Di Alessandro Perelli
Il Mali e’ uno Stato situato all’ interno dell’ Africa Occidentale, senza sbocco sul mare. Lo Stato consiste di otto regioni e il suo confine settentrionale raggiunge il deserto del Sahara mentre la parte meridionale e’ compresa nella Savana sudanese dove scorre il fiume Niger ed e’ quella più popolata sulla ventina di milioni di abitanti complessivi.
Nel passato ha subito la colonizzazione francese ma oggi sono due gli elementi che lo hanno caratterizzato politicamente . Il primo e’ costituito dal colpo di stato militare che e’ avvenuto nell’agosto del 2020. Di qui la nascita di un Governo di transizione controllato dall’ esercito che però, e questo e’ il suo obiettivo attuale piu’ rilevante, sta definendo una nuova Costituzione per consentire il ritorno a un Governo civile.
La nuova Costituzione concentra il potere nelle mani del Presidente togliendolo nei fatti al Parlamento e amplia il ruolo degli militari. La bozza di questo testo e’ nata sottoposta a referendum il 18 giugno ed e’ nata approvata con una maggioranza schiacciante. L’ affluenza alle urne e’ stata del 38% ma il plebiscito a favore ottenuto nel voto ha permesso alla Giunta militare di rivendicare la piena sintonia con la popolazione e di programmare nuove elezioni politiche nel 2024 che dovrebbero chiudere la transizione verso il ripristino degli organi istituzionali democratici .
Nella nuova Costituzione il Mali e’ destinato ma diventare una Repubblica presidenziale dai toni accentuati: il Capo dello Stato avra’ il diritto di assumere e licenziare il Primo Ministro e i membri del Gabinetto e il Governo rispondera’ a lui e non al Parlamento. Altre clausole prevedono l’ amnistia per coloro che sono responsabili dei precedenti colpì di stato ( piuttosto comuni in Mali) e costringono i deputati e i senatori a divulgare e pubblicizzare le loro ricchezze nel tentativo di fermare i fenomeni corruttivi.
Sembrerebbe un cammino rivolto alla costruzione di uno Stato laico che vuole il ripristino della legalità democratica. Ma la realtà e’ ben diversa.e fotografa uno scenario interno molto preoccupante. Segnato da una grave crisi di sicurezza alimentata da gruppi terroristici affiliati ad al Qaida che hanno provocato continui attentati (l’ultimo dei quali nel nord del Paese ha causato la morte di tredici civili).
Lo Stato africano ha registrato prima ,lo scorso anno il ritiro, deciso da Macron, del contingente armato francese spedito per coadiuvare la Giunta militare a combattere gli jihadisti, poi , in questo ultimo mese quello della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite denominata Minusma accusata dai militari maliani di aver fallito il medesimo obiettivo.
Il colonnello Assimi Goita Assimi , attuale Capo del Paese, preferisce avvalersi per le operazioni anti terrorismo islamico dei miliziani della Wagner che, nonostante quanto successo nella guerra in Ucraina, continuano a godere dell’appoggio di Mosca e sono ormai il vero sostegno del Governo di Bamako.
Una situazione non chiara sull’ aspetto squisitamente militare perché nonostante le dichiarazioni rassicuranti di Assimi Goita, intere regioni ,come quella orientale di Menaka , sono sotto il controllo dei jihadisti che nel Sahel sono in fase di grande espansione, forse più che nel medio oriente.
Con il risultato di una instabilità estrema in cui li unica cosa certa è l’azione del Cremlino di spostare verso Mosca gli interessi dei militari al potere in Mali, che a loro volta ricompensano i miliziani della Wagner con una partecipazione ai ricavi derivati dalle risorse minerarie molto appetite del Paese africano. Non e’ un caso che per le strade della capitale Bamako si siano visti striscioni portati dai manifestanti che inneggiavano alla Russia e chiedevano il ritiro della missione ONU.