di Leonardo Raito.
Il presidente del Senato La Russa è un politico troppo esperto e credo faremmo torto alla sua intelligenza e alla sua cultura se derubricassimo la sua valutazione su Via Rasella come una boutade.
Sono queste le parole di Leonardo Raito, storico, docente universitario e nostro collaboratore, che commenta le affermazioni di Ignazio La Russa sull’attentato gappista di Via Rasella a Roma del marzo 1944, dal quale scaturirono poi gli eccidi delle Fosse Ardeatine.
Credo che dietro le sue affermazioni ci siano la concezione di una storia che si considera malleabile e che va di pari passo con l’idea di poterla riscrivere a piacimento anche se sulla scia di un semi revisionismo, per così dire “maccheronico” e finalizzato a svilire lo sforzo dell’Italia della Resistenza e dell’antifascismo che, si badi bene, non era solo di matrice comunista, ma anche socialista, cattolica, azionista, liberale. Se lo dicesse con franchezza, che il suo scopo istituzionale è quello di smantellare passo per passo la mitologia repubblicana, sarebbe più sincero e ci aiuterebbe a sdoganare un’idea o un certo tipo di pensiero. E a combatterlo con lealtà e senza sotterfugi.
Il presidente del Senato aveva definito i soldati tedeschi uccisi nell’attentato “una banda di semi pensionati”, agendo in questo modo nella duplice intenzione da un lato di svilire e dall’altro di criminalizzare l’azione partigiana romana.
Su Via Rasella si è scritto moltissimo e credo sia possibile farsi un’idea orientativa seria senza bisogno di prendere le parole di un politico, dato che spesso i politici sulla storia dicono sfondroni allucinanti. Alcuni anni fa Salvini a Basovizza paragonò le foibe all’olocausto e Taiani le foibe al regime venezuelano. Però pensare che l’occupazione italiana i tedeschi l’abbiano fatto con pletore di dopolavoristi mi pare davvero sconcertante. Irrispettoso per i tantissimi morti delle stragi nazifasciste nel contesto della più violenta guerra del novecento. Magari il presidente potrebbe andare a scusarsi delle sue affermazioni a S.Anna di Stazzema, o venire a Villamarzana.
Un problema storico o un problema politico?
Lo leggo più come un problema politico o, se vogliamo, come un problema legato all’uso che della storia fanno i politici. Anche se qui il disegno mi sembra molto chiaro: mettere in discussione le basi culturali e ideali della repubblica dei partiti scaturita dalla Resistenza, per ridisegnarne gli assetti costituzionali e istituzionali. La Russa sembra voler dire: le radici su cui è stata edificata la costituzione e su cui si regge la repubblica parlamentare sono radici viziate da peccati e ideologie perverse, che hanno provocato lutti e sofferenze ingiustificate. Ora ci siamo noi e daremo una rinfrescata con le riforme che andranno in senso decisionista e presidenziale. Sono indirizzi che vedo con preoccupazione.