Premessa
A volte le stelle trovano un loro causale e caotico allineamento e, inconsapevoli determinano incontri e consonanze inaspettate. È il caso di Magdalena Chindris che, come la vicenda di Josè Garramon, senza un reale motivo, da tempo mi sta a cuore, si tratta di un’affinità irrazionale. Destino ha voluto che queste storie, in un’altra epoca, in un’altra età, si siano incrociate.
L’esistenza di Magdalena è stata iridescente, alternata da colori talvolta assolutamente luminosi, altri decisamente cupi, ma pur sempre colori. Ha avuto la possibilità di conoscere moltissime personalità e di lavorare e muoversi all’interno di quegli ambienti a lei, donna di cultura, decisamente congeniali: sono i salotti di critici e letterati, gli studi degli artisti, i laboratori degli scienziati.
È in questi ambiti, come abbiamo visto (qui), che seleziona gli uomini della sua vita, gli artisti i quali, come da manuale, si sono disvelati per ciò che erano: personalità eccentriche ma soprattutto egocentriche, focalizzate su loro stessi e sulla propria arte. In particolare Rosselli, bipolare e anaffettivo, era l’unica persona in grado di puntare i riflettori sulla scomparsa di una donna che, sul suolo italico era sostanzialmente sola nonché, ovviamente, una straniera, per giunta rumena. L’agghiacciante indifferenza della persona che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto amarla, l’ha consegnata all’oblio.
Solo due tenui fiammelle, ravvivate costantemente dall’amore di una figlia e di una sorella restano accese nei decenni per ricordare a tutti che, su questa terra, ha camminato, ha riso, ha pianto e forse troppo ha amato una donna chiamata Julieta Andrada Magdalena Chindrids.
I Fatti
31 maggio 1995, h. 23.55. Negli uffici del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro- Viminale, alla presenza dell’Ufficiale di P.G. Brig. Andrea Potenza, una ragazza di 23 anni, con capelli bruni esibiti in un corto caschetto, si accinge a informare le forze dell’ordine circa la scomparsa della propria mamma, è Ester Ceresa Chindris.
Ester non vive con sua madre dall’età di 18 anni. Le vuole bene ma, quando parte per la tangente con le sue fissazioni sa essere un po’ estenuante; il suo convivente, invece, non è la persona più piacevole su questa Terra, a fatica ha sopportato i propri figli, mai si è sognato di dover sopportare anche quelli altrui. Ester ha una sua stabilità in una realtà che si è edificata su misura in una zona, quella Delle Valli, non troppo comoda per raggiungere la sua facoltà, all’Università di Tor Vergata e ben servita da autobus e dalla metropolitana.
Da qualche giorno Ester è di stanza provvisoria nel lussuoso appartamento dove vive sua madre, al nr. 163 di via Torino. All’epoca in cui Ester viveva ancora in famiglia, quella casa si contraddistingueva per un gran via vai di uomini e donne, tutte personalità di rilievo: attori, musicisti, politici e molti letterati. La musica, in quegli ultimi tempi era cambiata. L’aria satura di cultura aveva ceduto il posto ad un’aura pregna di disagio e malattia mentale: Aldo Rosselli diffonde il suo disagio trascinando nel suo baratro di oscura degenerazione e gelida indifferenza, tutto ciò che lo circonda, Magdalena compresa.
Sono queste le premesse che hanno persuaso Ester ad affiancare la madre per qualche tempo: Aldo è ricoverato al San Giacomo in preda ai deliri, conseguenza del suo stato clinico di ciclotimia e bipolarità da cui è affetto da parecchi anni. Magdalena da quasi un anno beve, nell’infruttuoso tentativo di placare il profondo disagio e la crescente depressione che prova a curare autonomamente, assumendo gli stessi psicofarmaci del compagno, di cui non ha assolutamente necessità.
