Alle prime ore dell’alba si è consumata l’ennesima tragedia a largo delle coste calabre, un caicco turco carico di migranti si è spezzato a metà a causa del mare agitato, provocando numerose vittime, principalmente bambini e neonati. Ancora sono in atto le operazioni di soccorso ed il bilancio dei cadaveri in mare aumenta di ora in ora.
Questi non sono numeri ma le storie struggenti di bambini, donne e uomini provenienti dall’Afghanistan, Iran e Iraq che fuggivano da guerra, fame e carestia ed il cui sogno di un futuro migliore è naufragato alle prime luci odierne.
In queste ore, sono innumerevoli i messaggi di cordoglio provenienti dal mondo della politica. Un copione patetico e scontato visto che solo pochi giorni fa, hanno approvato, con esultanza, il “decreto ONG” che dà una ulteriore stretta agli sbarchi e alle ONG che operano nel Mar Mediterraneo.
Il fenomeno migratorio è un affaire complesso che pur avendo carattere globale, negli anni si è configurato come un problema di policy locale all’interno dello stato nazionale. Colpa di una Europa incapace di collocarla al centro dell’agenda politica? O incapace di governarla?
Preso atto della complessità del fenomeno, solo una politica miope che parla attraverso slogan populisti rasentando la mediocrità, può convincersi di arginare i flussi migratori frenando gli sbarchi e sostenendo che si “possono aiutare a casa loro”. O, circoscrivere le mission delle organizzazioni non governative, definite da costoro, volgarmente, “Taxi del mare” o ancora più intricato, bloccare i trafficanti. Impedire ad esseri umani di fuggire da conflitti, malattie e denutrizione è pura follia. Al pari, bloccare le ONG paleserà nuove – annunciate – tragedie.
Sarebbe opportuno chiedersi, talvolta, che cosa può spingere una madre a mettersi in braccio un neonato e catapultarsi su un barcone. Che cosa spinge alcuni genitori a consegnare il loro piccolo patrimonio disponibile ai loro figli minori ed imbarcarli, soli, su uno zatterone.
Questi spunti di riflessione dovrebbero aiutare a delineare politiche più solidali con l’organizzazione di corridoi umanitari sicuri ma, nel frattempo, facciamoli annegare. Tanto c’è chi sta lavorando, ininterrottamente, a recuperare cadaveri. C’è una comunità che ha aperto le porte alla solidarietà e all’accoglienza. C’è chi farà falsi piagnistei. C’è chi resterà indifferente e chi, invece, si sentirà affondare di fronte alle immagini dei tanti bambini, senza un nome, privati di un futuro perché morti annegati.
Un accorato appello: Nulla di quello che accade all’uomo deve risultarci estraneo. Restiamo umani.