Ha fatto scalpore la dichiarazione della Meloni sull’eccidio delle Fosse Ardeatine compiuto dai nazisti (in realtà con la stretta collaborazione dei fascisti) alle fosse Ardeatine. Secondo la presidente del Consiglio la strage fu contro gli italiani e non contro gli antifascisti. Diamo una versione storica attendibile. Questa orribile e plurima esecuzione fu praticata come reazione all’attentsto di via Rasella, del quale scriverò più avanti. E coinvolse per la maggioranza prigionieri politici certamente antifascisti, e per una parte iscritti al Pci, al Psi e al Partito d’azione, per una parte militari italiani, un prete, due quindicenni e ben 73 cittadini italiani di origine ebrea. Tra questi ultimi anche Aldo Finzi, ex sottosegretario agli Interni del governo Mussolini e sospettato di avere avuto un ruolo non secondario nel delitto Matteotti, poi distaccatosi dal regime e divenuto nemico del fascismo. La strage fu decisa personalmente da Hitler informato dell’attentato di via Rasella, messa in pratica dal feldmaresciallo Kesselring e attuata dal capo della Gestapo Kappler, che fu presente sul luogo della
carneficina mentre i suoi soldati, con un colpo alla nuca, trucidavano i prescelti. Non c’é dubbio che i 335 martiri di via Rasella erano antifascisti e la Meloni avrebbe fatto bene a ricordarlo. Oggi ci mette del suo anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, che sostiene in un’intervista a Libero che l’attentato di via Rasella colpì una banda musicale composta da pensionati. Sull’attentato di via Rasella molto é stato scritto. E’ vero che non fu una battaglia e nemmeno un attacco, ma un vero e proprio attentato con tanto di bomba collocata in un contenitore di rifiuti (la depose il 21enne Rosario Bentivegna) e che esplodendo uccise 35 militari (non musicisti) della Polizeiregiment Bozen che non facevano parte delle SS, anche se tutti i reparti di polizia facevano all’epoca diretto riferimento alla struttura di comando delle SS, nonché due civili, un quindicenne e un antifascista che si trovavano nel luogo dell’esplosione. Fu un atto di guerra forse discutibile perché non colpiva direttamente le SS e perché, lo si sapeva, avrebbe generato una sanguinosa rappresaglia. Gli autori dell’attentato furono i Gap, direttamente alle dipendenze del Partito comunista. Ma i soldati della Bozen non erano assolutamente una banda musicale di anziani pensionati e La Russa dovrebbe studiare meglio la storia. Forse egli intende cercare le giustificazioni che rendano meno netta la sua conversione democratica. Ho la sensazione che le radici si possano nascondere e anche ovattare. Non decisamente spezzare e forse é anche giusto così. Non ho mai personalmente apprezzato i voltagabbana di professione, gli opportunisti che vanno dove vola il vento. Conosco La Russa e il suo giudizio sul fascismo e su Mussolini. Il fatto, però, che la Costituzione italiana sia sorta come carta antifascista si impone. A tutti. A meno che la coscienza di qualcuno, le sue profonde convinzioni, non gli permettano di coprire un ruolo istituzionali così rilevante. E se ne prende tutti atto. Si tratta della seconda carica dello stato. Consiglierei però l’opposizione a non innescare sulla questione del fascismo, che va affrontata in chiave storica e non come unico e sovrastante argomento politico, una campagna di convincimento popolare e di concentrarsi di più sui ritardi del Pnrr, sul nuovo codice degli appalti (criticabile sul punto dei subappalti liberi, ma che oggettivamente sveltisce le assegnazioni delle opere) sulla guerra in Ucraina. E meno sulla storia, e ancor meno, sulla retorica dell’antifascismo. L’Italia, se Dio vuole, é una nazione democratica e il fascismo lo abbiamo alle spalle. Decisamente e definitamente alle spalle.
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Direttore. Nasce a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un’intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all’ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l’Avanti online.
4 commenti
Bravo Mauro, come sempre. Prezioso contributo il tuo, non il solito refrain antifascista che ormai, per dirla da Parmigiano ‘sa di tappo’..
Ferma restando la dolorosa tragicità di quella rappresaglia, può venire semmai da interrogarsi sulle ragioni che portarono all’azione di via Rasella, sul finire del marzo 1944, dopo che due mesi prima era avvenuto lo sbarco alleato ad Anzio, e dunque la liberazione di Roma poteva apparire ormai abbastanza vicina, anche se poi bisognerà attendere i primi di giugno causa il rallentamento dovuto alla resistenza opposta dalle forze tedesche (forse per quell’atto di via Rasella c’erano comunque motivazioni “militari”, ancorché a me possano sfuggire, posto che, se non erro, più di un Tribunale ne ha riconosciuto la legittimità).
