Di Alessandro Perelli
È sempre stata un po’ in secondo piano per noi, la Repubblica democratico popolare di Algeria, semipresidenziale e indipendente dalla Francia dal 1962. In secondo piano rispetto agli altri Stati dell’Africa mediterranea, come Libia , Tunisia ed Egitto che, tradizionalmente, con noi hanno avuto numerosi rapporti economici, culturali e storico politici (pensiamo solo all’ esilio di Bettino Craxi e alla sua tomba ad Hammamet). Anche riguardo alle migrazioni clandestine, il grande problema attuale, Algeri ha recitato un ruolo minore . Persino per quanto riguarda la cosiddetta “primavera araba”, evento che ormai più di dieci anni fa, ha interessato l’ampliamento delle libertà democratiche in questi territori, l’ Algeria è il Paese dove l’ impatto è stato più blando e la “casta ” di governo (formatesi in seguito al raggiungimento dell’indipendenza) è stata marginalmente scalfita, mantenendo solidalmente il potere (un sistema dittatoriale sostenuto dall’ esercito).
La guerra in Ucraina e le sue conseguenze hanno enormemente murato la situazione, ponendo questo Stato africano al centro dei rapporti politici ed economici del Governo del nostro Paese. La recente visita della nostra Premier ad Algeri, dove ha firmato importanti e lucrosi accordi per l’ acquisizione di gas, già impostati dall’ Eni e dal Governo Draghi, è stata infatti determinata dalla volontà di aderire alle sanzioni dell’ Unione Europea contro Putin, sganciandosi dal gas e dal diesel prodotti in Russia.
Gli incontri intercorsi tra Meloni, il Presidente della Repubblica Tebboune e il Primo Ministro Benabderrahmane, hanno suggellato il fatto che il forte aumento di gas acquisito riuscirà a controbilanciare il prodotto energetico di Mosca. Il gas sarà trasportato soprattutto liquefatto e in questo senso è auspicabili che, quanto prima, vengano realizzati i necessari rigassificatori, attualmente nel mirino delle polemiche ecologiste. Il noto proverbio “non è tutto oro quel che luccica” sembra adattarsi alla perfezione a questa situazione.
Con una scusante vecchia di 65 anni, quella della rivoluzione che ha portato l’indipendenza dalla Francia, la classe dirigente dello Stato africano ha guidato e guida il Paese in forma antidemocratica e illiberale; con la complicità delle forze armate ha tentato prima di riproporre per la quinta volta l’elezione del vecchio e malato Capo dello Stato Bouteflika poi, di fronte alle proteste di piazza del 2019, ha ripiegato sull’attuale Tebboune che ha proposto un Governo a sua immagine e somiglianza.
Vani finora (a parte qualche miglioramento di secondo piano e di facciata) si sono rivelati i tentativi dei giovani e della società civile di apertura ai diritti democratici: il Paese rimane uno Stato di polizia: per entrarvi è necessario un visto, i controlli interni delle forze di polizia e dell’ esercito rimangono rigidissimi e le imprese economiche sono, per più del 50% del capitale di proprietà statale .
Vi è poi l’annoso contenzioso territoriale con il Marocco che riguarda il Sahara Occidentale. Dopo anni di incidenti e di scontri per il possesso di quella regione, a dicembre 2020, il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità di Rabat sull’ intera area (in cambio dell’ avvio del processo di normalizzazione con Israele), aveva spinto il Marocco a chiedere agli Stati europei un analogo riconoscimento.
Alcuni Paesi ,tra i quali il nostro, si erano limitati a richiamarsi a una generica presa di posizione dell’ONU. Il Governo Suarez della Spagna aveva preso le parti del Marocco provocando l’immediata reazione di Algeri che aveva provocato la minaccia della cessazione della fornitura di gas a Madrid, rientrata solo pochi giorni fa, in seguito a una notevole correzione della politica estera da parte della Spagna.
La situazione rimane molto tesa e, inoltre, Algeri ha dovuto subire gli strali della Commissione per i diritti umani dell’ONU a causa delle condizioni inumane in cui vivono i profughi nei campi di Tindouf. Vi è infine una punta di ipocrisia nel fatto di aver scelto il gas algerino al posto di quello russo per colpire Putin. L’Algeria è infatti uno dei più importanti alleati militari di Mosca nel continente africano e uno dei massimi acquirenti di armi dalla Russia.
La Gazprom e la società statale algerina lavorano insieme per nuove tecnologie e nuove estrazioni; si registra infatti un aumento dei contatti negli ultimi anni. Questo rapporto virtuoso dura da tempo e, non per niente, il Presidente Tebboune ha programmato per il prossimo maggio una visita a Mosca. Al fine di attenuare alcuni diplomaticamente imbarazzanti, lo stesso Tebboune nella conferenza stampa che annuncia la sua visita, ha dichiarato che l’Algeria intende riaprire la sua Ambasciata a Kiev, chiusa nei mesi scorsi per motivi di sicurezza.