di Leonardo Raito
L’esito della tornata elettorale e dei successivi ballottaggi non può in alcun modo considerarsi positiva per il Pd e il centrosinistra, che, salvo qualche raro caso, riportano una serie di sconfitte pesanti per spirito e morale, ma magari anche pedagogiche per il futuro. In particolare, alcune lezioni paiono chiarissime ed è opportuno elencarle:
1. La “vocazione maggioritaria” non esiste più. L’idea originaria del Pd veltroniano è ormai tramontata. Esiste tuttavia un partito ancora strutturato (anche se il radicamento territoriale si è di molto indebolito)con un taglio di consenso preordinato ma che, da solo, non può pensare di vincere alcuna elezione;
2. Trovare una coalizione è necessario. Il centrodestra vince perché si presenta più compatto alle elezioni, dando l’immagine di un coagulo governante più serio del frammentato quadro che si trova a sinistra. Il problema di costruire una coalizione, tuttavia, pone diversi ordini di questioni: con che perimetro? Con quali altre formazioni? Su quali temi trovare condivisione?
3. Conciliare le anime della sinistra. Riformismi e radicalismi non possono più scontrarsi con il vigore manifestato finora. Un programma minimo di azione comune è necessario per arginare la forza delle destre.
4. I temi etici da soli non bastano. Gli italiani hanno evidenziato che i temi etici sono sì importanti, ma non possono essere considerati i soli prioritari. Serve un’azione più incisiva sulle tematiche che hanno caratterizzato nel tempo l’essere di sinistra: sanità pubblica, pensioni, lavoro. Inseguire la destra sul proprio terreno significa volerne fare una fotocopia sbiadita. Il che non paga.
5. Aprirsi più concretamente alla società civile. In alcuni casi (pochissimi, purtroppo) il centrosinistra riesce in clamorosi exploit, come a Vicenza. In Veneto, in diverse città capoluogo di una regione a strapotere leghista, il Pd ha fatto un passo di lato aprendo fortemente alle istanze del mondo civico e della società civile. Ha messo a disposizione la propria organizzazione e la propria storia, ma senza pretesa di essere il preminente e messianico locomotore delle coalizioni vincenti. Che sia un esempio da cui partire?
6. Più spazio agli amministratori locali. Il Pd ha sempre avuto una buona classe di amministratori locali, che sistematicamente sono stati messi ai margini del partito, perché rischiavano di offuscare dirigenti, segretari, veri o presunti leader. È come la squadra che lascia in panchina il bomber emergente per far giocare i vecchi nomi svuotati solo per garantirgli la passerella. Si tratta di una squadra destinata a fare poca strada. Già dalle europee del 2024 ci sarà bisogno di investire in novità.
7. Effetto Schlein già finito?La segretaria nazionale aveva detto che gli avversari non li avrebbero visti arrivare. È stato proprio così. Ma il problema è che non se ne sono neanche preoccupati e hanno stravinto. Non può bastare l’idea di un vento che soffia verso destra per giustificare questa debacle. O la Schlein saprà prendere di petto i temi concreti che riguardano l’organizzazione e l’indirizzo politico, o l’effetto benefico della sua elezione sarà già finito. Si tratta di un rischio che il centrosinistra tutto non può permettersi di correre.
1 commento
Esprimo alcune considerazioni seguendo l’ordine con cui sono esposte le “lezioni”:
1. La vocazione maggioritaria potrebbe essersi esaurita per la ragione che, vedendo allontanarsi la possibilità, per le forze del centrosinistra, di divenire maggioranza nel Belpaese, il PD punta innanzitutto ad affermare sé stesso, disgiungendo le proprie sorti da quelle dei tradizionali alleati;
2. Il centrodestra è verosimilmente riuscito ad dar vita ad una coalizione partendo da tematiche riguardo alle quali il livello di condivisione è decisamente superiore agli eventuali distinguo, e fa pertanto da collante, con molta probabilità ulteriormente rafforzato dagli ultimi risultati elettorali;
3. Conciliare riformismi e radicalismi, oltre che difficile, a me sembra abbastanza innaturale, mi verrebbe da dire antistorico, visti i trascorsi della sinistra e lo strappo avvenuto tra tali due componenti, e mi chiedo come i riformisti, se lo sono in modo autentico, possano condividere posizioni radicali;
4. Se la sinistra non si è accorta che i temi etici da soli non bastano, verrebbe da dire che si è effettivamente staccata dagli umori del Paese, essendosi da tempo concentrata su detti temi, e viene altresì da pensare che non abbia proposte credibili da opporre alla destra su altre non secondarie problematiche;
5. Circa l’aprirsi più concretamente alla società civile, è sicuramente importante, perché da lì possono venire candidati di qualità, ma io penso che occorra sempre avere una direzione o “direttrice” da seguire, per non procedere con interventi frammentari, direzione che per solito proviene dalla linea politica;
6. A mio vedere, le amministrazioni locali sono una entità preziosissima della architettura istituzionale, ma ho talvolta l’impressione che oggigiorno il loro ruolo non venga sempre colto e percepito a pieno (un tempo, se non sbaglio, non pochi parlamentari conservavano anche la carica di Sindaco);
7. Se può valere quanto dicevo al primo punto, c’è da supporre che il PD vada per la propria strada, e allora non vedrei perché mai il restante corpo del centrosinistra debba comunque legarvi il proprio destino, specie quella parte che si dichiara riformista e che dovrebbe avere o definire una propria linea.
Paolo Bolognesi 01.06.2023