Di Leonardo Raito
Chi ama la politica non può che guardare con interesse agli effetti prodotti dalle strategie e dalle iniziative dei governi. Un giudizio oggettivo deve cercare di tenere in debito conto il quadro nazionale e internazionale, oltre alla congiunture e questo deve valere anche per il governo di Giorgia Meloni che, a parte un consenso personale ancora elevato, non pare avere una compagine di ministri particolarmente brillanti. In particolare, alcuni provvedimenti recenti, e che erano in linea con i programmi elettorali,sembrano produrre più effetti negativi che positivi.
Si prenda la politica sui migranti, da sempre cavallo di battaglia di una destra italiana che promette di blindare i confini. I primi sette mesi del 2023 hanno fatto registrare un aumento considerevole degli sbarchi (il Viminale, ministro Piantedosi, parla di un raddoppio). A nulla allora paiono valere gli incontri bilaterali con i paesi del nord Africa, né tantomeno la manaccia di una stretta politica che non disincentiva le partenze.
Su inflazione e costo dei carburanti, il governo ha attuato una politica fantozziana. Veramente inefficace l’obbligo di esporre il prezzo medio (se uno ha da fare benzina la fa, per non restare a piedi, dove capita…mica si va a cercare il distributore dove risparmia 5 centesimi…) che non è servito a impedire che il prezzo di un litro di benzina sia schizzato a quasi 2 euro. Nessuna azione sta invece valendo a contenere l’inflazione, con prezzi di generi alimentari volati alle stelle. Il palliativo della card da 380 euro per le famiglie meno abbienti pare risibile nei confronti degli 80 euro di Renzi che Meloni e company avevano bollato come marchetta.
Sul salario minimo, provvedimento per il quale sembrava possibile un’apertura di collaborazione tra maggioranza e opposizione il rinvio al Cnel, ente che tutti, da almeno trent’anni, considerano un inutile carrozzone, ha il sapore di un allungamento di brodo di dado. Nel porto delle nebbie la proposta si insabbierà.
Il rinvio dell’adozione delle norme relative agli affidamenti demaniali (spiagge) imposto dalle direttive europee, ha invece l’unico sapore di un irresponsabile procrastinare di una situazione già sotto infrazione: un palliativo pre mortem, che probabilmente ha un riflesso anche sull’aumento dei costi dei servizi balneari.
In sostanza, le politiche di Meloni e soci ci hanno regalato un’estate di sofferenza finanziaria, di sofferenza che non si vedeva da decenni.
Ma anche tutto il resto pare davvero procedere con il freno a mano tirato, salvo sparate che riempiono per qualche ora le pagine dei giornali (ponte sullo Stretto, giustizia ecc.) senza vedere effetti concreti in tempi accettabili.
Ritengo che la credibilità personale del presidente del consiglio (finché durerà) non sarà sufficiente per mantenere a lungo a galla una compagine poco produttiva.