristoforetti, un’astronauta italiana che sta percorrendo una carriera pazzesca. Nei titoli dei giornali viene chiamata per nome quando va bene, se va male vengono coniati fantasiosi soprannomi del calibro di “Astro-Samantha” o obbrobri lessicali del genere.
Poi si passa alle battute sull’aspetto fisico, onnipresenti quando si parla di donne che non ricalcano alla perfezione qualche astruso canone di bellezza, perché si sa che se una donna sulla stazione spaziale internazionale non è perfetta, l’universo potrebbe implodere su sé stesso da un momento all’altro.
È semplice capire perché per le donne è molto difficile distinguersi: da loro, da noi, pretendiamo troppo. Siamo abituate a metterci in discussione più degli uomini, siamo più restie a parlare e a dire la nostra, per noi è difficile dire di no a un uomo. Per farci rispettare iniziamo a pretendere di essere chiamate con il cognome nelle giuste situazioni, sempre.