E mentre a Ravenna si celebrano le prime giornate della Festa dell’Unità in salsa movimentista voluta dalla Schlein in cui sono stati invitati tutti, ma proprio tutti, tranne il PSI e il suo segretario, la segretaria “Dem” annuncia la adesione alle iniziative referendarie di Landini per l’abolizione del famigerato “jobs act”.
Buttata così, la posizione della leader del PD, ha molto poco il sapore di una scelta di sostanza e molto quella di una opzione di forma. L’impressione è che si sia voluto aprire un ciclo destinato a dare una nuova immagine del PD totalmente diversa da quella del passato senza curarsi però che certe scelte passano sulla pelle della storia di un partito se non addirittura la scuoiano.
Indipendentemente dal fatto che fosse una buona cosa, la riforma della normativa sul lavoro fu voluta dai Democratici, che allora erano maggioranza e esprimevano un Premier, ed è stata votata da moltissimi che allora erano parlamentari o ministri ma che sono parlamentari ancora oggi e che sono parte importante della attuale classe dirigente del partito.
La sensazione è che la Segretaria del PD sia ossessionata dall’essere e apparire movimentista, gruppettara, oserei dire, in un parallelismo storico un po’ azzardato (ma non troppo) per la lontananza dei tempi, quasi extra-parlamentare.
E soprattutto pare ossessionata dal cancellare le vestigia della stagione legata a Renzi, che pure al 40% c’era però arrivato mentre lei no, anzi, sotto la sua guida, il PD è ai minimi storici.
E allora sembra di rivivere i secoli bui del tardo Bizantino, o quelli amari e recenti dell’odio Talebano, quando il furore iconoclasta distrusse le vestigia della storia nel tentativo di cancellare il passato.
Un’ansia, quella che si è impossessata della Schlein, di cambiare la pelle del partito e mostrarne trionfante lo scalpo alle tribù inferocite della sinistra-sinistra con lo scopo di crescere la loro sete di sangue radicale e integralista.
Altro che i Sioux o i Piedi Neri, questa è roba da Little Big Horn, la famosa battaglia del 1876 nella quale il 7’ Cavalleggeri fu sconfitto e massacrato.
A sinistra-sinistra, ormai, una politica capace di costruire riforme sta sempre più sbiadendo e la sensazione è che non ci sia più proprio una politica, nel senso stretto del termine, e cioè di guardare il presente per progettare il futuro.
La Schlein fa politica come si veste, vive alla giornata e naviga a vista, l’importante è che dia la sensazione di essere appena uscita dal mercato dopo aver salutato tutti quelli che ha incontrato e dopo aver promesso a ognuno di risolvere le loro lagnanze.
L’anelito sembra quello della bolsa formuletta dell’amore, “a sinistra, più di ieri e meno di domani”.
Il populismo di Conte a confronto è una visita all’asilo con una cesta di caramelle.
Temo che il PD, che aveva votato Bonaccini, non reggerà a questa trasformazione voluta dalla segretaria scelta invece dalla “gente” e i De Luca si moltiplicheranno.
Una sinistra così, in Italia, è destinata a morire e a far vivere a lungo la maggioranza di estrema destra del paese, se non si recupererà la forza di un centro moderato e riformista per dare, a quella parte del paese che non va a votare, la possibilità, il respiro, di essere di sinistra senza essere estremista, di stare a sinistra senza il timore di doversi sentire giustizialista o integralista, di votare un centro-sinistra per sperare in una stagione di riforme e non per mandare al governo anche Conte e Fratoianni.
Per avere la soddisfazioni di vedersi rappresentare da uomini con il senso delle istituzioni e del rispetto della dignità del loro ruolo, con la pacatezza della moderazione e la lucidità del ragionamento come il Presidente della Repubblica, come Mattarella, che è stato l’unico a recarsi sul posto del drammatico incidente ferroviario di Brandizzo, non solo a commemorare le vittime ma a rendersi conto della triste realtà della situazione per fare qualcosa perché tale dolore non si ripeta.
Mentre Salvini, in una delle sue ennesime cialtronate politiche, pensava a pregare per le vittime invece di fare subito i primi passi che la sua titolarità al ministero competente gli imponeva e mentre tutti gli altri erano intenti a fare le passerelle propagandistiche.
L’unico obiettivo della Schlein è di rottamare il rottamatore, ma è aria di rottamare tutto in una sorta di danza della rottamazione, fino a che a Salomé non verrà mostrata, sul vassoio d’argento, la testa sanguinante della II Repubblica e anche della III.
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Massimo Carugno
Vice Direttore. Nato nel 1956, studi classici e poi laurea in giurisprudenza, oggi è avvocato nella sua città, patria di Ovidio e Capograssi: Sulmona. Da bambino, al seguito del padre ingegnere, ha vissuto, dall’età di 6 sino ai 12 anni, in Africa, tra Senegal, Congo, Ruanda, Burundi, rimanendo anche coinvolto nelle drammatiche vicende della rivolta del Kivu del 1967. Da pochissimi anni ha iniziato a cimentarsi nell’arte della letteratura ed ha già pubblicato due romanzi: “La Foglia d’autunno” e “L’ombra dell’ultimo manto”. È anche opinionista del Riformista, di Mondoperaio e del Nuovo giornale nazionale. Impegnato in politica è attualmente membro del movimento Socialista Liberale.
1 commento
Se la Segretaria del PD ritiene di dover apparire movimentista e gruppettara, per usare le parole riportate in questo articolo, ha probabilmente valutato che così facendo si assicura uno “zoccolo duro” piuttosto solido e corposo, ossia una base elettorale, fra i simpatizzanti della sinistra, che si riconosce nella sua linee politica, e la cui consistenza è tale da farla comunque “contare” nell’italico panorama politico, indipendentemente dal poter ritornare o meno alla guida del Belpaese.
Il che, in buona sostanza, starebbe di riflesso a significare che nel PD c’è un’anima fortemente e saldamente radicata, e affatto irrilevante sul piano numerico, che si trova su posizioni abbastanza distanti, se non lontane, da quelle di taglio riformista, e stupisce che i socialisti collocatisi a sinistra, nel dopo Tangentopoli , non se ne siano accorti in tutti questi anni, perché a tal proposito i relativi segnali non sono affatto mancati, almeno a mia modesta e sommessa opinione.
Viene poi abbastanza spontanea una seconda riflessione, nel senso di pensare che se la Segretaria PD predilige semmai un’azione politica dai toni movimentisti e gruppettari, va considerata altrettanto legittima l’opposta ispirazione, tesa cioè a difendere un modo di pensare “tradizionalista”, di cui anche il Gen. Vannacci pare farsi interprete, al di là dal condividere o meno le sue tesi (ma, del resto, il pensiero “politicamente corretto” non può pretendere che tutti siano “progressisti”).
Paolo Bolognesi 03.09.2023