Il Presidente del Consiglio è volato a Lampedusa.
La cosa singolare è che Giorgia Meloni ci è andata assieme a Ursula von der Leyen.
Sia chiaro, che il capo del governo italiano si incontri con quello del governo europeo per prendere atto e trovare soluzioni a un problema emergenziale che sembra solo italiano ma in effetti è tutto europeo, è una iniziativa opportuna e lodevole e merita apprezzamento.
Ma non riusciamo a dimenticare cosa diceva e pensava lo stesso Presidente del Consiglio 15 mesi fa, e per molti anni addietro.
Era a capo dell’opposizione e tuonava contro gli sbarchi, con i suoi video deliranti, parlando di blocchi navali, di affondamenti e cannonate e soprattutto lanciava i suoi strali feroci contro l’Europa, facendo comunella con i sovranisti e nazionalisti come Orban.
Ascoltavamo una Giorgia Meloni barricadera e rivoluzionaria, aggressiva e minacciosa, che arringava le masse come fece Spartaco dalle pendici del Vesuvio e che sembrava non conoscere l’uso del metodo politico e diplomatico per la soluzione dei problemi.
Era la stessa capopopolo che arringava contro le accise con la sua faccetta incredula per contestare con l’arma dell’ironia il prezzo della benzina e il peso delle imposte.
E già, la benzina. Ma cosa c’entra la benzina direte voi.
C’entra perché ci capa si dice nel mio vernacolo.
Perché se gli sbarchi dei profughi sono un problema e meritano addirittura di scomodare lady Ursula quello della benzina lo è di più.
Perché soprattutto, sul tema carburanti, l’atteggiamento del governo è, al contrario di Lampedusa, quello del “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
Facciamo a capirci.
Dalle rilevazioni dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico del 16 settembre la media nazionale dei prezzi della benzina in self-service ha raggiunto quota 1,992 euro per litro, quella del gasolio in self-service, con 1,918.
Tutte le più autorevoli previsioni concordano nel superamento della soglia dei 2 euro entro la fine di questa settimana.
La causa di tale livello astronomico dei prezzi dei carburanti sarebbe la scelta dell’Opec che ha limitato l’estrazione del petrolio, in un momento già reso complicato dal basso livello delle scorte, con la logica conseguenza che listini stanno schizzando verso l’alto, anzi verso l’altissimo.
A fronte di questo problema, più problema di quello dei profughi e in una situazione economica resa peggiore dai livelli alti dell’andamento dei prezzi di tutti i beni al consumo, il Governo tace e, pur potendo scegliere, sceglie di non scegliere.
Ma cosa dovrebbe scegliere? Continuate a leggere.
Con il Decreto Legge numero 5 del 14 gennaio 2023, chiamato anche “Decreto Carburanti”, questo stesso governo aveva introdotto il principio della “accisa mobile”.
Si tratta di uno strumento espressamente previsto dall’art.2 del decreto, e può essere tradotto nella rinuncia da parte dello Stato ad una porzione delle tasse applicate sui carburanti per bilanciare i loro aumenti eccessivi e dunque mantenere stabile e basso il prezzo finale.
Testualmente, la norma prevede che il meccanismo scatti se nel “precedente bimestre” la media del prezzo in euro del petrolio, di qualità Brent, sia superiore al livello previsto nel Def, ovvero il Documento di economia e finanza, deliberato dal governo abitualmente in aprile e che sarà aggiornato in questo autunno.
Nonostante la situazione è quella che è, il governo non ritiene esistano le condizioni per attivare “l’accisa mobile”.
Eppure la questione è matematica. L’ultimo Def indica un valore del Brent equivalente a 77,4 euro al barile per attivare “l’accisa mobile”. Se la soglia è da intendersi come una media mobile nell’arco dei 60 giorni precedenti, cioè nel periodo 14 luglio-14 settembre nel nostro caso, il valore necessario è stato raggiunto e superato: il Brent vale 78 euro a barile. Se invece per “precedente bimestre” dobbiamo intendere i mesi di luglio e agosto, la soglia non è ancora stata raggiunta.
Ma anche se tecnicamente la norma indica che il governo “può” attivare “l’accisa mobile”, è di tutta evidenza che la facoltà concessa diventa necessità sociale e politica in condizioni drammatiche come quelle attuali.
Evidentemente, però, non è stato finora questo l’interesse dell’esecutivo che anzi si è trincerato dietro un silenzio assordante, giustificato dalla dubbia interpretazione del “Decreto Carburanti” e sulle condizioni stesse di attivazione de “l’accisa mobile”.
Dalle parti di palazzo Chigi dicono che non è chiaro se il calcolo del prezzo medio nel “precedente bimestre” sia da calcolare sui mesi solari, ovvero luglio e agosto nel nostro caso, oppure come media mobile nell’arco dei 60 giorni antecedenti.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non parla.
E attenzione!
Anche se il prezzo raggiungerà il valore necessario a partire dal primo ottobre, il governo potrebbe intervenire ulteriormente alzando il livello del prezzo del Brent, in sede di “Nota di aggiornamento del Def” (Nadef) da approvare entro il 27 settembre, e allontanare ulteriormente la facoltà della adozione della “accisa mobile”.
Insomma la sensazione è che sul tema si stia giocando ai quattro cantoni.
Perché da tutte le parti giungono spifferi che il Governo non vuole intervenire sulle accise ma tutt’al più con il contentino di un bonus.
Ecco dove l’azione di governo della Meloni diventa irritante e i paragoni con il suo non lontano passato fanno incavolare.
Perché sembra tutto finto. Questa donna, che irrompe nel premierato con la saccenza dell’efficienza e con i propositi di ribaltare l’Italia per renderla diversa e migliore di quella lasciata dai governi precedenti, non fa altro che smentire sé stessa con quella che è oggi e con quella che è stata poco più di un anno fa.
E se Sainz domenica ha trionfato con la geniale tattica “dell’ala mobile“ la Meloni si sfracellerà sulla misura “della accisa mobile” creando un disastro economico.
Perché cara Giorgia, non sei diversa, sei uguale a tutto ciò che ti ha preceduto. Perché in fondo anche tu sei figlia della seconda repubblica.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.