Di Fabrizio Montanari
Quali soldati può la resistenza trovare in tutte quelle contadine e giornaliere che si decidono a far la treccia solo nella stagione invernale e che in alcuni luoghi, come nel Mantovano, si contentano perfino di 3 o 4 centesimi al giorno, perché questo lavoro esse non lo fanno proprio pel pane, ma o per un po’ di companatico o per comprare il fazzoletto, il pacco di cipria e così via?
Era alla luce di quelle e altre considerazioni che, nel 1902, Nicodemo (Nico) Gasparini, segretario della CdL di Guastalla, considerava le Leghe di truciolai, degli addetti cioè alla lavorazione della paglia di salice e delle trecce, insufficienti a elevare le condizioni di lavoro e a contrastare la speculazione degli industriali. Era convinto che, per superare il carattere stagionale di quel lavoro, svolto soprattutto dalle donne, e per non considerarlo più come una attività sussidiaria e di sostegno al lavoro agricolo degli uomini, bisognasse organizzarsi in cooperativa di lavoro e di prodizione. Quelle considerazioni Gasparini le espresse con forza nel corso del secondo congresso provinciale della CdL dell’ottobre 1902, che registrò l’estrema debolezza delle Leghe di fronte alle pretese degli agrari.
La polemica e la competizione tra i sostenitori delle leghe e coloro che volgevano lo sguardo alle cooperative si trascinò a lungo, anche se alla fine, per le mutate condizioni di mercato e l’appoggio determinante della CdL, retta da Vergnanini, la scelta che si rivelò vincente fu proprio quella sostenuta dallo stesso Gasparini. Nel 1907 le società di pagliari e di trecciaie erano più di 70 e il numero dei soci superava i 500.
Nato a Gualtieri nel 1874 non intese continuare il mestiere d’artigiano dei genitori, perché affascinato dalla parola e dalle idee di Prampolini.
Si dedicò pertanto all’agitazione politica e sociale, studiò le problematiche economiche dei lavoratori della zona rivierasca del Po, diventando presto un qualificato organizzatore sindacale dei braccianti e delle mondine della Bassa reggiana. Schierò tutta la CdL di Guastalla in favore dei lavori di bonifica, che considerava decisivi per lo sviluppo economico di quel territorio e un importante fattore per migliorare la salute pubblica.
La sua convincente oratoria contribuì non poco a farlo considerare l’attivista socialista più seguito dalle masse popolari della zona. Accompagnò Prampolini in tutti i comizi e in ogni assemblea, indicandolo ai compagni accorsi come il “Cristo laico”, che avrebbe creato le condizioni della futura società di liberi e uguali. Allacciò anche amichevoli rapporti di collaborazione e d’amicizia con Roversi, Zibordi, Vergnanini, Storchi, Sichel, che provarono sempre nei suoi confronti la massima stima e considerazione.
Gasparini può anche essere considerato il primo organizzatore del movimento femminile della Pianura padana, tanto da meritare il plauso ed essere citato ad esempio della stessa Anna Kuliscioff. Come segretario della CdL non risparmiò il suo appoggio alle lotte dei braccianti, dei muratori e dei carrettieri, incoraggiandoli sempre a costituire associazioni e cooperative.
Gasparini riportò i suoi convincimenti in lunghi articoli su la Gazzetta guastallese e sulla Piazza, perché tutti, soprattutto gli avversari, potessero riflettere sulle reali esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie, ma anche perché i proletari fossero consci della forza che avrebbero potuto esercitare se uniti, specie in cooperativa.
Guidò gli scioperi degli operai edili del 1911/12 e nel 1919 quelli dei lavoratori agricoli. Nel 1912 fondò una scuola di cultura e di educazione civica, le cui finalità vennero da lui così riassunte sulla Giustizia del 18 dicembr 1912: “Ci distribuiamo dei temi, li svolgiamo nelle nostre case, e poi nelle riunioni generali, presenti tutti gli alunni, ne diamo lettura e li classifichiamo”.
Oltre all’attività di sindacalista, Gasparini ricoprì anche la carica di presidente della Congregazione di carità con sede presso l’ospedale Felice Carri di Gualtieri, che allargò e rese più consona alle esigenze degli ospiti.
Durante la sua vita dovette assistere, lui convinto pacifista, ai due conflitti mondiali del Novecento. Antifascista, nell’aprile del 1921 la Camera del Lavoro di Guastalla fu devastata dagli squadristi e Gasparini subì una violenta bastonatura, a seguito della quale fu costretto, non intendendo abiurare la sua fede socialista, a ritirarsi a vita privata.
Il resto dei suoi giorni li visse in miseria, circondato dall’affetto e dall’aiuto anche materiale degli amici e compagni di un tempo, che non dimenticarono mai la sua rettitudine morale e le tante battaglie sindacali da lui combattute in difesa dei più deboli.
Morì a Gualtieri nel 1949, ospite dell’istituzione che aveva presieduto e sviluppato, in una piccola stanza della Palazzina dei Marchesi Malaspina, nel 1949.