Questo dettaglio lo riferisce ai carabinieri, un po’ edulcorato. Sua madre è originale ed istrionica ma non è una pazza e non lo è mai stata anche se, negli ultimi tempi, sembra che ci sia qualcosa di davvero insolito e a tratti molto preoccupante. Ma questo pensa di raccontarlo in seguito, quando avrebbero iniziato ad indagare sulla scomparsa, ma Ester questo dettaglio non ebbe mai l’occasione di raccontarlo, perché l’indagine non avviene: nessuno ha mai cercato Magdalena Chindris.
La denuncia
Al brigadiere, Ester riferisce di essere rincasata intorno alle 14.00, in quel periodo affianca il lavoro all’Hotel Principe, a una manciata di minuti dalla casa di via Torino, agli studi universitari. Ha le chiavi di casa, raggiunge il piano e apre la porta. Chiama la madre ma è immediata la sensazione di inusuale, di strano: c’è qualcosa che non va e, dalle stanze non sopraggiunge risposta alcuna. La ragazza attraversa il lungo corridoio incorniciato da libri e libri, raggiunge la stanza in fondo, quella di Magdalena.
Varcato l’uscio Ester impiega qualche attimo a focalizzare le molteplici stranezze: uno scaleo di metallo accanto al letto, una strisciata di sangue sul muro bianco e poi le pale del ventilatore che svettano dal divano: non è quello il suo posto, al fusto dell’elettrodomestico sono legati una cravatta e un foulard annodato così da formare un rudimentale cappio. Magdalena deve aver provato ad appendersi, o forse non è andata così.
Alla figlia della Chindris tutto appare strano, quel ventilatore divelto, quella cravatta; alla sensazione d’ansia si sostituisce presto quella di fastidio, di disappunto. Quella che si è dispiegata davanti agli occhi di Ester non è una tragedia: è una farsa. La giovane ridiscende le scale e interroga risoluta Maurizio, il portiere. L’uomo riferisce di averla vista uscire dallo stabile con un sacchetto di bottiglie vuote da gettare, dichiara che la donna si era mostrata assolutamente nella norma, serena e sorridente. A verbale, per sollecitare le ricerche della madre, Ester riferisce:
«[…] dopo di ciò ho fatto un giro di telefonate senza rintracciarla. Poi ho chiesto al portiere di via Torino, che mi ha riferito di aver notato mia madre, in stato confusionale, che usciva da sola verso le 13.00 circa […]».
Questa è l’ultima volta che una persona di conoscenza vede Magdalena la quale, svoltato l’angolo prende un taxi che pagherà tramite assegno. La destinazione è via Arenula, davanti al Palazzo di Grazia e Giustizia.
Messa in scena
La vicenda di Magdalena Chindris necessita un’indagine minuziosa che non lasci nessuna strada imbattuta, dal momento che, rispetto alla scomparsa della donna, nessuno mai se ne è fatto carico ma, all’opposto, è stata completamente ignorata dallo Stato di cui era, da tempo, fiera cittadina. Mi limito dunque, in questo scritto, ad esporre le diverse chiavi di lettura e relativi punti di forza, rispetto alla prima anomalia della giornata del 31 maggio 1995.
Il suicidio mancato
Il cappio mal improvvisato, lo scaleo, il ventilatore divelto; i fatti lasciano poco adito alla fantasia: Magdalena ha provato a togliersi la vita. Era ubriaca e, ancora una volta aveva assunto gli psicofarmaci di Aldo? Non resta da chiedersi dove possa essersi recata per portare a termine il suo irreversibile proposito. Il primo pensiero è ovviamente il Tevere. Eppure… eppure qualcosa non funziona.
