La questione socialista é aperta nel nostro paese praticamente da un trentennio. Si tratta di una questione squisitamente politica che ha avuto ed ha dei riverberi elettorali vistosi nel campo della sinistra e più in generale nella democrazia italiana.
Si sbagliano coloro che pensano, strumentalmente, di risolverla a suon di riconoscimenti e riabilitazioni postume: non è di questo che si tratta.
Un’opera di scavo e di recupero delle stagioni migliori del socialismo riformista italiano non compensa il volontario atto di disconnessione storica che la sinistra ha inteso compiere dal socialismo Italiano lungo tutta la sua storia, sia ben inteso la sinistra di ispirazione e continuità comunista .
E quindi la frattura ideologica non si ricompone in modo definitivo perché ne é in definitiva la fonte battesimale quell’atto di rottura. Infatti, non è affatto casuale che a più riprese diversi giovani candidati di derivazione post-comunista facciano riferimento alla propria tradizione originaria ricollegandosi al fatidico ’21.
Che la necessità moderna di consegnare alla storia le dispute del passato abbia fatto superare sovente per ragioni tattiche o per realismo politico le profonde divisioni ideologiche ciò non significa che esse non si manifestino anche nel presente e l’affannosa ricerca di una identità nella continuità con la tradizione comunista e democratica di ispirazione cattolica ha contrassegnato la vita del Centrosinistra nell’era moderna escludendo di fatto le origini che risiedono nel movimento socialista.
Ora, insistere sulla necessità di costruire una forza che non c’è e tentare di assegnare identità proprie ad un soggetto politico (il Pd) che ricerca strade alternative da tre lustri appare persino un esercizio puerile privo della reale comprensione delle ragioni e degli eventi che hanno determinato nel nostro paese questa vistosa anomalia.
Piuttosto che un chiarimento di fondo sui principi, valori, programmi che possono ed hanno notevoli punti di convergenza e come è naturale alcune divergenze, significativo sarebbe chiedere un chiarimento su episodi della storia recente che nel caso della sinistra italiana sono stati decisivi per segnare così a lungo una divisione ed una netta differenziazione anche di collocazione politica.
Non si tratta di domandare abiure sugli orrori del comunismo, perché già nel 1991, con il cambio del nome, venne operata una cesura con il passato e la stessa adesione al campo socialista internazionale segnò la volontà di avviare su quel terreno una ricomposizione storica.
Ma é nelle vicende della rottura democratica italiana fra il ’92 e il ’94 che si manifestò la crisi dei rapporti più dura che fece venire al pettine questioni antiche, l’anti-socialismo mai sopito di una parte rilevante della sinistra italiana di origine comunista.
Interessa sapere a distanza di trent’anni qual’ é il giudizio che i leader del “nuovo” Partito democratico offrono sul linciaggio del 29 Aprile del 1993 ai danni del segretario socialista dell’epoca, aggressione che si sviluppò nell’ambito dell’allora Pds, un caso unico nella storia democratica dell’Occidente europeo, la saldatura giustizialista della destra e della sinistra italiana.
Giustizialismo con il quale ampi settori della sinistra italiana (o sedicente tale) non intende fare i propri conti; tema sul quale non solo si misura uno stato di diritto moderno, ma anche una socialdemocrazia degna di questo nome che non tollera gli abusi della giustizia in nome della legalità, ma afferma procedimenti nei quali l’accusa e la difesa devono essere su un piano di parità: una società nella quale debba essere sempre salvaguardata la terzietà ed imparzialità della giustizia e che rifiuta la saldatura tra grandi mezzi di informazione (detenuti da pezzi del capitalismo nostrano) e sistema giudiziario.
Su questo punto non vi è stato nessun ripensamento, nessun aggiornamento e in sovrappiù ci si intende legare al movimento più anti-politico della storia recente del nostro paese (i Cinquestelle) per sfidare la
nuova destra di governo.
Questi sono punti politici ed ideologici dirimenti, che non possono essere superati né sottovalutati e che meritano un approfondimento anche nell’area socialista.
Non ci sarà alcun rinnovamento politico né alcuna riscossa socialista autonoma se non ci si cimenta con un’analisi doverosa sulla fonte originaria delle divisioni recenti nella sinistra italiana che tengono ancora separati molti elettori socialisti dal Psi, divisioni che la sinistra italiana non intende e non vuole risolvere a discapito di una prospettiva politica che, al contrario, potrebbe far riguadagnare ad essa il ruolo e lo spazio necessario per contrastare le confusionarie politiche della Nuova destra, il ritorno da anni di spoliticizzazione che ha favorito il populismo qualunquista, il corporativismo delle classi economiche più forti, il lobbismo delle classi dirigenti e che ha frantumato e reso inconsistente il ruolo e la funzione dei partiti democratici nel nostro paese.
1 commento
Perfettamente d’accordo con tutti voi, in particolare l’ analisi di Bobo Craxi. Il recupero de La Giustizia mi fa sentire a casa!