di Fabrizio Montanari.
Il socialista Luigi Roversi, classe 1858, è stato il sindaco più amato e stimato della prima metà del Novecento. “Al sgnour Gigi”, come era comunemente chiamato, resse l’Amministrazione comunale di Reggio Emilia dal 1902 al 1905 e successivamente dal 1907 al 1917. Solo due anni, infatti, durò il governo dei conservatori industriali e agrari, riuniti nella cosiddetta “Grande Armata”.
Prima ancora d’iniziare la sua avventura d’amministratore pubblico, Luigi si fece conoscere e apprezzare per aver fondato nel 1884 con il fratello Domenico, Vergnanini e Giacomo Maffei la “Società generale cooperativa e di mutuo soccorso tra muratori e braccianti della terra”. Quella felice esperienza fu propedeutica alla sua elezione nel 1889 a segretario della Federazione provinciale delle cooperative, ruolo in cui ebbe modo di esprimere al meglio gli studi di ragioneria. Per quelle sue innate doti di integerrimo amministratore, nel 1901 venne chiamato alla della Camera del Lavoro per svolgere il delicato compito di contabile.
Amico e prezioso collaboratore di Camillo Prampolini, del quale fu quasi coetaneo, Roversi rappresentò come pochi altri lo spirito pragmatico del socialismo riformista e umanitario reggiano. Le elezioni amministrative del 1902, vinte dai socialisti, lo portarono alla carica di Sindaco di Reggio, subentrando al celebre pittore Gaetano Chierici.
La situazione economica e sociale che il nuovo sindaco si trovò ad affrontare avrebbe spaventato chiunque. Non però Roversi che si mise immediatamente al lavoro.
Su 25mila abitanti, il quaranta per cento viveva di accattonaggio, nelle campagne si lavorava venti ore al giorno per poter mangiare una fetta di polenta, le malattie erano all’ordine del giorno, specie la temutissima pellagra, l’analfabetismo raggiungeva l’80 per cento della popolazione e moltissimi bambini morivano prima d’aver compiuto sei anni.
Roversi fece approvare dal Consiglio comunale un ambizioso piano d’intervento nel campo del lavoro, della sanità e dell’educazione. Municipalizzò l’azienda del gas e della luce, le farmacie e il macello. Per facilitare il commercio da una località all’altra della provincia, costruì molte strade di campagna e di montagna, oltre alla realizzazione della avveniristica ferrovia Reggio – Ciano d’Enza.
Sul fronte scolastico costruì scuole elementari in ogni comune che ne era ancora privo, dotando la città anche di una ricca Biblioteca comunale. Nel tentativo di alleviare la fame dei più diseredati fece acquistare dal Comune un mulino, un forno e un pastificio per garantire ai più poveri pane e pasta. Avviò un ambizioso piano di costruzione di case popolari e ridusse sensibilmente le tasse comunali.
Nel campo della assistenza pubblica, oltre alla municipalizzazione delle farmacie, il Comune ammodernò la casa di ricovero per anziani, aumentò il numero dei medici condotti, istituì il servizio ostetrico, il servizio della carrozza-letto (prima ambulanza) e l’allontanamento delle suore dall’ospedale. Infine, allo scadere del contratto per l’illuminazione della città con l’azienda privata Schaffausen, il Comune riscattò gli impianti. Nel 1906, fu costituita una azienda autonoma municipalizzata comprendente anche L’Officina per l’Elettricità, tramite la quale, nel 1911, gli impianti furono ricostruiti con criteri più moderni e funzionali.
Neutralista come tutti i socialisti reggiani, durante la Prima guerra mondiale si prodigò sempre per alleviare i danni morali ed economici subiti dalla popolazione. Già nel marzo 1915, su iniziativa di Roversi, fu proposto e realizzato, grazie alla collaborazione fra enti pubblici e privati, il progetto di un “Comitato Generale per l’organizzazione dei servizi civili in caso di mobilitazione”.
L’attività del Comitato diretto da Alessandro Mazzoli, fu orientata a coordinare le attività economiche, dei servizi di assistenza ai civili e ai soldati e a fare il possibile perché la vita civile ed economica potesse continuare il suo corso. Nel 1916 venne affiancato al Comitato un “Ente autonomo dei Consumi”, costituito dalla CGIL e dall’Azienda comunale dei consumi per calmierare i prezzi e sconfiggere il mercato nero.
Da queste sommarie note sulla sua intensa e illuminata attività amministrativa, sempre per altro condotta con l’aiuto e l’incoraggiamento di Vergnanini, Storchi, Bellelli, Zibordi e Prampolini, si comprende come Roversi possa essere stato tanto amato e stimato dai reggiani, specie dai più poveri, da sempre abbandonati a sé stessi.
Nel febbraio 1917, con l’intento d’acquistare una importante partita di legna per gli uffici pubblici e per coloro che non potevano difendersi da freddo, si recò a Borgo val di Taro (Parma) in auto scoperta procurandosi una grave polmonite, che lo portò a morte nel marzo dello stesso anno.
Con lui si spense l’amministratore che con determinazione, enormi sacrifici e una lucida visione del futuro, cambiò per sempre il volto della città.
La commemorazione ufficiale ebbe luogo nella sala del Tricolore ad opera del prosindaco Giorgio Palazzi Trivelli, a nome anche di Prampolini, momentaneamente occupato in Parlamento.
Memori di quanto “Al sgnour Gigi” fece per i giovani, nel 1945, la comunità reggiana volle intitolare a Luigi Roversi la colonia montana di Busana (R.E.), già dedicata durante il fascismo alla madre del Duce.
Fabrizio Montanari
1 commento
Quando un sindaco poteva fare. Ora c’è l’abuso d’ufficio e solo l’Intelligenza Artificiale è in grado di governare.