Solo una persona palesemente alterata arriva a pensare che il sottile stelo di un ventilatore a soffitto possa reggere il peso di una persona: la Chindris era sicuramente ubriaca e stordita dai farmaci. Tuttavia è riuscita a trasportare e posizionare correttamente lo scaleo in ferro, ad annodare il foulard per ricavarne un capestro e, una volta frustrato il tentativo, a spostare il ventilatore sul sofà, darsi una sistemata, raccattare tutte le bottiglie vuote, uscire, salutare e scambiare due battute con portiere, buttare la spazzatura al cassonetto e prendere un taxi e farsi accompagnare lungo Tevere? No. Davanti al Ministero di Grazia e Giustizia. Un comportamento anomalo che non ricorda una persona fuori di sé. Certo, si appropria della borsa della figlia, privandola di patente e carta di identità. Modo d’agire decisamente contraddittorio.
Magdalena è originale anche nel tentativo di porre fine alla propria vita. Il suicidio mediante impiccagione, è infatti una soluzione a cui, riportano le statistiche, difficilmente ricorrono le donne che prediligono la defenestrazione e, ancor di più, l’assunzione massiccia di medicinali o veleni. Magdalena viveva in un condominio con altezze che non prevedono ampi margini di sopravvivenza e un agile accesso a medicinali idonei al raggiungimento di un risultato irreversibile.
Se la scena che si impone agli occhi di Ester fosse una maldestra messa in scena? Per quale motivo, a chi si rivolge questa azione, chi vuole convincere di essere proiettata alla soppressione della propria esistenza? Sta forse cercando di mandare un messaggio o ingannare a qualcuno? Il quadro che si presenta è il frutto di una ragionata pantomima, qual è il motivo che induce la donna a sottrarre i documenti di Ester? Questo dettaglio può non significare nulla oppure, dirci moltissimo. Torneremo sulla questione più avanti, in un paragrafo dedicato.
È bene ribadire che Magdalena quando, pochi minuti prima del tocco esce dal suo appartamento, non è in stato di alterazione; il portiere, con cui scambia un paio di battute, ancora oggi ripete quanto affermato dalla prima ora, ossia l’assoluta lucidità della donna. Quanto è invece riportato da Ester nel verbale redatto in luogo alla scomparsa, altro non è che il tentativo di una giovanissima ragazza, che non trova la mamma tornado a casa, di stimolare le forze dell’ordine a cercare la donna scomparsa.
Riflettendo sui pochi elementi in nostro possesso, mi azzarderei a ritenere l’opzione suicidaria, di relativa credibilità: se il malumore con conseguente abuso di alcool e farmaci, causato in larga parte dalla deriva psichica del compagno, può essere un elemento che porta a propendere per questa opzione, molti altri elementi suggeriscono uno scenario differente.
Tengo a far presente che solo in rari casi il suicidio è gesto estemporaneo e di norma questi episodi sono conseguenza di uno stato fortemente alterato; ciò significa che in condizioni ordinarie il gesto non avrebbe mai avuto luogo. Dunque la quasi totalità dei suicidi è l’epilogo di un periodo più o meno lungo, in cui il soggetto matura tutta una serie di pensieri, che lo conducono a convincersi di non aver via d’uscita, di non potersi sottrarre dallo stato che li ha trascinati ad optare quella soluzione (solitudine, depressione, convinzione circa la propria inutilità, problemi economici etc). Le intenzioni suicidarie sono accompagnate da una serie di segnali che vanno dal parlare della morte, al non ritenersi all’altezza, all’idea di essere un peso per le altre persone, all’abbandono pressoché totale della vita sociale, alla trascuratezza fisica …
Magdalena Chindris , nel periodo che precede la scomparsa, non presenta i caratteristici segnali d’allarme, indice della volontà di privarsi della propria vita. È indubbio che la donna non sta attraversando una fase semplice o contraddistinta da particolare serenità e spensieratezza. Tuttavia i racconti di Ester, invitano tuttalpiù a prospettare l’evolversi di episodi di delirio, farneticazione, sovente plateale, che non il preludio di un gesto estremo.
