di Alessandro Perelli.
I Parlamenti di Ungheria e Turchia sono i soli a non aver ad oggi ratificato, come previsto dalle norme, l’ingresso di Svezia, e Finlandia nella NATO. Mentre per Orban pare solo questione di tempo Recep Erdogan gioca al rialzo nei confronti di Stoccolma. Le richieste turche relative soprattutto alla collaborazione per perseguire i terroristi curdi rifugiatisi in Svezia sono state in gran parte recepite ma non accontentano ancora Ankara che ha fatto pervenire ulteriori sollecitazioni. Queste sono state dichiarate inaccettabili dal Premier svedese Ulf Kristersson. È abbastanza evidente come Erdogan si muova con un atteggiamento ambiguo. Da una parte disponibile alle pressioni del Segretario generale della Nato Stoltenberg, dall’altra sensibile alle posizioni di Mosca che giudica improponibile l’adesione e con la quale mantiene aperto il dialogo per cercare una via di uscita rispetto al problema dell’ invasione dell’ Ucraina. Di fatto quindi il cammino di integrazione delle due repubbliche scandinave nell’ Alleanza atlantica e’ bloccato. Per tutte e due. Infatti la Finlandia, tramite il suo Ministro degli Esteri Pekka Haavisto ha fatto sapere che per entrare nella NATO aspetterà il via libera a Stoccolma. La Svezia, che ricopre la Presidenza attuale di turno della U.E. ha confermato la sua linea intransigente sul rispetto dei valori democratici e dello stato di diritto e correntemente non può accettare i ricatti di Erdogan ed estradare i dissidenti curdi e turchi. La questione riguarda proprio la salvaguardia dei diritti di libertà e di libera espressione non certo gli atti di terrorismo. Questa è la linea seguita sia dal precedente Governo socialista che da quello odierno conservatore di Stoccolma. Linea condivise ampiamente dai cittadini svedesi se è vero che un recente sondaggio ha rilevato che il 79% degli svedesi si è dichiarato a favore delle norme legislative che impediscono il consenso alle richieste turche e che questa linea non dovrebbe essere oltrepassata neppure se ciò significasse il ritardo all’adesione alla NATO. Erdogan invece continua a assimilare i terroristi a quelli che non la pensano come lui. Ai primi di dicembre aveva ottenuto un parziale successo ottenendo l’estradizione di Bulent Kenes un giornalista suo oppositore che aveva accusato di essere coinvolto nel tentativo di colpo di stato ai suoi danni del 2016, ma la Corte Suprema svedese l’ ha bloccata giudicandola in contrasto con i principi di libera opinione e valutando le accuse un pretesto per impedire la libera esplicazione di un pensiero critico nei confronti del regime di Ankara. Così sta proseguendo questo impasse che impedisce l’ adesione alla NATO dei due Paesi proprio in un momento in cui si fa più assilante la necessità di una difesa degli Stati scandinavi e baltici dalla minaccia russa. In questo atteggiamento di Recep Erdogan, che ,tra l’altro, anche sul fronte siriano usa la questione curda per avvicinarsi a Mosca, giocano sicuramente anche motivi interni. In Turchia, , il 18 giugno ,si svolgerà elezioni parlamentari e presidenziali. Il Partito della giustizia e dello sviluppo, al potere, l’ Alkp e il suo alleato, il Partito del Movimento nazionale hanno perso consensi in modo significativo. Erdogan intende utilizzare la carta del nazionalismo e del sentimento anticurdo per fare dimenticare i guai economici e risollevare ,a scapito delle libertà democratiche,le sue sorti. Giocano a suo favore anche le ultime iniziative del leader dell’estrema destra svedese Palutan che ha bruciato una copia del Corano, negli ultimi giorni di gennaio, davanti alle ambasciate turche di Stoccolma e Copenaghen.