Un interrogativo che non si pone invece per l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, sulle colline versiliane, nell’agosto 1944, cui seguirono di lì a poco quelli dell’Appennino bolognese, quale atroce e drammatica conseguenza del proposito, da parte degli occupanti, di fare “terra bruciata” nelle aree dove operavano formazioni partigiane, lungo la linea gotica, come ci dicono i resoconti storici, con centinaia di vittime inermi tra cui molti bambini, e nonostante che poco tempo prima, sempre dalle notizie di cui disponiamo, Sant’Anna fosse stata dichiarata zona bianca, ossia territorio reso atto a poter ospitare civili sfollati
Trovo poi condivisibile la tesi del Direttore, ove dice che la nostra è una nazione democratica e il fascismo lo abbiamo definitivamente alle spalle, e del resto il fatto che la nostra Costituzione tratti la materia nella parte delle disposizioni transitorie e finali pare significare temporaneità, ed autorizzarci a pensare che una volta “governato” il passaggio verso la Repubblica sarebbe diventato irreale il pericolo di un nuovo fascismo, pur se, prudentemente, l’art.XII di tale parte ne vieta la riorganizzazione, ma limita nel contempo ad un quinquennio l’esclusione dal voto ed eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Paolo Bolognesi 02.04.2023
In questo Editoriale si fa anche cenno ai “ritardi del Pnrr”, un tema di indubbia importanza, sul quale si è accesa più d’una polemica, che va continuando, e tra l’una e altra versione non è facile, per i non addetti ai lavori, il farsi un’idea abbastanza precisa sul come stanno realmente le cose, ma una riflessione di massima è pur sempre possibile, pur col rischio di sbagliarla, e mi viene di esprimerla intorno alle notizie stampa di ieri che parlavano di 180.000 progetti, ossia una dimensione apparentemente ragguardevole, quanto a “gestione”, posto che richiederà verosimilmente una selezione, per la quale ignoro se esistano già dei criteri, o se vadano invece costruiti.
La selezione si renderebbe innanzitutto necessaria se la somma dei costi messi in preventivo per ciascun progetto fosse già arrivata a superare il tetto delle risorse attribuiteci dall’Europa, ivi compresi gli eventuali rincari intervenuti causa l’accresciuto prezzo dei materiali – aspetto che non mi è ovviamente noto – ma anche perché, trattandosi di risorse “a debito”, ossia da dover restituire, ancorché fors’anche a tasso d’interesse favorevole, andrebbero probabilmente privilegiati quegli investimenti che possano poi dare “ritorni” significativi e comprovabili, ma occorre altresì fare i conti con le categorie di spesa assegnateci dall’Europa, in numero di sei se non erro.
Entra poi in campo la capacità di spesa in capo ai “committenti” dei vari progetti, altro risvolto affatto secondario, e il nuovo codice degli appalti cerca probabilmente di sveltire l’assegnazione delle opere, ma vedo che sta incontrando molte critiche da parte della sinistra, senza venir accompagnate da proposte alternative, almeno questa è la mia impressione, e altrettanto mi sembra stia avvenendo, con toni pure un po’ “scandalizzati”, nei confronti di chi si chiede se possa valer la pena di considerare una qualche rinuncia della “assegnazione”, ove non si riuscisse a dar corso e completezza ai lavori, onde non accrescere il nostro debito pubblico, pur se sarebbe un’occasione persa.
Paolo Bolognesi 03.04.2023
Anche dopo la strage di Marzabotto del 1944 , sull’appennino bolognese, il giornale Il Resto del Carlino, evidentemente agli ordini della RSI tentò di manipolare i fatti.
Quella di Marzabotto fu una strage plurima ai danni di civili nei comuni di Grizzana Morandi, Marzabotto, Monzuno e Camugnano avvenuta tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944.
La stima delle vittime va da 755 a 1800 a seconda dei criteri di computo perchè in quella tarda estate quella zona a ridosso del fronte fu il terreno di una vera e propria campagna terroristica di guerra.
Comunque le si conti le vittime furono tutti civili inclusi donne, anziani e bambini (persino neonati).
La portata dell’evento fu inizialmente negata e insabbiata ma dopo la Liberazione la verità venne a galla.
Ora, si può disquisire sugli errori della Resistenza nella lotta di Liberazione ma l’evidenza dovrebbe chiarire ogni dubbio su cosa fosse il nazifascismo e l’occupazione militare tedesca con la complicità della RSI.
Eppure ancora oggi si cerca continuamente di operare dei distinguo per decostruire in maniera capziosa la storia: una azione improvvida, sbagliata o scellerata da parte della resistenza dovrebbe mettere quest’ultima sullo stesso piano morale della barbarie nazifascista… Questo è il retropensiero che gente come La Russa e i suoi accoliti tentano di instillare nella coscienza comune… Non è che li si voglia smentire per dispetto ma si facciano un giro per tutta l’Europa e troveranno testimonianze di quella feccia dell’umanità che è stato il nazifascismo dalla Norvegia alla Grecia e oltre: farsi scudo con il paragone dialettico con i crimini del comunismo è un esercizio retorico di infimo livello, Hitler la Polonia se l’è spartita con Stalin del resto… Un po’ come disquisire se è meglio la ghigliottina o la garrota…
Siamo in una repubblica democratica e anche chi evidentemente non nutre questi sentimenti beneficia della libertà civile, di opinione, di culto, di libera impresa e non ultimo politica fino al conferimento di alte cariche istituzionali.
Mi chiedo cosa veramente pensa La Russa: le stragi nazifasciste erano lecite? Si difende l’onore dell’Italia accanendosi su civili inermi? Si può godere di diritti civili e libertà personali e negarli al prossimo? Chi ha seminato guerra, violenza e repressione per venti anni, sia in patria che all’estero, veramente non deve aspettarsi una reazione violenta? Se non altro per autodifesa?
In questa Italia fortunatamente libera e democratica tuttavia mi chiedo: la nostra libertà sta aumentando o sta diminuendo?