La mancanza di riscontri rispetto il proposito di togliersi la vita, e l’assoluta presenza cognitiva di Magdalena Chindris fanno propendere per un’iniziativa attentamente studiata di cui, però, non è ancora chiarito lo scopo.. Pare ovvio che la donna è assolutamente conscia e padrona delle sue azioni e lo si può verificare sia nell’allestimento dello scenario, sia nella possibile destinazione del tragitto in taxi. Magdalena si fa accompagnare in via Arenula, dove sono presenti la sede del Palazzo di Grazia e Giustizia, e dove ha inizio il quartiere ebraico.
La fuga volontaria
La mattina del 31 maggio Ester incrocia la madre prima di recarsi al lavoro; la donna non appare alterata, sappiamo che andrà a prendere il taxi verso le 13.00 e immagino che tutti concordino rispetto alla fattualità che una mattinata è un range troppo limitato per raccattare una sbornia, tentare il suicidio, smaltirla e uscire di casa rilassata e sorridente.
Infine l’elemento di maggior importanza: Ester. Non è minimamente ipotizzabile che la Chindris non solo non avesse lasciato una parola scritta per la figlia ma compisse un simile atto con la piena consapevolezza che a trovarla morta sarebbe stata la sua bambina.
Non ci resta che ipotizzare altri scenari. Se Magdalena non ha mai tentato il suicidio, quella ricostruzione ha uno scopo ben preciso. Provo a teorizzare un allontanamento volontario: Magdalena esasperata dalla malattia del compagno che faceva scaturire nell’uomo una singolare e feroce cattiveria, o forse desiderosa di nuovi stimoli ed esperienze, decide di darsi alla macchia ora che lui è ricoverato.
Una testimonianza, una sola, sostiene di aver visto la donna alla stazione Termini; ciò può avvalorare la tesi della fuga, ma riscontri effettivi non sono presenti. Successivamente alla pubblica trattazione del caso alla trasmissione Chi l’ha Visto?, molte sono le telefonate di avvistamento, ma nessuna di reale interesse e utilità. È E’ forse intenzionata a tornare in Romania, o, ad ogni modo, a cambiare città.
Anche questa ipotesi fa acqua da tutte le parti. Nonostante il rapporto sia ai titoli di coda, Magdalena non pare avere l’aria di chi scappa vigliaccamente, avrebbe forse lasciato quantomeno una lettera, ma perchè inscenare un suicidio? Per quale motivo andarsene senza effetto personale alcuno ma, in particolare, quale motivo impedirebbe ad un allontanamento volontario di informare, nei giorni precedenti, figlia e sorella?
Una fuga così repentina, può trovare motivo in un ipotetico scenario che vede la Chindris ricevere, la mattina del 31, notizia del ritorno a casa di Aldo Rosselli. Resta tuttavia inspiegato il teatrino allestito, oltretutto, per una persona, completamente indifferente a dolori e necessità altrui.
Come per la pista del tentato suicidio, resta una criticità, che ancora una volta si chiama Ester. Come nella eventualità precedente, non è chiaro il motivo di una partenza imminente e non annunciata. La figlia è da tempo consapevole delle stramberie della madre, se Magdalena vuole allontanarsi dal compagno o è stanca dell’Italia, alla ragazza può dirlo. E’ una donna sui generis ma non tanto da far soffrire la figlia voglia di novità.
Le brutte compagnie
Magdalena giunta in Italia ed entrata in contatto con il mondo della cultura, in una città come Roma che è un museo aperto, si è creata un’idea romantica di tutte queste personalità attive nell’ambito dello spettacolo e del sapere. Le indagini circa la società romana tra gli anni 80 e gli anni ’90, ci ha regalato un panorama, anche rispetto alle personalità celebri, molto meno idilliaco, quando non propriamente torbido. Si è dimostrato come in quell’ambito, sovente, si sono generati sodalizi con mafie, massonerie e servizi deviati, nonché con le aree politiche eversive della destra, tra cui spiccano i NAR. Negli anni novanta in questi scenari debuttano anche personalità dei salotti culturali della sinistra che, nel decennio precedente erano troppo presi a divertirsi con i “ragazzi di vita”.
