Di fronte ai drammatici eventi che scuotono l’Ucraina ed il Medioriente, che vedono focolai di guerra spingersi in Asia centrale, che non mancheranno di riaccendersi nei Balcani e che rimbalzeranno in estremo Oriente per la questione di Taiwan e dell’egemonia sul Pacifico Meridionale, appare sempre più rilevante l’irrilevanza dell’Unione Europea e la sua miopia politica, insieme ad una incapacità di disegnare per il nostro Continente un’identità propria, seppure dentro la collocazione Occidentale.
Per non parlare dell’Italia, via via retrocessa – grazie al “blocco carolingio” dell’Unione Europea – da “stato fondatore” a quella che Metternich definiva “espressione geografica” e relegata infine a “destinazione turistica” prima e a “stazione immigratoria” poi.
Non posso, a fronte di ciò, che limitarmi a segnalare i due video di analisi lucida, risalente a trent’anni fa, di uno statista, sepolto sull’altra sponda del Mediterraneo, che faceva parte di un sistema politico certamente “corrotto”, cioè etimologicamente “rotto nel suo insieme”, ma che ancora rivendicava l’autonomia della politica sulla finanza e almeno una relativa sovranità nazionale, pure in uno scenario disegnato dall’appartenenza a grandi “blocchi geopolitici”.
Quel sistema era assai meno liberista e molto più liberale di quello attuale, assai meno monetarista e molto più espansivo di quello presente, assai meno conformista e molto più vivace di quello odierno, assai meno omologato e oppressivo di quello in cui – come maestrine orwelliane dalla penna rossa (o blu o…rosa) – qualcuno è sempre pronto a dettare a tal punto le regole del “discorso”, da proibire persino l’uso di talune parole (e quindi di taluni pensieri), da sostituirsi prontamente con quelli “politicamente corretti”, a pena di sanzioni penali e pecuniarie per chi non vi si conforma.
Come diceva quel grande reazionario che fu Nicolas Gomez Dàvila, è noto che “le democrazie esercitano di preferenza la tirannide attraverso il potere giudiziario”.
Chi, dunque, lo invocava contro quello statista, paghi oggi le conseguenze della propria sopravvenuta irrilevanza, se – come accade – è di nuovo un giudice (o una giudice) a “dettar legge”.
Ebbene il “torto più grande” di quello statista fu in primo luogo il coraggio mostrato proprio su una questione tragica come quella del popolo palestinese, quando disse “no” alla piu “grande Democrazia” del pianeta e all’“unica Democrazia del Medio Oriente”.
L’altro torto fu (anzichè starsene zitto) quello di preannunciare per l’Unione Europea e l’Euro un futuro tutt’altro che radioso, dato che aveva rinunciato a difendere una propria autonoma identità e il diritto alla vita dei popoli che a lei guardavano. Ci raccontavano che avremmo “lavorato un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più” (come gongolava un futuro Presidente di nascita emiliana), salvo aggiugere: “Io da presidente della Commissione Europea rappresento l’Italia ma sono servo dell’Europa”. E Tommaso Padoa Schioppa precisava: “L’Europa si è fatta seguendo un metodo che si potrebbe definire col termine dispotismo illuminato… Si può dunque parlare di democrazia limitata”.
Invece quello statista non voleva essere servo di nessuno, nè sottostare a dispotismo alcuno (illuminato o meno che fosse), anzi metteva in guardia da un’Europa distopica, in preda alla disoccupazione ed alla conflittualità sociale.
Venne additato come un animale selvatico cui dare la caccia, per preparagli sino alla fine dei suoi giorni un futuro coi ceppi e la maschera di ferro. Braccato, non si lasciò prendere vivo e non tacque mai.
Fu uno statista impareggiabile e ancor più incorregibile e come politico fu persino peggio.
Rifiutava di essere “secondo per tradizione”, sapendo di essere “primo per intuizione”.
Era un progressista, ma solo se riusciva anche ad ammirava il paesaggio, sentendosi libero ogni tanto di voltarsi indietro.
Inventò il “socialismo tricolore”, perchè il suo socialismo non poteva essere solo uno tra i molti grigi socialismi democratici, apolidi e internazionalisti e, nonostante le caricature, voleva essere ben diverso dal tragico “socialismo nazionale”. Ambiva ad essere assai più rispetto al tiepido “pluralismo liberale” e pervicacemente rivendicava di essere opposto al plumbeo “socialismo reale”.
Non dimenticava di essere italiano, perchè, da europeista convinto, sapeva bene che, se avesse rinunciato al proprio “genio italiano” per essere astrattamente un “buon europeo”, sarebbe divenuto solamente un “cattivo americano”.
Morì in esilio, ma libero e, invece di tacere, continuò a parlare.
E parla, parla, parla anche ora, soprattutto ora, da morto.
… mentre è lì, che guarda l’Italia da quel versante del Mediterraneo che oggi, per nemesi storica, è impotente a fermare l’ondata di profughi che sbarcano sulle nostre coste, divenute l’inutile frontiera lungo la quale si spiaggiano i rottami di una politica estera italiana, muta di voce propria e divenuta ventriloqua degli interessi altrui.
… mentre l’Occidente declina, incapace di affermare la propria egemonia altro che con le armi, la sua tomba è lì, sul versante opposto del Mediterraneo, a guardare – lungo tutto il vasto orizzonte dei paesi che vi si bagnano – il cielo tingersi di sangue, perchè la guerra è la condizione naturale delle relazioni tra popoli e nazioni, quando la politica fallisce.
L’intuizione è la percezione del sensibile prima che accada l’inevitabile.
E una grande intelligenza non è solo più grande di un’altra simile, è di un’altra indole.
“La mia libertà equivale alla mia vita” ha voluto fosse scritto su un libro aperto sulla sua tomba.
Gli italiani, partecipando alla “caccia al cinghiale”, come cani assetati di sangue, sono caduti nel lacci che gli erano stati tesi.
Ora gli italiani non hanno più la libertà e a breve non avranno la vita.
La demografia ha già dato il suo verdetto.
E non avranno nemmeno una tomba, solo una fossa comune.
1 commento
Credo che un enorme pregio di quel grande statista sia stato il saper essere internazionalista senza mai rinunciare al sentimento patriottico e identitario, nel senso di esser riuscito a coniugare due dimensioni talora non semplici da tenere insieme, così come l’aver sempre saputo da che parte stare sul piano internazionale, senza tentennamenti, ma al tempo stesso rendersi attento e sensibile alle eventuali ragioni dell’altra parte.
Paolo Bolognesi 15.10.2023