La vicenda del Generale Vannacci merita qualche riflessione.
Non mi riferisco al suo libro, che non ho letto, non so se lo leggerò e del quale per ora non intendo occuparmi.
Quello che mi incuriosisce sono le dinamiche che hanno portato al suo successo.
In genere i fenomeni letterari sono legati ai contenuti di un libro e a quel che in esso è narrato, più che allo stile o alle capacità letterarie. E affinché di un romanzo, a maggior ragione di un saggio, si crei il successo è necessario che trascorrano i suoi tempi anche quando l’autore, godendo di una certa autorevolezza, viene affiancato da un battage pubblicitario di elevato costo e impatto.
Si pensi ai successi di Dan Brown e ai tempi che furono necessari per l’affermazione del Codice da Vinci o di qualcuno dei suoi altri romanzi.
Nel senso che il libro deve comunque essere letto per intero, apprezzato e diffuso con il più classico dei veicoli pubblicitari che è il tam tam dei lettori e per questo ci vuole del tempo, molto tempo.
Con Vannacci tutto questo non è servito e non è stato necessario.
Il libro, di 373 pagine, è stato pubblicato su Amazon, con la formula del self-publishing, il 10 di agosto e già il 18 era al n.1 delle classifiche del colosso statunitense vantando oggi circa 800 giudizi e voti positivi e non so quante migliaia di copie vendute.
Prima di proseguire nel ragionamento alcune precisazioni.
Amazon vende libri pubblicati dalle case editrici, ma anche libri, non pubblicati, che singoli autori gli affidano direttamente per la commercializzazione.
È il caso di Vannacci che si è autopubblicato, nel senso che il libro se l’è scritto, se l’è impaginato, forse si sarà fatto aiutare da un grafico per la formattazione del testo e della copertina, e se lo è caricato su Amazon attraverso un apposito programma che si chiama Kindle Direct Publishing (molto intuitivo che permette con un po’ di applicazione un totale fai-da-te) e che la compagnia di vendite ha appositamente elaborato e messo a disposizione di quegli aspiranti autori che vogliono entrare nel mondo dei libri senza avere un vero editore dietro le spalle.
Attraverso questa procedura il libro viene introdotto nel circuito Amazon.
Come il testo viene caricato, Amazon produce un contratto standard, riempito con i dati dell’autore che avrà precaricato in un format, per la divisione dei ricavi delle vendite, che dovrà essere stampato, firmato e reinviato, ed ecco che, senza spendere un solo euro e senza che Amazon faccia il benché minimo controllo sulla congruità del testo, il libro è pronto nel catalogo per essere venduto.
È ovvio che si tratta di un sistema low-cost per aspiranti scrittori, che cominciano per gioco o per vedere solo come va a finire, perché il libro non deve essere preventivamente stampato dall’autore e non deve essere approvvigionato di un certo numero di copie per essere venduto.
Su Amazon infatti i libri non esistono fisicamente, sono solo virtuali.
Mi spiego meglio. Non c’è un magazzino dove sono depositate un certo numero di copie (fornite dall’autore) pronte ad essere distribuite agli acquirenti. C’è solo un file di testo, contenente il libro, che giace nei server di Amazon e che, alla semplice richiesta di ordine da parte di uno o più lettori, viene stampato in uno qualunque degli hub Amazon, sparsi in tutto il mondo, nei quali ci sono le loro macchine tipografiche, altamente automatizzate, che alla semplice pressione di un clik ti cacciano il libro bello che confezionato e pronto per essere spedito all’acquirente. Il tutto in due o tre giorni.
Bisogna precisare che in genere la auto pubblicazione su Amazon è un metodo sconsigliato perché vuol dire che l’aspirante autore non ha trovato neanche uno stampatore che gli abbia dato fiducia e quindi non rappresenta un bel biglietto da visita.
Non so se Vannacci abbia cercato prima un editore o si sia affidato direttamente ad Amazon ma probabilmente ha iniziato questa avventura per gioco o per vedere come andava a finire.
Il libro di Vannacci quindi è acquistabile solo su Amazon e non sarà possibile trovarlo in libreria a meno che qualche libraio non lo ordini proprio da Amazon.
Fatte queste doverose precisazione c’è da chiedersi come sia stato possibile che il libro abbia scalato, in 6 o 7 giorni, la difficilissima classifica di Amazon, senza che nessuno o pochissimi abbiano avuto il modo di leggerlo, ponendosi al n.1 della classifica generale e delle altre sottocategorie.
Un successo che appare ancor più straordinario se si considera che il generale non lo conosceva nessuno e che non vi era stata nessuna campagna pubblicitaria, neanche ruspante, che aveva accompagnato la uscita del libro.
Il fenomeno in verità è partito dai commenti di un quotidiano di sinistra (Repubblica), che ha criticato il libro riportandone qualche stralcio e accusato l’autore di omofobia e di posizioni conservatrici, sovraniste, razziste, e si è alimentato con le prese di posizione di Crosetto e delle alte gerarchie della difesa.
A tal punto si è scatenato il putiferio di coloro che erano contro, ma si è anche creato un esercito di persone che si sono schierate a favore.
E così, d’amblè, senza che nessuno (o pochissimi) avesse letto il libro e senza che si sia potuta efficacemente diffondere la eventuale pregevolezza dei contenuti lo hanno acquistato in massa. E che massa.