Con queste realtà, spesso in maniera inconsapevole, la Chindris è più volte entrata in contatto. Ambienti che lambiscono molteplici settori legati alla criminalità: gioco d’azzardo, spaccio, materiale pedo-pornografico. Sono reati che prevedono anche pene decisamente coercitive e nessuno ha intenzione di finire in galera a causa di una donna potenzialmente chiacchierona. Nella mala non vige la legge democratica.
All’ambiente sopra descritto, potremmo aggiungere un possibile interesse nei confronti della donna, manifestato dai servizi segreti rumeni di cui il primo amore della donna è membro di spicco.
Rispetto ad uno scenario di questo tipo è possibile ipotizzare una dipartita estemporanea, nata da una soffiata che suggerisce alla donna l’alto rischio che potrebbe correre. La pochade serve a far intendere che la donna ha intenti suicidari facendo così abbassare notevolmente l’indice di pericolosità. Tuttavia anche questa ipotesi, sebbene più accettabile delle precedenti, è molto forzata
La borsa di Ester
La questione della borsa di Ester è quella più foriera di spiegazioni, nonché quella che suggerisce l’ipotesi più valida rispetto agli accadimenti del 31 maggio 1995. Magdalena non scappa e non era intenzionata a sparire. E’ possibile che la donna l’anno precedente abbia assistito o sia venuta a conoscenza di uno o più fatti di assoluta gravità, al punto da buttarsi nel bere massicciamente e nelle pillole, pur di deviare iil pensiero da quanto appreso.
Assunto che quella mattina Magdalena Chindris non era sotto l’effetto dei fumi degli alcool, l’atto di prendere la borsa della figlia, comprensiva di documenti. I motivi potrebbero essere numericamente consistenti, provo a rintracciarne alcuni:
- Pensa che possano essere utili alla figlia e, tornando dalle commissioni glieli avrebbe consegnati presso il posto di lavoro, a 5 minuti da casa.
- Ci sarà effettivamente il ritorno di Rosselli e non vuole che la figlia possa trovarsi a tu per tu con lui perché ignora le condizioni mentali dell’uomo
- Conscia del pericolo che corre, e potrebbe correre anche la figlia vuole richiedere il passaporto per la ragazza.
Quest’ultima opzione credo andrebbe approfondita. In uno scenario di questo tipo, possiamo ipotizzare che Magdalena viene intercettata prima di riuscire nel suo intento. Probabilmente è osservata da qualche tempo. In questo genere di contesto si può presupporre che la carnevalata allestita nella camera di Magdalena non sia opera sua e che qualcuno si è introdotto nell’appartamento proprio tra le ore 13.00 e le 14.00; lasso di tempo corrispondente alla pausa pranzo di Mario, il portiere.
Conclusioni
Come evidente, l’assoluta penuria di documenti e testimonianze determina grandi difficoltà nel tentare anche solo un’ipotesi, una possibile pista. Quello che di certo sappiamo, è che Magdalena Chindris ha, almeno da un certo punto in poi, avuta chiara la percezione di trovarsi in una situazione critica e potenzialmente pericolosa. Ad oggi l’informazione da cui dobbiamo partire per tentare di svelare questo mistero parte dall’attimo in cui Magdalena scende dal taxi, e si snoda tra via Arenula ed il Ghetto ebraico.
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2 commenti
Delitti e assassini mai scoperti! Cosa c’è sotto? Le Brigate rosse, quelle nere e i servizi segreti che si colorano all’occasione?
C’è sempre quel personaggio in mezzo! brava che porti a luce tutti i delitti in cui passa lui. ma tu sei brava a trovare la mafia e i mafiosi. si walter quelle nere e i servizi segreti sono tutti meschiati. interessante che si colorano all’occasione come fa fassoni accetti. Secondo te sono infiltrati ?