Questa volta sembra proprio che l’ Armenia abbia definitivamente perso il conflitto che la vede impegnata da molti anni con Baku per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh. . Questa regione, di poco più di 8000 metri quadrati di superficie, chiamata in lingua armena anche Artsakh, si trova , senza sbocco sul mare , nel Caucaso meridionale confinando a est e a nord con l’ Azerbaijan . Dopo la dissoluzione dell’ Unione sovietica , la locale popolazione armena decise di ribellarsi alla azerificazione costante portata avanti da Baku e nel settembre del 1991 fu decisa la nascita di una nuova Repubblica, indipendente ma sostanzialmente legata a Erevan.
Immediata fu la reazione dell’ Azerbaijan che accese il conflitto con le proprie forze militari fino a un accordo di cessate il fuoco avvenuto nel 1994. I negoziati per arrivare a una pace duratura non diedero però buon esito e nel settembre 2020 Baku riprese l’ uso delle armi occupando la parte meridionale della regione. Dopo gli inutili appelli delle Nazioni Unite intervenne la Russia, che aveva solidi rapporti con le due parti, riuscendo ad ottenere una tregua ai combattimenti tra Armenia e Azerbaigian schierando sul confine una sua deterrente forza di pace.
La situazione e’ andata avanti così fino ai giorni nostri con scaramucce varie ma anche con il sostanziale isolamento del Nagorno-Karabakh in quanto gli azeri con le loro truppe bloccavano l’ unica strada di collegamento con l’ Armenia causando una vera e propria crisi alimentare. Ma ecco che mercoledì 19 settembre sono riprese le operazioni militari e in ventiquattrore gli azeri , con un bilancio di un centinaio di vittime , hanno messo fine alle aspirazioni indipendentistiche della Repubblica d’ Artsakh e hanno avviato negoziati tra gli armeni della regione e e le autorità azere che dovrebbero portare alla reintegrazione del Nagorno-Karabakh nel territorio dell’ Azerbaigian.
Sono sostanzialmente due le ragioni della conclusione così rapida di una vicenda che si trascinava irrisolta da tanti anni . La prima e’ che l’ Armenia si e’ ben guardata dall’ intervenire a fianco degli indipendentisti. Il Premier Nikol Pashinian sapeva che , aiutando gli armeni dell’enclave, avrebbe corso il rischio di un ‘ invasione delle truppe azere, notevolmente più forti militarmente. La seconda e’ che la Russia di Putin si e’ limitata ad osservare. Questo atteggiamento , determinante per comprendere quello che e’ accaduto, non è stato provocato solo dal fatto di non voler aggiungere un altro impegno militare dopo quello in atto pesantemente in Ucraina.
Ma anche da un calcolo geopolitico per non entrare in contrasto con la Turchia, che appoggia apertamente Baku e che con Putin ha solidi legami come dimostrano le vicende libiche e il ruolo tenuto sull’ aggressione a Kiev in cui non ha condiviso le sanzioni occidentali. Se a questo si aggiunge la forte ostilità di Mosca nei confronti di Pashinian, un liberale che ha creato numerose relazioni con l’ Unione Europea causando le ire di Putin ,si ha il quadro generale degli avvenimenti. I prossimi giorni ci diranno quale sarà il destino della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Se vi sara’ un’ evacuazione di massa verso Erevan molto probabile e favorita dalla riattivazione del corridoio d Lachin , riaperto dagli azeri.
O sara’ possibile una coabitazione con coloro che hanno sempre fatto dell’ odio contro gli armeni il loro caposaldo. Non sono esclusi anche cambiamenti del Governo di Erevan con un colpo di stato dell’opposizione, spinta da Mosca, e che raccoglie il malcontento generale per la sconfitta militare nel Nagorno-Karabakh. D’ altra parte USA e Unione Europea si sono sostanzialmente fatti da parte al di la delle dichiarazioni di principio di solidarietà agli armeni . Con l’ Italia che si trova in una situazione paradossale: manda armi all’ Ucraina contro Putin ma vende sofisticati armamenti all’ Azerbaijan ( oltreché acquistarne il gas) che fa il gioco dei russi.