A questo punto mi sono chiesto perché decine di migliaia di persone hanno acquistato in 6 o 7 giorni, un libro, sotto ferragosto quando si presume che la testa stia altrove, senza saperne nulla neanche per sentito dire, quando di contro ci sono migliaia di libri, forse migliori, alcuni certamente più pregevoli di quello del generale, che giacciono nei magazzini o nei cataloghi ignorati e inascoltati.
Un dato è certo: come l’autore e il libro sono stati criticati dalla sinistra, da una certa sinistra, su Vannacci si è scatenato un oceano di consensi, in bianco, senza che nessuno lo conoscesse e sapesse chi fosse e senza che nessuno sapesse cosa aveva scritto.
È come se fosse stata una reazione alle critiche, così per preconcetto, per partito.preso.
Tu lo critichi? E a me piace! Anzi, me lo faccio piacere per forza e me lo compro.
Questa avversità culla quello che, tra virgolette, si chiama odio. Nel senso che per odio alla sinistra tutto quello che la sinistra ama viene odiato e tutto quello che la sinistra odia viene amato. A prescindere.
E questo sentimento probabilmente è lo stesso che sposta milioni di voti sulla Meloni oggi, su Salvini ieri, su Berlusconi l’altroieri.
Mi sto infatti convincendo sempre più che i voti a destra non sono voti “per” ma voti “contro”.
E allora c’è da chiedersi cosa abbia fatto la sinistra italiana per farsi odiare così tanto, da far sì che, semplicemente per odio, si possano scatenare fenomeni così anomali come quello di Vannacci e del suo libro che, diciamocelo francamente, se non veniva recensito negativamente da Repubblica, non se lo leggeva nessuno.
In fondo è per lo stesso odio che, nonostante questo sia il governo più sgangherato della storia repubblicana e le figure da peracottari siano dietro ogni angolo (bugie in testa vedi le accise sulla benzina), invece di cacciarli a pedate la scalata della Meloni verso le vette del consenso procede senza esitazione.
E allora qualche diamine di domanda facciamocela!
Innanzitutto identifichiamo bene a quale sinistra ci si riferisce. Perchè non tutto ciò che è a sinistra è uguale. C’è una sinistra moderata, una sinistra riformista, una sinistra radicale e una sinistra integralista ed è difficile pensare che moderati e riformisti siano odiati.
Poi nella sinistra-sinistra c’è un partito, quello più grande, che per anni ha gestito il potere ramificato, diffuso, a volte prepotente spesso autoritario.
Inoltre ha radicalizzato il confronto e ha combattuto il suo avversario con le guerre giudiziarie invece di cercare di sconfiggerlo sul piano politico nonostante Berlusconi fosse un leader di partito totalmente vuoto di contenuti politici e.programmatici e quindi politicamente attaccabile e.battibile.
Poi nel mondo della sinistra-sinistra c’è stata la irruzione (studiata e programmata ad arte) dei 5Stelle con tutto il loro bagaglio di aria fritta populista, del pieno del nulla, dell’ovvio strombazzato per caso, condito da quella melma del giustizialismo par-time (nel senso che vale solo quando tocca a te) che caratterizza da anni il.loro incedere.
Poi ci sono stati episodi di malaffare, nulla di.nuovo sotto il sole che splende sia destra che a sinistra, ma che compiuti da chi ha fatto dell’honestà uno slogan elettorale suonano ancora più sinistri.
Poi, e infine, c’è il contorno, quello mediatico, fatto dagli Scanzi, dai Travaglio e compagnia cantante, gli angeli neri dell’odio, armati dei forconi fiammeggianti della inquisizione e che pensano che il confronto politico debba per forza trovare la sua soluzione nelle vicende giudiziarie solo perché di politica non capiscono nulla.
Insomma quanto basta per farsi odiare e che, se non avessimo polso fermo e capacità di ragionamento tipico dei riformisti, trascinerebbe anche noi.
Non ci trascina ma basta e avanza per discostarcene e cercare di formulare proposte alternative e diverse.
Perché la convinzione è che tra quei tanti che votano a destra non “per” la destra ma “contro” la sinistra-sinistra ce ne sono tanti che sceglierebbero un’area riformista, moderata, pacata e ragionatrice che abbandoni bava e livore nel cestino degli scarti e riapra la corretta dialettica politica fatta di confronto di idee e programmi.
E forse per le bislacche idee di Vannacci non ci sarebbero spazi e le scalate alle classifiche di Amazon tornerebbero a essere dominio della bella letteratura.
1 commento
Panoramica indubbiamente interessante, e non si può in effetti escludere che una parte dei voti di destra abbia come forte motivazione l’essere “contro”, ma di odio ce ne vedo francamente poco, o molto poco, specie se penso a quello che, all’epoca, venne riversato a piene mani contro il Segretario socialista, e successivamente verso il Cavaliere (una continuità che dovrebbe suggerirci giocoforza qualcosa).
Verrebbe in ogni caso da dire che chi semina vento raccoglie tempesta, secondo il notorio adagio, ma non mi sembra essere questa la questione adesso preminente, quanto piuttosto quella di capire, perlomeno in via ipotetica, in quanti possono identificarsi con le idee del Generale (dal consenso che pare avere il libro, o nel nostro quotidiano interloquire, o da altri elementi eventualmente disponibili).
Quanto ai riformisti, se vogliono distinguersi bene da chi pratica la politica con “bava e livore”, devono a mio vedere dar chiara dimostrazione di volersene decisamente discostare, il che non mi sembra esser stato finora avvertito a sufficienza, forse per la ragione che non era ben percepibile, o forse perché sono mancate le giuste azioni, al che andrebbe celermente rimediato (salvo non essere poi credibili).
Paolo Bolognesi 28.08.2023