Di Luca Castaldo
Ed eccoci qua, all’alba del primo anno di governo a trazione destra conservatrice del nostro Paese che, puntuale come un tormentone estivo, diventa leitmotiv nei Palazzi della politica elucubrare nelle menti una Riforma Costituzionale; vaga, nebulosa, robustamente condita con termini come : ”premierato, elezione diretta, sistema tedesco, doppio turno francese ecc...”
Tutto molto interessante, se non fosse che come accade troppo spesso su questi principi di architetture legislative, sa va sans dire si mette in scena l’arte dello sproloquio in termini istituzionali.
Naturalmente il sottoscritto definendosi socialista e riformista, non dovrebbe temere la parola riforma…già teme invece l’utilizzo disinvolto del termine stesso.
Da manuale di diritto Pubblico, una riforma Costituzionale dovrebbe nascere dagli impulsi e dai moti del ventre parlamentare, ancor meglio dalla convocazione d’una Assemblea Costituente retta dalle migliori eccellenze intellettive del Paese, elette su base proporzionale da una consultazione popolare, in modo da garantire la pluralità di ideali indispensabile in democrazia.
Invece no cari Compagni, si ha la pretesa di far digerire che le basi di tale riforma siano gettate tramite una serie di confronti tra governo ed opposizioni, per dialogare su quali espedienti legislativi sia meglio dotare il Paese per renderlo dal punto di vista della governabilità più maneggevole….
Lo so caro Compagno lettore che a questo sei un po’ confuso e un po’ sconcertato ma la tua mente, ti fa pensare che una riforma costituzionale si debba fare per ammodernare un Paese non più competitivo sotto ogni aspetto sociale-economico-civile.
Rilassati e metti da parte i tuoi pensieri da primo repubblicano, la questione in gioco è più semplice: stiamo assistendo ad un tentativo di cambio delle regole di navigazione legislativa per sopperire alle difficoltà di governabilità, illudendosi che i navigatori a vista possano passare al grado di Statista.
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Non si può ovviamente escludere che stiamo “assistendo ad un tentativo di cambio delle regole di navigazione legislativa per sopperire alle difficoltà di governabilità”, ma non si può parimenti ignorare che più di un partito, in questi decenni, si è cimentato con progetti di riforma costituzionale, avvertendo verosimilmente la necessità che la Carta vada revisionata in qualche sua parte, e se il ricorso ad una Assemblea Costituente pare essere la strada maestra per arrivarvi, pensando a quella che operò nel triennio dopoguerra 1946-1948, è abbastanza improbabile che possa farsi rivivere lo spirito collaborativo di allora, visti i differenti contesti storici. .
Tanto che negli anni successivi si optò, in tre occasioni, nell’arco 1983-1998, per la Commissione Bicamerale, il cui lavoro non riuscì tuttavia a fa trovare l’intesa auspicata, secondo quanto mi è dato di ricordare, e così, in seguito, è stata ripetutamente percorsa la via dell’art. 138, che la Carta dedica alla revisione delle leggi costituzionali, e potrebbe succedere altrettanto pure ora, e anche in questo caso potrebbe semmai giungersi al relativo Referendum, ove non si raggiungesse la maggioranza dei due terzi in seconda votazione, come accaduto già nel 2001, 2006 e 2016, nel senso che sarà poi il corpo elettorale ad avere l’ultima parola.
Sulla opportunità o meno di una Riforma costituzionale, i pareri sono articolati, e pure distanti tra loro, e ciascuno “attore” politico spende ovviamente le proprie ragioni, né vanno sottovalutate quelle di chi preferirebbe “lasciare le cose come stanno”, ma pare esservi comunque la larga convinzione che vada aumentata la stabilità dell’Esecutivo, non fosse altro per renderlo un interlocutore più forte nelle relazioni internazionali, ma anche in quelle interne, con Sindaci e Governatori eletti direttamente e che rimangono in carica 5 anni (forse la figura del Capo del Governo concepita nel dopoguerra risentiva del ricordo ancora fresco lasciato dal Ventennio ?).
Paolo Bolognesi 10.05.2023