di Domenico Bilotti
Dagli anni Ottanta del secolo scorso è diventata mano a mano più evidente la crisi di rappresentanza istituzionale e di rappresentatività sostanziale dei movimenti collettivi. Che ciò abbia coinciso, salve rare fiammate, con la pari caduta di prospettiva per una proposta politica di riforma è piuttosto evidente. Come se i conflitti reali fossero introflessi in visioni particolaristiche e parcellizzate, che riproducono pedissequamente e simmetricamente i limiti lobbistici e opportunistici delle diverse controparti (datoriali, contrattuali, amministrative, intersoggettive). Per disincagliarsi, il lavoro di ecologia intellettuale è necessario a ristabilire condizioni di possibilità: è, in sostanza, la sfida di coniugare socialità e libertà individuale in un tempo che ha variamente riscritto entrambe. L’una la ha fatta simile all’ostentazione di immagini in assenza di legame umano e l’altra la ha trasformata in istanze egoistiche da far accogliere (o meno) solo grazie ai rapporti di forza.
Il filosofo Tommaso Greco prosegue perciò in questa ricerca di significati, volta non solo a ricondurre i lemmi al loro pristino uso, ma anche ad azzerare la capziosa incomunicabilità tra filosofia morale e filosofia politica. In fondo, quest’ultimo tema è proprio quello che ha dato vita al dialogo fecondo tra culture riformatrici e progressive differenti: un’idea della polis è un’idea della comunità; il ragionamento morale non è ostile all’autonomia secolare del politico – ché, anzi, i due processi, per funzionare, hanno bisogno di una cascata di interafferenze. Ormai due anni addietro Greco aveva dato alle stampe “La legge della fiducia. Alle radici del diritto”, per i Tipi di Laterza, e il successo di quell’opera consisteva anche nel fatto che sapesse prestarsi a diversi (e per certi aspetti concentrici) livelli di lettura. Il primo, forse più ovvio ma non meno importante, era proprio quello di tornare a una semantica politica della fiducia, scambiata invece, sul piano morale, troppe volte per dabbenaggine, creduloneria, attitudine all’essere raggirati – sicché entrava in luce piena la coloritura del tutto opposta, quella sì impolitica, della sfiducia, della sospettosità, dell’esclusione culturalmente orientata.

Oggi è allora uscito un testo da quello autonomo, ma che in più punti sembra l’evoluzione e l’innovazione del precedente: “Curare il mondo con Simone Weil”, guardacaso, sempre per i tipi di Laterza, nella collana “Anticorpi” – nome programmatico, persino in tempi di uso economico-disciplinare dell’accesso alla cura.
Due parole sull’Autrice che Greco eleva a musa particolare di questa sua opera di carattere generale. Simone Weil (1909-1943) è stata difficilmente accostata al Pantheon simbolico del socialismo ufficiale, che ha preferito custodire come faraoni salme e sarcofaghi dei suoi “maestri”. Quel socialismo aveva dimenticato la sua origine, che era anche un certo gusto bonario per l’eresia senza scisma, l’eterodossia come dinamica di funzionamento dell’ordine in senso migliorativo. Dall’anomia all’entropia… Eppure, tutto un filone del socialismo è esercizio di diritti democratici con curiosità intellettuale. Ed essa ci pare possa comprendere, con tutte le proporzioni del caso, l’articolistica del Marx giovanile a favore della raccolta consuetudinaria del legno deciduo quanto il tentativo del Partito Socialista Italiano di radicare in un’interpretazione costituzionale e riformatrice il pensiero di Proudhon, ancor più del marxismo-leninismo fuori tempo massimo.
Simone Weil, del resto, ha sempre ben in testa (e nel cuore) la vocazione di una scelta antiautoritaria: una vocazione spirituale, quasi, più che attitudine comportamentale, che le fa dare della “vergine rossa” dai sepolcri imbiancati dell’accademia sua contemporanea, ma che le consente spontaneamente di conoscere i filoni più interessanti dei movimenti non allineati (anarchici, umanisti, trotzkisti, revisionisti democratici). Persone in carne e ossa, oltre che tomi manualistici e opuscoli clandestini.Tommaso Greco, nella sua intelligente opera di riscoperta, è davvero controtendenziale: non solo poggia (invero in compagnia di una letteratura italiana anche interessante e non più marginale) pienamente la Weil nel novero dei grandi pensatori del XX secolo, ma addirittura concepisce il “culto dello scarto”, nel pensiero dell’A., come istanza metodologica generale. Che in fondo la Weil vivesse il suo impegno militante tra mistica e antropologia è cosa nota ai movimenti sociali dell’Ottocento e del Novecento.
L’italiano Camillo Prampolini, più che verve comiziale, ha afflato da predicatore e rimprovera i cattolici che si espellono da sé dalla vita politica cercando il Cristo in Chiese dove non c’è e non in strade traboccanti di martiri crocifissi. Pochi decenni dopo la Weil, viepiù di origini ebraiche, fa una scelta in fondo simile: studia la sequela Christi dal punto di vista dei suoi obblighi sociali e delle sue potenzialità relazionali, non da quello delle tuttavia molto dotte dissertazioni teologiche antimoderniste. Ed è davvero forma degli “anticorpi” nel nostro tempo: lo scarto non è l’inciampo da togliere dal piano cartesiano delle libertà politiche, ma la soggettività piena di cui avere cura in quell’attività incessante di incontro tra i meriti e i bisogni che appartiene profondamente a ogni speranza di pacificazione universale e a ogni predisposizione concreta di solidarietà e prestazione sociale. La cura diventa perciò l’elemento essenziale da richiamare al dibattito secondo una duplice direttrice, così ben descritta dal Greco: quella della policy governativa (perché l’azione istituzionale deve incontrare l’effettività nella giustizia sostanziale) e quella della nostra vera contiguità alla vicenda del prossimo.
Cos’altro è stato ed è il socialismo se non l’allargamento continuo della piattaforma di cittadinanza, di individuo in individuo, di gruppo in gruppo, di Paese in Paese? E, senza snaturare il testo della monografia in direzione di scelte partitiche, quanto ci appare “Curare il mondo con Simone Weil” possa spiegarci una pagina obliata del XX secolo e illustrarci una pagina da scrivere del XXI! C’è, grazie al libro di Greco, da girare il foglio, però: il verso di scrittura dell’attualità ha imposto alle genti una direzione sola. Quella, peraltro, che ha il destino di andare a sbattere: lo scontro con l’iceberg, a meno di controsterzare, è già in vista.