di Lucia Abbatantuono.
L’amico Fritz predica bene e razzola male.
Anzi, malissimo. Con buona pace della “legge morale” tanto invocata dall’altro amico teutonico, quel certo Immanuel che nella Critica della ragion pratica ci teneva ad elevare il rigore a stile di vita.
Resta da chiedersi, a ‘sto punto, come potrà Berlino pretendere ancora austerità economica e fiscale agli altri Paesi europei, dopo che la sua stessa Corte dei conti ha bocciato il bilancio preventivo 2024 perché taroccato?
È dai tempi di Adenauer che consideriamo la Germania un pilastro di stabilità.
E ora che la maschera cade, cosa accadrà?
Tutto parte da un rapporto del Bundesrechnungshof (la Corte federale dei conti, l’ente che controlla le finanze della federazione tedesca) in cui si rilevano pesanti discrepanze nel bilancio federale tedesco annuale.
E mentre mille domande sulla veridicità dei conti si sollevano come ondate di maremoto, la stessa Corte ha respinto il bilancio 2024, considerato letteralmente “inverosimile”: un dolce eufemismo da tradursi con “falsato”.
Già, perché sono emerse diverse manipolazioni contabili, come il trasferimento di spese e debiti in fondi speciali, proprio quelli che le più recenti riforme europee hanno cercato in ogni modo di limitare, se non proprio cancellare.
Si tratta di trasferimenti che non solo distorcono la realtà, ma chiaramente frantumano la fiducia dei cittadini, degli investitori, e di tutti i protagonisti del mercato europeo che, come sappiamo fin troppo bene, si regge su regole rigidissime (tra l’altro, beffa delle beffe, volute proprio dalla Germania – e anche con pignola determinazione). E il carico a briscola nella triste vicenda sta nel fatto che, andando a ritroso, si è scoperto che sotto il cielo di Berlino i giochi contabili erano la prassi già da anni: per Kay Scheller, presidente della Corte dei conti teutonica, già dallo scorso anno il cancelliere eccedeva nell’uso dei “fondi speciali”, nonostante questi creino opacità contabile e oscurino la verità e la chiarezza dei bilanci.
Perché, dice Scheller, “quando il denaro viene prelevato da fondi speciali, anche se non sono chiamati così, sono tecnicamente debito federale”.
Che delusione, caro Sigfrido: già sapevamo che Berlino avesse da un bel po’ le sue gatte economiche da pelare, ma la pessima realtà dei fatti non fa che esasperare lo scenario. Con un bilancio che prevede spese federali per circa 500 miliardi di euro e un indebitamento netto di 78 miliardi, Berlino entra a pieno titolo in zona rossa. Il documento rilevato dalla Corte dei Conti rivela ulteriori sorprendenti (e tristi) verità, tutte a testimoniare come e quanto il progetto di bilancio federale non riflettesse accuratamente la realtà delle finanze. E se ciò non bastasse, ecco i risultati del nuovo indebitamento netto che si attesta a un valore di quattro volte superiore a quello ufficialmente dichiarato.
Un vero e proprio “trucco” che nessuno in Europa, almeno dopo il 2000, non ha mai nemmeno osato contemplare, e che tutti hanno giudicato inammissibile proprio sulla scia dell’acceso rigidismo tedesco.
Ora il Bundesrechnungshof consiglia al Ministero federale delle Finanze di presentarsi alle Camere per fornire informazioni più trasparenti ed esaurienti sulla situazione finanziaria. Si tratta di un’ammonizione gravissima,destinata a restare nella storia parlamentare tedesca.
E non finisce qui: la Germania, da sempre considerata l’ancora dell’economia europea, è da qualche mese etichettata come il “malato d’Europa”, e a dirlo non sono opinionisti da circo ma figure autorevoli come Hans-Werner Sinn, già presidente emerito dell’IFO – Institute for Economic Research.
L’osservazione nasce da una serie di concause che preesistono allo scandalo del bilancio truccato, e fa leva su una sempre più stagnante produzione manifatturiera e sull’incontrollabile crescita dei prezzi energetici. La Germania, fino a tempi recenti considerata la regina europea delle esportazioni, dal 2022 registra un deficit commerciale importante. Eppure, nessuno in Europa lo ha mai denunciato.
Anzi, hanno tutti continuato serenamente a elogiare il “modello tedesco”. Christian Lindner, il ministro delle Finanze tedesco che tre mesi fa durante il Consiglio Ecofin di Lussemburgo ammoniva: «Se si vuole mantenere stabile l’euro e il mercato unico, e se si vuole rimanere competitivi, servono regole fiscali che stabilizzino le finanze pubbliche», dovrà oggi addebitarsi colpe inderogabili. Lui e tutto il governo di Olaf Scholz, colpevole di aver nascosto le reali condizioni finanziarie del Paese trasferendo impegni finanziari pluriennali in veicoli finanziari speciali (i cosiddetti Sondervermoegen), cioè all’interno di società create col preciso scopo di redistribuire una certa massa di crediti tra un’ampia gamma di investitori.
Una mossa in totale contrasto con le regole europee, che pretende invece la contabilizzazione di questi conti nelle finanze pubbliche e che, al momento, starebbero invece accumulando la massiccia cifra di 869 miliardi di euro di debito.
Ma, del resto, Scholz ultimamente ha fatto sempre più ricorso a fondi esterni al bilancio federale, tra cui un fondo speciale per potenziare le Forze armate (Bundeswehr) di 100 miliardi, un altro di 60 miliardi per raggiungere gli obiettivi climatici, e un altro ancora di 200 miliardi per la riconversione energetica.
Questo, nonostante un portavoce della Commissione Europea abbia dichiarato all’Adnkronos che ai Paesi membri dell’Ue non è consentito escludere “alcuna particolare spesa” dal deficit pubblico utilizzando “fondi speciali”, perché significa violare la metodologia di rendicontazione pubblica europea ESA 2010. Impossibile che un ministro delle Finanze non lo sappia, tanto più che nel 2024 Lindner e compagni potrebbero dover fronteggiare un deficit pari a 85,7 miliardi di euro, e un deficit del 2,4% del PIL (ben lontano dallo 0,4% dichiarato), senza considerare le spese extra per la Bundeswehr e la crisi energetica.
Sia quel che sia, ma di certo questo tsunami politico-finanziario che sta investendo la Germania oltrepasserà i confini nazionali dei suoi Lander. Se anche la “locomotiva d’Europa” sbaglia (anzi, trucca i conti), chi sarà il nuovo modello virtuoso europeo adesso? E inoltre, con quale credibilità Berlino potrà ancora alzare la voce nella discussione sul Patto di stabilità e crescita europeo?
Altri scandali come il Dieselgate e Wirecard, nelle cui vicende sempre di soldi alle imprese si trattava – tramite illeciti flussi avvenuti tramite pagamenti elettronici ed in palese violazione delle normative europee, hanno già messo in luce gravi problemi di integrità e trasparenza nelle principali aziende tedesche, minando la credibilità del Paese e indebolendo la garanzia della sua leadership nell’UE. Ora lo scandalo dei conti federali truccati fa precipitare Berlino tra i comuni mortali, ai quali le regole venivano fatte rispettare e guai a trasgredirle. Il crepuscolo degli dei è qui, la maschera è caduta, l’autunno europeo sarà più caldo del previsto e nemmeno le valchirie potranno risolvere la situazione.