Di Lidano Grassucci
Una donna di 39 anni è morta a Milano dopo essere stata travolta da una betoniera in corso di Porta Vittoria all’incrocio con via Sforza. La vittima era in sella alla sua bicicletta. Sul posto è arrivato il personale del 118 ma per la donna non c’è stato nulla da fare
Ilaria Clara, La Repubblica 20.04.2023
Ed ora che si fa “uccidiamo” la betoniera e rimoviamo le betoniere da Milano dopo che gli umani le hanno riportate in città? Perché questo è il ragionamento fatto per l’orsa trentina che ha ucciso un uomo che faceva sport nel bosco. Se l’orsa uccide perchè ne ha volontà ha volontà, cioè è assassina, anche la betoniera ha la medesima coscienza e va… prima messa in un garage blindato (leggi gabbia), poi mandata alla demolizione (leggi uccisa). Così la betoniera non potrà più far male così come l’orsa.
Ma in che mondo siamo? Abbiamo bisogno di un capro espiatorio non di giustizia, abbiamo bisogno di vendetta, non di giustizia, abbiamo bisogno di un nemico di un cattivo non di capire le cose del mondo. Non c’è da salvare l’orsa per bontà, ma c’è da neanche pensare ad abbattere l’orsa perché non si uccide senza motivo.
Se uccidiamo è per mangiare, non può essere per crudeltà o, peggio, per alimentare la nostra arroganza. La betoniera è una macchina, non uccide, l’orsa è un animale e non uccide ma si difende se si sente in pericolo entrambi non possono rispondere di una cosa che per loro natura non possono fare, l’assassinio.
Non possiamo animar il mondo e la betoniera diventa Cricchetto di Cars capace di sentimenti, e l’orsa diventa Yoghi capace di dispetti al ranger e di rubare i cestini ai turisti per rivendersi i panini e aprire un franchising a Pescasseroli gestito da orsi marsicani oltre la sede centrale di Yellowstone
Abbiamo perso il senso delle cose e, al tempo del Metaverso,, della realtà aumentata, abbiamo perso, semplicemente, il buon senso.
3 commenti
Sull’argomento si susseguono punti di vista tra loro diversi, e anche distanti, il che ha comunque permesso a ciascuno di farsi la propria idea in proposito, ma poi occorre che vi sia chi, dopo aver soppesato e messo a confronto tutti gli elementi a disposizione, assuma una decisione al riguardo, pur opinabile, criticabile o impugnabile che possa essere (in modo da non ritornare al cosiddetto “assemblearismo” dei tempi andati).
Ho talora l’impressione che la nostra società, o una sua parte, voglia per così dire autopunirsi, cedendo di fatto al senso di colpa per essere stata causa, ancorché semmai inconsapevole, e per ragioni varie, della scomparsa, o quasi, di determinate specie selvatiche, una responsabilità che bisogna coscientemente sentire onde non incorrere più negli errori del passato, e per cercare di rimediarvi, ma il discorso andrebbe in ogni caso articolato.
Se da un lato gli umani non devono affatto ritenersi padroni del creato, troverei nondimeno sbagliato l’opposto, ossia il non gestire ritorno o reintroduzione di dette specie, e il non considerare che la loro presenza, e dimensione numerica, va resa compatibile col contesto, e dovremmo giusto proporci di materializzare una tale compatibilità (dove l’uomo accetta di convivere con la fauna selvatica, ma vale nel contempo il viceversa, si fa per dire).
Paolo Bolognesi 21.04.2023
Certo bisogna convivere, ma non bisogna mai uccidere per vendetta. Si uccide per mangiare, in natura e’ banale questa considerazione. Qui, si cerca una vendetta idiota e si attribuiscono all’orsa responsabilità che non può avere.
Io non credo che chi pensa alla soppressione di un animale “problematico” lo faccia con intenti o spirito di “vendetta” (posto che i comportamenti dei nostri coinquilini nel creato non sono mai premeditati, salvo le tattiche per procurarsi il cibo), ma vi veda piuttosto la soluzione più idonea e confacente, dietro casomai la tesi secondo cui un esemplare nato e cresciuto in natura mal si adatterebbe al vivere in condizioni di cattività.
La questione non si pone comunque per un singolo soggetto, perché ritengo che nessuno abbia a dispiacersi se quello in causa possa essere ricollocato, anziché venir soppresso, ma l’argomento tornerebbe verosimilmente a ripresentarsi laddove i soggetti da trasferire, o rimuovere, fossero in numero significativo, in quanto ritenuti eccedenti rispetto alla capacità ospitante di un territorio, evenienza che qui parrebbe già in essere o quasi.
Nei contesti antropizzati, come sono molti fra i nostri, la crescita numerica dei cosiddetti “grandi predatori” fa di riflesso aumentare l’eventualità di loro contatti con l’uomo, e le sue attività, segnatamente quelle zootecniche, e se il fenomeno non viene adeguatamente “governato” può alimentarsi una crescente insofferenza, se non ostilità, verso dette specie selvatiche, la cui unica “colpa” è quella di seguire il proprio istinto o propria indole.
Paolo Bolognesi 23.04.2023